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Gli allevatori francesi reclamano trasparenza nelle regole di produzione.

In allegato gli articoli usciti in questi giorni su Le Monde, quotidiano francese, che evidenziano, come anche in Francia, la crisi del settore avicolo, determinata dalle massicce importazioni di carni congelate e prodotte senza le stesse regole della
La carne avicola è il secondo tipo di carne consumato in Francia. Dall'inizio dell'anno ne sono state importate 116.000 Ton. di cui 102.000 di provenienza europea, (Belgio e Olanda). La carne di provenienza da paesi terzi (fuori dall'Europa principalmente Brasile e Tailandia) rappresenta una quantità marginale: 12.000 T. delle quali 3000 dal Brasile. Nel 2001 15.000 ton. di carne avicola brasiliana sono state importate in Francia, su un consumo di 1,5 milioni.Quindi il consumatore aveva l'1% di possibilità di mangiarne. Alcuni paesi come l'Olanda sono però considerati delle piattaforme che riesportano in Europa carni importate da paesi terzi. Le importazioni vengono utilizzate principalmente nel canale della ristorazione e per la trasformazione o in aggiunta a preparati di solito non di marca. La collera degli agricoltori francesi, del resto essi stessi esportatori, si scatena contro le importazioni da paesi terzi. Esse sono state particolarmente importanti nel 2001 (840.000 T. importate dalla CEE grazie a un'aggiramento della legge comunitaria.) Gli allevatori sottolineano le distorsioni della concorrenza e la mancanza di informazione sulle condizioni di allevamento degli animali, che non sono soggetti alle stesse regole come in Europa. Nel marzo 2002 tracce di nitrofurano, antibiotico vietato in Europa da oltre 10 anni, sono state trovate nelle carni avicole importate dalla Tailandia. Diminuzione del consumo Lo stesso antibiotico è stato ritrovato in settembre nella carne avicola brasiliana. Controlli sistematici vengono da allora effettuati su tutti i lotti di provenienza da quei due paesi. D'altraparte, niente impedisce a quei paesi, considerati esempi a rischio di BSE, di nutrire i loro avicoli con farine animali, proibite in Europa. Il ministro dell'agricoltura sig. Gaymard è favorevole a un'etichettatura che indichi la provenienza dei prodotti importati in Europa compresi quelli trasformati (quando c'è una certa percentuale). Ma l'adozione a livello EU richiederà diversi anni, ammette al ministero. I grandi industriali francesi si sono allora prevenuti indicando per la maggiorparte dei loro prodotti l'origine francese. Mentre le importazioni aumentano, le esportazioni della Francia sono in regolare diminuzione. Nel giugno 2002 erano a - 17,4% rispetto al 2001. Alcuni paesi europei (Regno Unito, Germania), forti importatori, vengono sedotti dai prezzi bassi proposti. Infine, nel mercato interno dal 1997 il consumo è diminuito del 4,5%. L'incremento seguito alla crisi della mucca pazza non è durato.Inoltre i prezzi sono aumentati dopo che le farine animali sono state proibite nell'alimentazione avicola. Il pollo intero perde terreno a vantaggio del tagliato, degli elaborati e trasformati dall'industria. Convertirsi alla produzione di avicoli biologici o certificati non viene visto dagli allevatori specializzati nell'allevamento standard come una soluzione. "I posti sono già stati presi" , dice F.Ranc direttore dello sviluppo e delle relazioni con l'esterno del gruppo Doux, anche se il gruppo ha lanciato il suo pollo certificato. Il gruppo LDC, secondo produttore francese, proprietario del Poulets de Louè, è il pioniere del valore aggiunto. Il 18% degli avicoli consumati in Francia hanno un plus di qualità (certificazione, certificati di conformità o bio). Ma questo mercato non è estensibile all'infinito e in più anche questi avicoli di alta gamma subiscono, come tutta la filiera, le scosse del mercato. Gaëlle Dupont

Tratto da « LE MONDE » | 20.11.02 | 11h09 Avicoltori della Bretagna colpiti dalla mondializzazione.La delocalizzazione in Brasile di alcuni allevamenti di polli provoca crisi in una regione che produce il 40% degli avicoli di Francia. Sono in preparazione cessazioni di attività. Châteaulin (Finistère) de notre envoyée spéciale La Bretagna si sente sorpassata. Uno dei pilastri della sua economia, l'allevamento avicolo intensivo, sta cedendo inesorabilmente. L'avvenire è dall'altra parte dell'Atlantico, in Brasile. I salari, le infrastrutture, l'alimentazione degli animali costano così poco che il costo della produzione viene ad essere due volte inferiore al costo di produrre in Europa. E' un paese "fatto per l'allevamento" dice Ranc, direttore dello sviluppo e relazioni esterne del gruppo Doux, primo produttore di avicoli in Europa e che produce in questo eldorado dal 1998. Proprio come lo era la Bretagna dopo la seconda guerra mondiale. La regione dispone di poca terra ma molte braccia.L'allevamento intensivo di maiali e avicoli ne permette lo sviluppo. Chiunque può pagare un allevatore si lancia: la filiera avicola è "integrata". Gli industriali consegnano i pulcini e i mangimi. Allevati a terra in capannoni coperti (in media 1500 mq.) gli animali formano un immenso tappeto agitato. Gli animali sono pronti in 6 settimane contro i 3 mesi dell'allevamento all'aperto. I gruppo Doux è la punta di diamante dell'avicoltura della Bretagna. L'azienda creò all 'inizio degli anni 60 il "pollo per l'esportazione" una specificità bretone. I clienti, mussulmani, vogliono polli piccoli. Allevato in 35 giorni, un record, l'animale pesa 1,4 kg. Gli animali vengono macellati secondo il rito halal nei macelli della Bretagna, congelati e esportati in medio Oriente. Questo sistema funziona grazie alle sovvenzioni alle esportazioni, le restituzioni. Se il costo di produzione è superiore al corso mondiale, l'Europa paga la differenza. Ora questi aiuti stanno oggi scomparendo come vuole il WTO. Installandosi in Brasile nel 1998 Doux si è prevenuto. L'acquisto di un concorrente (il terzo produttore del paese) non è stata una delocalizzazione, secondo il sig. Doux. spiega:" Noi non abbiamo fatto fagotto. Noi siamo stati costretti a trovare delle nuove soluzioni". Per la prima volta nel 2002 la produzione brasiliana del gruppo equivarrà alla sua produzione francese. Charles Doux impiega7300 operai brasiliani e 7000 francesi. La Doux - Brasile è dunque in concorrenza con quella francese? "Gli avicoli brasiliani non vengono trasformati nello stabilimento per gli elaborati di Quimper" afferma Ranc in risposta alle voci. E in quello dei Vraix-Croix? Ranc non risponde. Gli avicoli allevati in Brasile, non solamente da Doux, non entrano in Francia se non che in piccola quantità. Essi fanno concorrenza ai prodotti francesi nei mercati internazionali: Germania, Regno Unito, Medio Oriente. Il gruppo viene fortemente criticato dai suoi concorrenti, in particolare quelli delle cooperative, vicini agli allevatori, e dagli agricoltori della Confederation paysanne. "Doux domanda le restituzioni in Europa e esporta dal Brazile verso l'Europa e il Medio Oriente. Vuole guadagnare da ambo le parti" afferma Michel Hardy, responsabile della commissione avicola del sindacato contadino. Un certo fatalismo. Molti allevatori si limitano a constatare la validità di un calcolo economico. Come il sindacato maggioritario degli operai del gruppo, il CFDT. "Anche se Doux non fosse presente in Brasile, quel pollo entrerebbe in Francia. Se il gruppo riesce a far fronte alla crisi è forse grazie al Brasile. "Per contro, gli si può rimproverare di non fare prodotti a valore aggiunto." dice S.Khaoui, delegato del CFDT. La ristrutturazione è cominciata. A Briec un macello deve chiudere entro l'anno. "La concorrenza brasiliana è vissuta con un certo fatalismo" racconta il sindaco, sig. Le Pann. La città perde 300 lavoratori su 2400. Gli operai verranno impiegati in altri posti. Circa 1500 allevatori specializzati nelle esportazioni, cioè circa la metà degli avicoltori bretoni, sono condannati. Ma è tutto il settore (3500 impianti) a esserne toccato. "Tutti i prodotti vengono fatti nelle stesse imprese avicole. Quando c'è meno export si fanno più polli grossi o più tacchino" spiega Michel Burel, avicoltore a Plovan.Risultato, il mercato è saturo. Patric e Joelle Castrec, allevatori a Plozevet constatano come aumenti sempre più l'intervallo di tempo tra le consegne dei pulcini. "Nell'anno abbiamo perduto la consegna di un lotto che equivaleva al nostro guadagno" spiegano. Il seguito? "Ci saranno ancora meno allevatori. Ecco cosa succede a ogni crisi" lamenta P:Tromeur, un allevatore a Chateaulin. E' in preparazione un piano di cessazione d'attività. La Bretagna in particolare le aree di Finistere e Morbihan producono il 40% degli avicoli francesi. Sono loro dunque che pagheranno il prezzo più alto. I 20000 operai della filiera nella Francia Occidentale sono pure preoccupati . Oltre alla chiusura a Briec, 43 persone sono state licenziate in un macello del gruppo Glon a Guischriff (Morbihan). "Ci saranno altre chiusure di macelli, bisogna prepararsi" si previene al ministero dell'agricoltura. "La riconversione di quegli operai verso lavori simili sarà la nostra preoccupazione maggiore", proseguono. Nel Finistere domina l'amarezza. Per il sindaco di Briec, gli agricoltori bretoni sono "vittime di scelte, che è stato loro detto, potevano essere eterne.". Didier Goubil, allevatore eletto alla camera dell'agricoltura e sindaco di Poullaouen, 1500 abitanti, è inquieto sia come allevatore che come sindaco. " Si ha l'impressione che la regione sia stata utile in una determinata epoca ma che oggi non lo sia più" constata tristemente. Gaëlle Dupont Una sovraproduziome che va dal 5 al 10%. Secondo il ministero dell'agricoltura la Francia produce da 100.000 a 200.000 ton. di avicoli in più, cioè dal 5 al 10% del totale. Un piano di cessazione delle attività deve essere lanciato entro l'anno. Secondo la Confederation paysanne, questo piano ammonta a 15 milioni di euro. Il governo rifiuta di confermarlo. Già nel 1999-2000 un piano precedente aveva fatto chiudere 468.000 mq. di capannoni e 426 allevatori avevano cessato la produzione. Il piano era costato circa 7,6 milioni di euro. L'impatto sulla produzione di questa misura sembra non avere inciso. Mentre alcuni allevamenti chiudono grazie agli indennizzi, altri aprono sotto la puntuale domanda moltro forte a seguito della crisi della mucca pazza. Questa volta gli indennizzi alle chiusure dovrebbero essere legati all' impegno da parte dei macellatori di non riaprirne altri. • ARTICLE PARU DANS L'EDITION DU 21.11.02 Le Monde LE MONDE | 21.11.02 | 12h10 • MIS A JOUR LE 21.11.02 | 19h57 Gli agricoltori in guerra contro la grande distribuzione. All'appello della FNSEA e dei Giovani agricoltori, diverse migliaia di contadini hanno cominciato a bloccare mercoledì 20 Novembre una sessantina di centrali d'acquisto dei prodotti freschi. Le grandi superfici rispondono che esse non possono garantire il reddito agricolo.(Le Monde 21.11.02). Gli agricoltori si lanciano in una prova di forza. Circa 10.000 militanti del FNSEA e del Giovani agricoltori bloccano da mercoledì 20 sera più di 60 centrali d'acquisto dei prodotti freschi della grande distribuzione. Giovedì mattina queste azioni coinvolgono le regioni occidentali (Normandia, Bretagna, Paesi della Loira), del sud-ovest ec(Poitou-Charentes, Aquitaine, Haute-Garonne), l'Hérault, les Bouches-du-Rhône, la Bourgogne, Rhône-Alpes, la Lorraine, l'Alsace, le Nord - Pas-de-Calais et la Picardie.). Questo blocco di durata illimitata mira a far cambiare lo stato delle cose sia nelle pratiche commerciali tra fornitori e compratori sia a livello di governo che deve fare applicare la legge, precisa il sig. Lemétayer presidente del FNSEA. Gli agricoltori denunciano il racket delle grandi superfici: pratiche commerciali abusive, margini anteriori (fatturazione di servizi come la consegna in magazzino), stoccaggi artificiali, margini commerciali sproporzionati, pagamenti diversi che secondo loro si ripercuotono sui prezzi pagati alle imprese agricole. Gli attacchi contro una grande distribuzione accusata di arricchirsi a scapito di chi lavora a monte occupano lo spazio principale nel discorso del FNSEA e dei Giovani agricoltori, centrato sull'idea che gli agricoltori devono vivere sul prezzo dei loro prodotti. I responsabili sindacali forniscono le cifre che traducono lo sganciamento dai prezzi pagati agli agricoltori. La crisi della mucca pazza ha attizzato la loro collera: mentre i prezzi pagati agli allevatori precipitavano, i consumatori pagavano più cara la carne bovina. Tutte le filiere sono regolarmente penalizzate da questo tipo di crisi: frutta e verdura, carne bovina, suina, avicola... Ogni volta la FNSEA richiama all'applicazione della legge sulle nuove regolamentazioni economiche (NRE) votate il 15.05.01, che prevede sanzioni in caso di pratiche commerciali abusive. I Giovani agricoltori suggeriscono da parte loro di fissare il prezzo minimo per filiera e un eventuale indennizzo dei prezzi d'acquisto ai produttori sui prezzi di vendita in magazzino. Il blocco delle centrali d'acquisto intrapreso mercoledì non è una sorpresa . La tensione monta da diverse settimane e tutti i tentativi di concertazione sono stati vani. All'inizio di ottobre un tavolo riunito sotto l'egida del segretario di Stato del commercio, Renaud Dutreil, aveva deluso gli agricoltori, anche se per la prima volta essi erano stati ammessi nella commissione d'esame delle pratiche commerciali, impegnata a lavorare sulle relazioni tra distributori e fornitori. "Ne abbiamo abbastanza dei gruppi di lavoro; per tutta l'estate ne abbiamo tenuti con la distribuzione. Questa riunione è una umiliazione e un inganno." aveva dichiarato il presidente dei Giovani Agricoltori, sig. Despey. "Questo governo è timido come il precedente. Il tema ha sempre imbarazzato i politici" commenta oggi M.Lemétayer che si appella al primo ministro. Le relazioni fra agricoltori e professionisti della grande distribuzione sono ormai un rituale. Di fronte a una forma di commercio accusata di abusare della sua posizione dominante a scapito dei trasformatori e dei produttori, questi ultimi hanno preso l'abitudine di reclamare l'arbitraggio dei poteri pubblici. "Se noi non convochiamo una mobilitazione generale non cambierà niente" afferma Lemétayer. Prezzi fissi per regione. Il presidente del FNSEA riconosce che "la capacità delle filiere di sapersi organizzare" è determinante per poter incidere sui prezzi. L'esempio viene dato per la filiera del latte, pioniera in questo campo. Un accordo con l'industria della trasformazione e della distribuzione permette di fissare i prezzi per regione. Il rispetto dell'accordo viene sorvegliato dagli agricoltori che ispezionano regolarmente i magazzini. Leclerc parla a questo proposito di "prezzi FNSEA: 0,53 centesimi di euro per litro di lattee UHT " al di sotto della cui soglia non si deve scendere.La filiera del latte dispone di una forza: la misura dei volumi instaurata con le quote nel 1984. Negli altri settori le situazioni variano fortemente. I produttori di frutta e verdura fresca patiscono del loro isolamento. Solo la metà delle imprese apppartiene a una organizzazione di produttori. F.Lafitte, presidente della Interprofessione di frutta e verdura (Interfel) cita un esempio nella produzione dei pomodori. "Hanno saputo darsi una disciplina nell'offerta che permette loro di essere meno sensibili alle fluttuazioni del mercato" afferma. Nel settore della carne, trattare con i macelli, i grossisti o gli industriali della trasformazione non mette al riparo dalla pressione sui prezzi, secondo M.Lemétayer. "Si ha l'impressione che quando le grandi superfici trattano con le imprese commerciali, questo non riguardi più i produttori.Ma quando una impresa cede qualche punto sui margini anteriori, e io non capisco per quale servizio, siamo per forza noi che ci andiamo di mezzo." afferma. Gli agricoltori vogliono dunque sostituirsi agli industriali. "Le imprese non andranno mai a dire che con una certa insegna va male. Gli allevatori sanno molto bene che solo loro possono andare a domandare di conto alla grande distribuzione.", spiega B.Esnault, direttore della Federazione nazionale suina (FNP). P.Coste, segretario generale del FNSEA, insiste da parte sua sulla dimensione sociale del movimento in questione, che secondo lui mira a difendere il mantenimento degli agricoltori e delle piccole medie imprese e quindi il lavoro" su tutto il territorio. Gaëlle Dupont
giovedì 21 novembre 2002


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