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LA CRISI ALIMENTARE.

Non dobbiamo preoccuparci del petrolio e tantomeno della crisi del credito gestito, il vero dramma globale, dicono gli analisti, è il cibo. Sarebbe di proporzioni catastrofiche la crisi che sta per investire il settore e non solo in termini economici, è questa la denuncia che parte da Toronto dove sono in questi giorni riuniti esperti in occasione dell'annuale incontro sulle strategie e prospettive del mercato finanziario.

"Non si tratta di discutere se è un problema vero ma piuttosto quando quest'anno accadrà", ha dichiarato Donald Coxe, responsabile clienti per la BMO (global portfolio strategist). Quando accadrà, ha spiegato: "Colpirà duro". Il forte aumento del prezzo dei prodotti alimentari registrato negli anni scorsi, ha continuato, si intensificherà in futuro anche per la crescente richiesta di carne e prodotti caseari, dovute alle nuove abitudini alimentari delle nuove middle class dei paesi in espansione come India e Cina, sempre più simili nei gusti all'occidente e sempre più lontane dalla propria tradizione. A questo problema si aggiunge la sempre più massiccia domanda di biocarburanti. L'impatto di questi nuovi fattori ha già visto aumentare del 22%, nel 2007, il prezzi delle materie prime alimentari.

Questo significa, spiega Coxe, che nei prossimi sei mesi si vedrà la ricaduta di questi aumenti sul prezzo dei cibi che acquisteremo che, comunque, è già aumentato del 6.5%. Negli Usa il prezzo del frumento è già aumentato l'anno scorso del 95%. Nel mirino c'è il mais, alla base della produzione industriale dell'etanolo, cereale il cui prezzo è aumentato del 44% negli ultimi 15 mesi. Queste variazioni, è chiaro, si ripercuotono non solo sul prezzo dei carburanti a basso impatto ambientale ma soprattutto sul prezzo delle carni degli animali che vengono alimentati con i cereali. "La situazione più drammatica si verificherà nei paesi con limitate risorse alimentari - ha continuato nell'intervista il manager della BMO, citando India e Russia - e stiamo già assistendo a forme di limitazione nell'esportazione". Le nazioni con maggiori disponibilità si troveranno in una posizione privilegiata, ha concluso. Il 54% della produzione mondiale di mais proviene dal midwest Usa. (fonte: Financial Post).


Green Planet

venerdì 18 gennaio 2008


 
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