GLI OGM NON SERVONO, ALTRI I PROBLEMI NEI CAMPI
BERLAN: GLI OGM NON SERVONO, ALTRI I PROBLEMI NEI CAMPI
Intervista al direttore di ricerca dell'Institut National de la Recherche
Agronomique di Montpellier, con cinque buoni motivi per il no agli OGM.
Jean Pierre Berlan, direttore di ricerca presso In
In un libro uscito nel 2001 (La guerra al vivente, Bollati Boringhieri
editore) Berlan si spinge ancora più in là e accusa le biotecnologie di
essere assoggettate al profitto: “La biologia moderna e le sue biotecnologie
rientrano più nella speculazione finanziaria caratteristica della nostra
epoca che in una scienza completamente dimentica di essersi un tempo
schierata sotto la bandiera della verità, dell’obiettività, del disinteresse
e dell’emancipazione”.
Berlan è stato recentemente in Italia per partecipare a un convegno e lo
abbiamo intervistato.
Berlan, la rivoluzione degli Ogm che fino a qualche anno fa sembrava dovesse
cambiare completamente l’agricoltura in poco tempo, finora non c’è stata.
Perché?
Ci sono molti motivi.
Il primo è che l’Europa ha conosciuto una serie di crisi alimentari.
Il secondo è che la ricerca sugli organismi geneticamente modificati non ha
portato a niente di veramente interessante.
Il terzo è che queste tecniche comportano dei rischi: la gente è pronta ad
accettare dei rischi, ma non è disposta a farlo per non ottenere niente di
buono. Il quarto motivo è che le persone si sono accorte che cosa voleva
dire brevettare gli Ogm, hanno capito cioè che si è riusciti a separare la
produzione dalla riproduzione che nell’agricoltura erano sempre state unite.
Con la brevettabilità del vivente, il contadino non può seminare il grano
biotech raccolto, ma deve comprare le sementi dalle grandi imprese: la
produzione rimane nelle mani degli agricoltori, ma la riproduzione diventa
il monopolio dei fabbricanti di agrochimici.
Per tutti questi motivi la gente ha cominciato a diffidare degli Ogm.
Ma c’è anche un quinto motivo, forse il più importante: l’agricoltura
industriale, di cui gli Ogm sono figli, ha prodotto un mare di disastri.
Un disastro sul piano ambientale, sul piano umano (in Francia un quarto
degli agricoltori vive al disotto della soglia di povertà), un disastro
alimentare (obesità, malattie cardiovascolari sono in aumento nel mondo
occidentale), un disastro sul piano della sanità pubblica (i pesticidi
alterano il funzionamento dei sistemi viventi e in particolare degli esseri
umani).
Gli Ogm, dicono i loro sostenitori, possono però far migliorare la
produzione agricola. Non è d’accordo?
Bisogna tener conto del fatto che le industrie implicate nel biotech nell’
ottobre del 2000 hanno deciso di investire 50 milioni di dollari per
superare le reticenze che c’erano in Europa contro queste tecniche. Dunque,
bisogna tener conto della propaganda.
Qual è allora il problema principale oggi dell’agricoltura?
Il problema numero uno dell’agricoltura mondiale, sia per quanto riguarda la
quantità che la qualità della produzione, è la distruzione del suolo e della
biodiversità dovuta all’agricoltura intensiva.
Nell’ultimo secolo si è perso un quarto delle terre fertili a causa dell’
erosione, della salinizzazione, dello sfruttamento eccessivo del suolo. In
Francia in molte regioni si produce frumento su frumento, mais su mais
utilizzando dei terreni ormai morti, senza più vita.
Se non si pone rimedio a questi problemi cosa accadrà?
Si è calcolato che se a partire dal 1994 tutta l’umanità si fosse nutrita
secondo il modello nordamericano, che è anche quello europeo, utilizzando le
tecniche di produzione di noi occidentali, in soli due anni tutte le risorse
petrolifere del pianeta sarebbero andate esaurite.
Questa è la follia di un sistema che utilizza tra 8 e 10 calorie fossili per
produrre una sola caloria alimentare.
Se continuiamo nella stessa strada – e gli ogm sono il proseguimento di un
movimento di industrializzazione del vivente lungo due secoli – le cose
andranno sempre peggio.
Pensiamo al problema delle eccedenze: oggi noi produciamo delle eccedenze
che esportiamo e distruggiamo l’agricoltura del terzo mondo. Bisogna uscire
da questa ideologia che è un’ideologia di controllo sociale.
Cosa dobbiamo fare?
Nei primi trenta centimetri di suolo si concentra quasi tutta la vita del
pianeta. Su questa pellicola di vita la bisogna concentrare gli sforzi.
Per mantenere ciò che c’è e migliorarlo.
Non dimentichiamo che gli storici sostengono che l’Impero romano è caduto
perché il suolo aveva perso la sua fertilità e l’impero spagnolo è affondato
per lo stesso motivo.
Purtroppo siamo in una società che bada solo ai profitti immediati e che non
prende in considerazione la distruzione completa della possibilità di
sopravvivenza nel futuro.
tratto da "L'Unità", 11 novembre 2004
venerdì 12 novembre 2004
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