L'eurorilancio di Mucca pazza
Incredibile: le nuove direttive della Ue rimettono gli scarti animali nei mangimi destinati ai bovini. E li tolgono dai fertilizzanti, costringendo così gli agricoltori a usare quelli chimici, importati.
BRUXELLES
Passata la psicosi, tornata a tavola la fiorentina e riprese pure le esportazioni di carne dal Regno unito, l'Unione europea si permette di fare marcia indietro sulla mucca pazza. Bruxelles ha approvato il mese scorso un regolamento, passato completamente inosservato, che riapre la porta al pericolo di infezioni da encefalopatia spongiforme bovina nel continente. In sostanza la Ue permette ora quanto diceva di voler proibire, ossia l'utilizzo di farine animali - provenienti da scarti di macellazione di ovini - per alimentare i bovini. Non è una questione di diete ma di tutela della salute: le farine di carne provenienti dalle pecore pazze, cioè gli ovini affetti da scrapie, sono state il principale vettore, se non l'unico, di diffusione dell'encefalopatia spongiforme bovina, la Bse. L'anello successivo ci porta all'anomala frequenza di persone infette dal morbo di Creutzfeld-Jacob negli ultimi anni in Europa. Per evitare il contagio pecora-mucca si difende da anni la necessità di proibire l'utilizzo di resti di ruminanti per alimentare altri ruminanti: ma ora la Ue se ne esce con una normativa che cambia le carte in tavola. La pietra dello scandalo è l'articolo 22 del regolamento 1774/2002 del 3 ottobre scorso, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 10 ottobre e che entrerà pienamente in vigore il 30 aprile prossimo. L'articolo vieta «l'alimentazione di una specie con proteine animali trasformate da corpi o parti di corpi di animali della stessa specie». Cioè non si può alimentare pecora con pecora e mucca con mucca, ma non si risolve il problema semplicemente perché è evidente che i soggetti interessati non sono animali della stessa specie. Il testo nel complesso è assolutamente poco chiaro, probabilmente perché in origine aveva altri fini: regolamentare la distruzione dei residui animali o il loro eventuale utilizzo in settori comunque diversi da quello dell'allevamento.
«Ho delle grosse perplessità - è il giudizio di Massimo Castagnaro, professore di patologia veterinaria all'Università di Padova - mi sembra strano che effettivamente si torni indietro sulla questione della farine di carne, un mezzo così importante di diffusione della Bse, se non l'unico. Utilizzare farine di carne di pecora per i bovini mi sembra una cosa abbastanza strana. Il regolamento prescrive che vengano tolti gli organi a rischio ma se l'operazione è abbastanza semplice nei bovini, in cui la Bse colpisce cervello e midollo, nella pecora è molto più difficile. Negli ovini i tessuti infetti dalla scrapie non sono così facilmente selezionabili: la letteratura indica che ci possono essere moltissimi tessuti infetti. Mi sembra molto strano permettere di riutilizzare i resti della pecora per l'alimentazione animale ma l'articolo 22 parla chiaro, è preoccupante».
Secondo il docente universitario la ragione per cui si ritorna indietro è probabilmente quella di smaltire le ingenti quantità di rifiuti animali prodotti. «Distruggendoli con l'inceneritore in realtà si inquina molto di più, ma anche così non vedo come da un punto di vista sanitario si possa tornare ad affrontare dei rischi potenzialmente tanto elevati».
Dietro al voltafaccia potrebbero però esserci motivi ancor più prosaici. La normativa avrebbe dovuto infatti limitare l'utilizzo delle farine animali per la zootecnia e facilitare invece il suo uso in agricoltura come fertilizzante. «Però in agricoltura - assicura Marino Perelli, agronomo ed editore della rivista Fertilizzanti - diminuisce il valore di mercato delle farine animali. In questo settore sarebbero dovute entrare in competizione con gli altri concimi organici ad un prezzo ben inferiore di quanto offre l'industria dei mangimi per animali». A danno si somma danno.
«Se non si può utilizzare un concime organico valido come le farine animali bisognerà utilizzarne uno chimico. E così oltre a non tutelare per due volte la salute non si tutela nemmeno l'agricoltura e l'industria europea dei concimi. La Ue non produce fertilizzanti chimici, li importa dalla Norvegia, dalla Russia, dal Nord Africa, dai paesi arabi. C'è un divieto intelligente nel decreto, cioè quello di vietare l'uso dei concimi di origine animale, le farine di carne, sui pascoli: una cosa utile per prevenire eventuali infezioni secondarie negli animali. Ma oltre a ciò interviene in maniera francamente poco comprensibile, permette l'alimentazione con farine animali ma crea grossi ostacoli all'uso del letame, considerato potenzialmente pericoloso. Cioè non si guarda a 3.000 anni di storia dell'agricoltura e alle conclusioni scientifiche che hanno escluso la presenza di prioni nel letame». Mentre sono ben presenti nei resti di pecora.
sabato 16 novembre 2002
|