Decreto-legge recante disposizioni urgenti per la coesistenza tra le colture transgeniche, convenzionali e biologiche
E' stato approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto sulla 'coesistenza' fra colture convenzionali, biologiche ed OGM. IL peso degli interessi economici legati alle biotecnologie ha fatto sentire pesantemente il suo ruolo nel percorso che ha condotto
Decreto-legge recante disposizioni urgenti per la coesistenza tra le colture transgeniche, convenzionali e biologiche
PRIME OSSERVAZIONI
Il decreto legge sulla cosiddetta ‘coesistenza’ esce dal Consiglio dei Ministri in una versione che risente fortemente delle pressioni esercitate dalla lobby delle aziende sementiere con interessi nelle biotecnologie. La lettura comparata del testo inizialmente divulgato dal Ministero delle politiche agricole in raffronto al testo approvato ieri dal Governo, mostra alcune sostanziali modifiche che fanno dubitare della sua efficacia per la tutela delle produzioni agroalimentari convenzionali, tipiche e biologiche e configurano un provvedimento che ha l’effetto di ‘richiamare all’ordine’ le Regioni e i tanti Comuni che hanno già dichiarato il loro territorio ‘ogm-free’. Sono tre, in sintesi, gli elementi decisamente negativi:
1) I PIANI PER LA COESISTENZA. Tutte le regioni devono elaborare, entro il 31 dicembre 2005, un piano per ‘assicurare’ la coesistenza, attenendosi a norme-quadro predisposte da un Comitato tecnico ed approvate dal Ministero delle politiche agricole. La novità presente nel decreto consiste nell’obbligo per le Regioni, nell’elaborare il piano di coesistenza e in particolare nel delimitare eventuali aree omogenee, di attenersi alla Raccomandazione della Commissione Europea del 23 luglio 2003. Il richiamo a quest’ultimo atto, che ad oggi non costituiva alcun vincolo giuridico per gli Stati membri, rischia di attribuire efficacia cogente ad alcune indicazioni in esso contenute che lo stesso Ministro Alemanno, all’atto della divulgazione della Raccomandazione, aveva considerato decisamente negative: il sostanziale divieto di dichiarare ampie aree omogenee ogm-free (punto 2.1.5 della Raccomandazione) e la previsione di una soglia di tolleranza per gli OGM anche nelle sementi per l’agricoltura biologica (punto 2.2.3). Invece di pretendere, come stanno facendo altri Stati membri, una sostanziale modifica dell’atteggiamento della nuova Commissione europea in materia di coesistenza, il Governo italiano si appiattisce sulle peggiori indicazioni della precedente Commissione, assegnandogli valore di linee-guida obbligatorie per i Piani di coesistenza delle Regioni. In sostanza: niente Regioni e Comuni OGM-free e abbassamento del livello di tutela per l’agricoltura biologica.
2) RESPONSABILITA’ CIVILE E PENALE. Il decreto afferma che la responsabilità civile dei danni diretti ed indiretti ricade su coloro che coltivano OGM nel caso di mancato rispetto delle norme sulla coesistenza. Ma che succede per i possibili casi di inquinamento, peraltro probabili, delle produzioni biologiche o convenzionali che si dovessero verificare anche nel rispetto dei piani di coesistenza ? Qui il decreto tace. E’ evidente che si apre una prospettiva di contenzioso giuridico senza fine e senza alcuna reale possibilità di risarcimento. Il Governo non ha voluto inserire nel decreto l’unica disposizione idonea ad assicurare il ristoro dei danni: la copertura assicurativa obbligatoria a carico di chi coltiva OGM o l’istituzione di un Fondo nazionale alimentato da un contributo obbligatorio ad ettaro comunque versato da chi semina transgenico, nel rispetto dell’elementare principio ‘chi inquina paga’. Decisamente permissiva anche la soluzione scelta in materia penale: le sanzioni penali vigono solo prima dell’approvazione del piano regionale per la coesistenza, dopodiché l’agricoltore improvvido (o la multinazionale biotech) che ha sparso OGM ai quattro venti se la cava con una multa di 2.500 euro (in sede di conciliazione, ai sensi delle norme vigenti, si applica il minimo).
3) MORATORIA. Non c’è più traccia, come invece compariva nella prima versione, della moratoria nazionale, necessaria per elaborare e dare coerenza ai piani di coesistenza e soprattutto, diciamo noi, per sviluppare la ricerca pubblica sulla compatibilità (o incompatibilità) degli OGM con il sistema agroalimentare del nostro Paese. La moratoria è limitata per singola Regione fino all’adozione del Piano regionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2005. Di fatto le Regioni favorevoli agli OGM (vedi Lombardia e Veneto) potrebbero già nel giro di pochi mesi autorizzare le prime semine transgeniche, dopo l’adozione delle linee guida nazionali. Non è più necessario inoltre l’accordo fra le Regioni per le aree di confine, visto che anche su questo detteranno indicazioni le linee-guida.
venerdì 12 novembre 2004
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