I mercanti di zucchero.
E' una storia che ha almeno due secoli. Generazioni di schiavi hanno passato le loro vite nei campi di canna da zucchero dell'America latina. Oggi centinaia di migliaia di braccianti che la raccolgono, spesso in condizioni disumane, perpetuano questa ereditá di distruzione ambientale, economica e sociale. Ora si apre un nuovo capitolo. Seguendo il modello della soia, i giganti dell'agrobusiness (Cargill, Bunge, Adm, Monsanto) stanno cominciando a coltivare canna da zucchero transgenica in zone dove la terra costa poco e la mano d'opera ancora meno.
I progetti si moltiplicano. La Ctc brasiliana sta lanciando varietà ogm ad alto contenuto di saccarosio, mentre un progetto congiunto degli istituti Max Planck tedesco e Vasatantada Sugar indiano, associati a un'impresa di produttori di Chacra (Argentina), sta ottenendo canna da zucchero geneticamente modificata ad alto rendimento a partire dall'alterazione dei cloroplasti della graminea. La Singenta, nel centro sperimentale del campus dell'Universitá politecnica del Queensland (Australia), aveva già iniziato nel 2007 un progetto sperimentale di canna da zucchero transgenica, mentre la Dupont (Usa), la British Petroleum e la Associated British Sugar stanno da un paio di anni lavorando a varietà sperimentali di una «canna altamente energetica» per il biodiesel.
Le grandi multinazionali dell'agrobusiness dunque si stanno posizionando in questo possibile nuovo mercato. Cargill, che controlla già il 15% del commercio mondiale dello zucchero, ha investito in modo massiccio in progetti di coltivazione di canna in Messico e Brasile e sta installando raffinerie in Siria, El Salvador e India. La statunitense Adm, che ha il monopolio della produzione di etanolo dal mais, ha cominciato a mettere milioni di dollari nell'industria dello zucchero brasiliana. Monsanto nel 2007 si è associata agli zuccherifici brasiliani CanaVialis e Allelyx per sviluppare una canna da zucchero «roundup ready», cioè resistente al glifosato; poi nel novembre 2008 ha comprato le due aziende, per 280 milioni di dollari, posizionandosi come la principale azienda coltivatrice di canna da zucchero al mondo. Infine, i baroni dello zucchero brasiliano (Copersugar, Crystalsev, Cosan) stanno reinvestendo colossali flussi di investimenti stranieri - 9000 milioni di dollari solo per la produzione di etanolo dalla canna da zucchero.
Tutto questo a scapito della biodiversitá. Milioni di ettari nella regione del Cerrado brasiliano sono ormai convertite in un deserto di zucchero. Uno studio dell' industria brasiliana dello zucchero del 2009 (http://tinyurl.com/aooogg) dimostra che la meccanizzazione delle coltivazioni provocherà la perdita netta di 114.000 posti di lavoro nel solo stato di Sao Paolo in tre anni. Un altro studio (Scopinho 2005) indica inoltre che la meccanizzazione non migliora per nulla le condizioni di salute dei braccianti. Aggiungiamo che in tutta l'America Latina si osservano già oltre 43 specie di erbe selvatiche diventate resistenti al glifosato, e che quindi attaccano mais e soia «roundup ready», obbligando gli industriali a usare erbicidi supplementari, come l'altamente tossico dicamba. Insomma, l'uso di insetticidi e erbicidi nella coltivazione della canna da zucchero si è intensificato negli ultimi quattro anni - e molti zuccherifici incaricano contrattisti di applicare queste sostanze tossiche. La canna da zucchero transgenica, ci dice un sindacalista del settore, «darà un doppio colpo a lavoratori e braccianti: aumentando la loro esposizione ai pesticidi e riducendo i posti di lavoro». (di Fulvio Gioanetto)
Il Manifesto
venerdì 26 giugno 2009
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