Cerca Contatti Archivio
 
LA GUERRA OCCULTA DEGLI OGM

La società di publiche relazioni di Monsanto invia e-mail false per screditare i ricercatori che scoprono magagne. Un articolo dell'estate 2002, ma evergreen. Ricordate la questione del mais messicano? Sembrava una disputa tra scienziati, avente come palcoscenico la rivista Nature, e invece si va rivelando una questione di lobbysmo e di relazioni pubbliche.
Riassunto delle puntate precedenti: il 29 novembre 2001 la rivista inglese, la più importante al mondo, pubblica un articolo del professore californiano Chapela e dello studente David Quist. Da esami sul campo sostenevano tre cose: 1) che malgrado i divieti del governo messicano il mais geneticamente modificato era presente in quel paese. 2) che sue tracce genetiche si trovavano anche nel mais normale. 3) che il trasferimento genetico era instabile e si applicava a parti diverse del genoma. Nel giro di pochi giorni arrivarono alla rivista, e circolarono sull'Internet, molte lettere critiche e di protesta. Le critiche si riferivano soprattutto alla metodologia di analisi usata, non sufficientemente affidabile. Con una mossa del tutto inusuale, l'11 aprile scorso la rivista Nature non solo pubblicava le critiche (cosa normale), ma scriveva che retrospettivamente, era pentita di avere pubblicato l'articolo originale di Chapela e Quist: «abbiamo concluso che l'evidenza sperimentale disponibile non era sufficiente a giustificare la pubblicazione dell'articolo originale». Eppure i referee (ovvero i professori esperti che valutano la serietà di una articolo scientifico) a suo tempo avevano espresso parere favorevole. Ad alcuni mesi di distanza le cose si sono un po' chiarite, anche se non sono incoraggianti. Intanto i punti 1 e 2 non sono in discussione, nemmeno da parte dei critici. Il mais genetico in Messico c'è e ha in qualche modo contagiato quello naturale. Si discute semmai se questo sia un pericolo per la diversità biologica, ma la cosa è avvenuta e avviene. I sostenitori delle biotecnologie dicono che non è un problema; in ogni caso non possono negarlo. Quanto alla terza questione, essa resta controversa e sottoposta alle verifiche scientifiche: se, come sostengono Chapela e Quist, i geni che saltano da un mai all'altro di distribuiscono sul mais originale in modo frammentato e causale, allora la possibilità che ne risultino modifiche tossiche o dannose è più elevata. Ma c'è un altro capitolo della storia: la campagna contro i due ricercatori di Berkeley iniziò, assai animosa, il giorno stesso della prima pubblicazione, svolgendosi soprattutto in rete. Si distinsero in particolare due persone nella campagna: Mary Murphy e Andura Smetacek; ma nessuna delle due esiste, erano dei falsi. Non solo: il giornalista scientifico George Monbiot, esaminando l'itinerario dei messaggi di posta, si è accorto che entrambi provenivano dai computer di una società di relazioni pubbliche di Washington, la Bivings Group, la quale lavora per la Monsanto. Prima la società negava, poi era costretta ad ammettere che effettivamente una posta non controllata poteva essere partita dai suoi terminali. Monbiot sul Guardian sostiene anche di avere identificato i due mittenti: un web designer e il responsabile del marketing Internet di Bivings. Questo episodio segnala un'importante svolta nel modo in cui le aziende usano la rete: di solito si limitano a leggere i siti che le criticano e a ascoltare quanto si dice di loro nei gruppi di discussione. Ma in questo caso c'è una discesa diretta in campo, utilizzando il facile anonimato della rete per costruire e potenziare le loro campagne. E non è finita qui: gli articoli scientifici di replica a Chapela e Quist pubblicati da Nature sono firmati tra gli altri da Matthew Metz, un microbiologo di Berkeley che a suo tempo fu tra i più accesi sostenitore dell'accordo di collaborazione scientifica tra quella università e il colosso chimico Novartis. Quella fu una lotta memorabile in nome della libertà della ricerca scientifica, condotta nel 1998 da studenti e professori del campus per rifiutare un accordo in base a cui la Novartis finanziava le ricerche per 50 milioni di dollari. La rivista tuttavia non ha rivelato gli interessi vestiti di cui Metz era portatore. (Il Manifesto)


martedì 28 dicembre 2004


News

FPP2 GRATIS, ANNUNCIO DI BIDEN, COSA ASPETTA DRAGHI?
Il presidente USA Biden, raccogliendo la richiesta che da tempo avanza Bernie Sanders, ha annunciato che gli Stati Uniti forniranno mascherine ffp2 gratis ai cittadini. >>



Pesticidi in Unione europea.
La European Food Safety Authority (EFSA) ha pubblicato un report sugli ortaggi e frutta più contaminati da pesticidi... studio pubblicato nel mese di febbraio 2021 che discute i dati del 2019. In tutta Europa, nell’anno 2019, sono stati analizzati 96.302 campioni e la frequenza media si attesta su 19 analisi per 100mila abitanti. I paesi più virtuosi sono la Lituania (125 analisi su 100mila abitanti), la Bulgaria (104 analisi) e il Lussemburgo (81 analisi). I meno virtuosi sono la Gran Bretagna (1,5 analisi), la Spagna (5 analisi) e la Polonia (7 analisi). L’Italia e la Francia si attestano sulla media europea di 19 analisi per 100mila abitanti, la Germania appena un po’ in più con 25 analisi. >>



Sesto Rapporto IPCC - Working Group I su nuove conoscenze e cambiamenti climatici.
In occasione della presentazione del rapporto del Working Group I dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) che delinea le nuove conoscenze scientifiche in merito ai cambiamenti climatici, ai loro effetti e agli scenari futuri, di seguito sono proposti i dati del VI rapporto Ipcc riassunti e forniti dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) di Bologna. Sesto Rapporto IPCC – Working Group I Annalisa Cherchi, Susanna Corti, Sandro Fuzzi Lead Authors IPCC WG I Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima Consiglio Nazionale delle Ricerche Bologna INTRODUZIONE SU IPCC Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), creato dalle Agenzie delle Nazioni Unite UNEP (UN Environmental Program e WMO (World Meteorological Organisation) nel 1988, ha il compito di redigere a scadenza regolare rapporti di valutazione sulle conoscenze scientifiche relative al cambiamento climatico, ai suoi impatti, ai rischi connessi, e alle opzioni per la mitigazione e l’adattamento. È attualmente in corso di finalizzazione il 6° Rapporto IPCC (AR6). Ogni Rapporto IPCC si compone di tre parti, ognuna redatta a cura di un apposito Working Group (WG). Working Group I: valuta le nuove conoscenze scientifiche emerse rispetto al rapporto precedente. Working Group II: valuta gli impatti del cambiamento climatico sull’ambiente e la società e le azioni di adattamento necessarie. Working Group III: valuta le azioni di mitigazione del cambiamento climatico. Ogni WG redige un rapporto mediamente dell’ordine di 2-3000 pagine, accompagnato da un Riassunto tecnico che mette in evidenza i punti salienti del rapporto e un breve Summary for Policy Makers ad uso dei responsabili politici dei paesi associati all’ONU, nei quali sono condensate per punti essenziali tutte le informazioni analizzate nel dettaglio nei singoli rapporti. Ogni WG si compone mediamente di 200-250 scienziati (Lead Authors) scelti su proposta dei singoli governi dal Bureau IPCC. La partecipazione dei singoli scienziati è volontaria e non retribuita. È bene ricordare che i risultati dei Rapporti IPCC sono basati esclusivamente sull’esame critico di diverse migliaia di lavori scientifici pubblicati (14.000 solo per quanto riguarda il WG I). I Rapporti IPCC, la cui stesura impegna gli scienziati per circa tre anni, sono soggetti prima della stesura finale a due fasi di revisione da parte di diverse centinaia di altri scienziati esperti del settore e da parte di esperti dei singoli governi. Il giorno 9 agosto 2021 verrà presentato ufficialmente il Rapporto del Working Group I dedicato allo stato dell’arte delle basi scientifiche del cambiamento climatico e degli avanzamenti rispetto all’ultimo rapporto AR5. Gli altri due Rapporti di cui si compone AR6 sono tuttora in corso di elaborazione e verranno presentati nei primi mesi del 2022. Per quanto riguarda il Working Group I, sui 234 Lead Authors provenienti da 66 Paesi, tre sono gli scienziati appartenenti a un’istituzione di ricerca italiana, tutti ricercatori dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche. >>