TERMINATO IL BLOCCO DEI TIR RIMANGONO INALTERATE LE CAUSE.
Terminato il blocco dei Tir, rimangono inalterate le cause alla base della mobilitazione. Il trasporto su gomma in Italia copre praticamente l’85% della movimentazione di merci nazionale e per/dall’estero. In gran parte gli operatori del settore sono i cosiddetti “padroncini” ma dietro a questo luogo comune ci sono molteplici figure, imprese individuali, lavoratori autonomi, in subappalto, effetto di una catena che, al vertice, vede invece la concentrazione di spedizionieri e operatori della logistica nelle mani di pochi gruppi industriali e multinazionali del settore (soprattutto tedesche, olandesi, francesi ma anche cinesi e di Singapore).
Questi lavoratori autonomi sono certamente strozzati da costi, condizioni di trasporto al limite di sicurezza, da mancanza di tutele e garanzie, da una concorrenza straniera, specie dall’est europa, dove vige una deregolamentazione sui mezzi di trasporto, sull’orario, sul tariffario e sui contratti appetibile anche per molte imprese italiane (non sono poche quelle che delocalizzano titolarità d’impresa oltre confine per questi “benefici”). Allo stesso tempo sono parte di un sistema che produce costi ambientali sempre più insostenibili e uno stato di costante crisi prossima al collasso della funzionalità stessa del trasporto e della mobilità delle merci: problema di fondo che le concessioni del Governo non hanno manco sfiorato, in attesa della prossima, prevedibile, crisi e ripresa della mobilitazione del settore.
Questa situazione anomala rispetto all’Europa, alla quota di trasporto merci affidata all’autotrasporto, al numero preponderante di lavoratori autonomi su quelli dipendenti è il frutto di miopia politica che viene da lontano. Ad esempio dalla scelta strategica di puntare esclusivamente sull’alta velocità ferroviaria a discapito del trasporto ferroviario locale e merci di lunga percorrenza. Ma anche dall’investimento massiccio in autostrade che attirano traffico, salvo poi abbandonare a sé stesse, in termini di sicurezza e manutenzione, quelle ritenute meno appetibili. Intanto si privatizzano quelle a maggiore profitto con la rincorsa agli utili dei pedaggi: esercizio intrapreso con grande successo dai vari gruppi finanziari e industriali italiani (vedasi il recente interesse dei Benetton per le società autostradali), favorito dalla introduzione della Legge Obiettivo, pensata proprio per consentire l’accelerazione, non tanto delle grandi opere pubbliche utili, ma di quelle a maggior profitto e redditività per imprese pubblico-private oggi imperanti nel settore infrastrutturale e dei servizi.
E’ tranquillizzante, allora, l’accordo raggiunto tra organizzazioni sindacali degli autotrasportatori e Governo? No se tutto rimane come prima, anzi se tutto continua a procedere con questa prospettiva nel settore della logistica e del trasporto merci su gomma. Non si pensi, poi, che possano essere le cosiddette “autostrade ferroviarie”, di terra e di mare, a risolvere il problema (TAV e altro: queste producono semplicemente un raddoppio dei costi e degli addetti, che rendono ancora meno competitivo il trasporto merci del Paese.
Si deve intervenire, innanzitutto, sul settore favorendo lo smembramento della concentrazione della logistica in poche mani, a favore di strutture consortili e associative in grado di riorganizzare dal basso l’uso, l’ottimizzazione dei carichi e dei percorsi. In contemporanea si dovrebbe voltare decisamente pagina negli investimenti infrastrutturali a favore del potenziamento del trasporto su rotaia, anche nei medi percorsi, e via mare e fiume. Così come si dovrebbe imprimere un deciso cambiamento sul sistema della movimentazione delle merci e della loro distribuzione sul territorio (si pensi al caso limite delle acque minerali) che implica anche un cambio negli stili di vita e di consumo.
Grandi questioni, grandi e radicali cambiamenti e investimenti ma non più derogabili anche per l’urgenza di fermare gli effetti inquinanti che questo sistema produce sull’atmosfera e sulla qualità della vita di tutti noi. (di Paolo De Marchi – consigliere provinciale Verdi Padova)
Verdi
giovedì 13 dicembre 2007
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