INDIA, CONTADINI SUICIDI PER 500 EURO DI DEBITO.
Coltivare la terra nel Tamil Nadu (tra le più colpite dallo tsunami) al
tempo degli Ogm: la testimonianza di Luciano Dallapé.
L´80 per cento della popolazione povera del pianeta riceve solo il 5,4 per
cento di tutto il credito internazionale - scrivevamo in questa pagina
lunedì scorso.
Ma cosa succede dove il credito non arriva?
Ed arrivano invece le multinazionali delle sementi e dei concimi?
Ne abbiamo parlato con Luciano Dallapé, 54 anni, trentino, laureato in
archeologia.
Da due anni è impegnato in India con un´organizzazione non governativa
locale per la realizzazione di un piccolo villaggio destinato ad accogliere
bambini orfani in una remota zona rurale del Tamil Nadu, proprio nel
distretto di Nagapattinam, il più duramente colpito dal recente tsunami.
«Fino al boom demografico degli anni ´60, quello dell´agricoltore non era un
lavoro, ma quasi una missione: quella di sfamare la società - racconta
Luciano. - Il contadino gestiva pochi soldi, era povero, ma aveva un ruolo e
una dignità sociale garantiti dall´importanza del suo servizio.
L´agricoltore salvava dal raccolto la semente per l´anno successivo,
otteneva dagli animali il concime organico necessario alle coltivazioni,
produceva da sé tutto ciò che gli serviva per il lavoro e traeva dalla terra
quasi tutto ciò di cui lui e la famiglia avevano bisogno. Se l´annata dava
un raccolto buono metteva da parte anche qualche soldo, se il raccolto era
scarso ci campava la famiglia, ma spese ne aveva ben poche».
Poi cosa è successo?
«Con l´avvento della "rivoluzione verde" (vedi sotto), i contadini sono
stati costretti a comprare le sementi perché le varietà più richieste dal
mercato sono ibride. E con le sementi hanno dovuto comperare i fertilizzanti
chimici per competere in produttività, diserbanti e antiparassitari chimici
per controllare le massicce infestazioni che accompagnano le monocolture.
Sono entrati così in un ciclo di spese. Il contadino non ha soldi e deve
quindi chiedere prestiti alle banche, ma per ripagare i debiti è necessario
che il raccolto sia buono. In questi ultimi quattro anni, in gran parte del
sud dell´India su otto raccolti ne sono andati persi completamente cinque e
gli altri sono stati scarsi. Migliaia di contadini indebitati hanno finito
per togliersi la vita, un fatto che ha avuto una grande eco sui giornali
locali. C´è gente che si è suicidata per un debito corrispondente a 500
euro».
Sembra incredibile...
«Per la cultura tradizionale indiana l´indebitamento è una grave macchia al
proprio onore. Ma al di là dei casi estremi, il risultato è comunque un
ulteriore impoverimento delle classi più povere. Si passa dalla povertà,
cioè dalla scarsità di mezzi, alla miseria, cioè all´assenza del necessario.
Senza contare i gravi danni ambientali derivanti dall´uso indiscriminato di
prodotti chimici. Molte di queste sostanze chimiche in Europa sono vietate
da decenni per la loro pericolosità, ma sono ancora prodotte dalle stesse
multinazionali attraverso le loro sussidiarie indiane. Infine va detto che
la capacità organizzativa e decisionale del contadino viene limitata dal
fatto che le banche forniscono la gran parte del credito in natura, sotto
forma di sementi, fertilizzanti, diserbanti e antiparassitari chimici e solo
una minima parte in contanti che il contadino può usare secondo la propria
iniziativa».
Insomma un "credito pilotato"?
«Esatto. Ma ci sono anche esempi diversi. Gruppi di contadini hanno ripreso
a coltivare in modo organico e si sono organizzati in un movimento di
contadini chiamato Ofai (Organization farmer association of India) che, tra
l´altro, conserva le diversità di sementi di riso. Fanno parte di quel
popolo che segue una visione gandhiana della vita. Una rete che si sta
sviluppando anche nel Bangladesh con l´Associazione per la promozione
dell´agricoltura organica (Apof)».
Il distretto nel quale operi ha subito gravi danni dallo tsunami. Com´è la
situazione?
«Il solo distretto di Nagapattinam ha avuto oltre 7000 morti. Interi
villaggi di pescatori sono stati letteralmente spazzati via. Questa gente
aveva poco ed ha perso tutto. Con l´associazione che cura i viaggi di
turismo responsabile stiamo raccogliendo fondi da utilizzare nel dopo
emergenza, quando si tratterà di ricostruire il tessuto abitativo ed
economico locale. All´inizio di febbraio tornerò in Tamil Nadu e poi andrò a
Sri Lanka, dove la situazione è ancora più grave, a rendermi conto di
persona di quanto si può fare lì».
Giorgio Beretta ( www.unimondo.org)
La scheda: l'India e la «rivoluzione verde»
A partire dagli anni ´60 è iniziata in India la «rivoluzione verde»: un
processo di mutamento delle tecniche agricole per aumentare l´efficienza e
la produttività dei raccolti, così da far fronte ai bisogni della
popolazione crescente.
Presto ci si è accorti però che tale processo comporta una grave perdita di
biodiversità, con la riduzione del 90 per cento delle varietà delle sementi.
Inoltre, con l´aumentare della produzione agricola, cresce però anche la
quantità di energia richiesta dal processo di produzione.
Le tecniche della «rivoluzione verde», inoltre, fanno pesante affidamento
sui fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi chimici, creando dipendenza
economica dei piccoli contadini dalle multinazionali dell´agricoltura.
In questo processo si inserisce la biopirateria, cioè lo sfruttamento
scientifico di conoscenze indigene, e la coltivazione di organismi
geneticamente modificati (Ogm).
L´uso dell´ingegneria genetica in agricoltura per creare cibi geneticamente
modificati è considerato la continuazione naturale della «rivoluzione
verde».
Le multinazionali, dopo aver brevettato piante tradizionalmente usate dalle
popolazioni locali, vendono ai piccoli contadini ed alle grandi aziende
agricole i propri semi geneticamente modificati i quali, oltre ad essere
spesso sterili, devono essere riacquistati ad ogni stagione, necessitano di
specifici erbicidi, pesticidi, fertilizzanti e macchine agricole vendute
dalle stesse multinazionali.
L'Adige, 10 gennaio 2005
lunedì 17 gennaio 2005
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