PARMIGIANO: «TOGLIAMO DAL MERCATO IL 25% DELLE FORME D’APPENNINO»
Piano di Confcooperative, Coldiretti, Legambiente e Confconsumatori per superare la crisi del Parmigiano Reggiano.
«Togliamo dal mercato il 25% delle forme provenienti dai caseifici dell’Appennino per avviarle alla stagionatura di 24 mesi e poi riposizionarle su fette di mercato non tradizionali, attraverso partners commerciali che
stiamo già individuando».
Questo il piatto forte del piano unitario che i rappresentanti di
Confcooperative insieme a Coldiretti, Legambiente e Confconsumatori hanno
presentato per superare la crisi del Parmigiano Reggiano.Cinque le proposte
dal presidente della Coldiretti Francesco Fontanili e dal direttore Giorgio
Grenzi, dal presidente di Confcooperative Giuseppe Alai, dal presidente
provinciale di Legambiente Massimo Becchi e da Secondo Malaguti di
Confconsumatori.
Questo in sintesi il “Piano Marshall” avanzato per la salvaguardia del “Re
dei Formaggi”. Forme in stagionaturaSi propone di ritirare dalla
commercializzazione del fresco (15 mesi) il 25 per cento (130.000 ndr) delle
forme prodotte dai 156 caseifici del comprensorio della Montagna che va da
Bologna a Parma, per porle in stagionatura di 24 mesi.
Le forme ritirate e avviate alla stagionatura rappresenterebbero il 5% del
totale.
Nuovi mercati
La fase due prevede che «questo prodotto stagionato a 24 mesi dovrà poi
ricevere una destinazione su mercati non tradizionali - hanno spiegato Alai
e Grenzi -, in zone come possono essere gli Stati Uniti, l’America Latina e
l’Asia attraverso partners commerciali, due di questi sono già stati
individuati»
Filiera di produzione
Importantissimo anche «il completamento locale della filiera di produzione
per portare il prodotto dal caseificio al mercato, nelle forme richieste
senza intermediazioni speculative e con il maggior valore aggiunto».
Politiche di marchio
Richieste nuove politiche di marchi con «forte appeal nella comunicazione ai
consumatori, nella trasparenza e nella affidabilità rispetto a connotati di
qualità certificata e controllata».
Tra le proposte avanzate quella che il Parmigiano Reggiano delle nostre
Montagne sia realizzato con latte di animali alimentati con prodotti senza
Ogm.
Rivedere la marchiatura
Si chiede di «ridiscutere e verificare» insieme al Consorzio del Parmigiano
Reggiano l’efficacia dell’attuale disciplina del marchio in tre fasce
(Sbiancato, Rigato,Scelto ndr).
«Dobbiamo impedire insieme alle contraffazioni, qualsiasi mistificazione di
presentazione commerciale che giochi su rigato e sbiancato». «Non ci sono
dubbi sulla qualità e solo uno può essere il Parmigiano Reggiano presentato
ai consumatori finali», sostengono.
Crescono i falsi
«Nel Mondo oggi - ha spiegato Grenzi - la contraffazione fatta attraverso
marchi che traggono in inganno il consumatore è aumentata del 300 per
cento». Ormai si calcola che sei forme di parmigiano reggiano su sette siano
contraffatte.
«Occorre un nuovo disciplinare che preveda la marchiatura ed il
confezionamento all’interno della zona d’origine». Su questo la Coldiretti
ha avviato anche una raccolta di firme.
Gli aiuti istituzionali
«L’Emilia Romagna dovrebbe intervenire con un contributo di cinque euro per
ogni forma ritirata e messa a stagionatura 24 mesi, con uno stesso importo
per le Comunità Montana», ha spiegato Alai. «Si potrebbero coprire il 60 per
cento dei costi di stagionatura - ha continuato Alai -. Chiediamo anche l’
intervento di Camere di Commercio e Provincie».
Ambiente e consumatori
«Se va in crisi il Parmigiano Reggiano - ha detto Alai - rischia di
scomparire il comparto zootecnico nel nostro Appennino con conseguente
abbandono delle aree agricole e dissesti ambientali del territorio con frane
oltre che ripercussioni socio - economiche».
Secondo Malaguti ha sottolineato che il progetto lanciato da Confcooperative
insieme a Coldiretti, Legambiente e Confconsumatori «tende a favorire i
consumatori».
Resto del carlino, 27 settembre 2005
martedì 27 settembre 2005
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