A pesca nella Laguna dei veleni: ecco le vongole del Petrolchimico.
Chioggia, così i pescatori di frodo intossicano le nostre tavole
Usano motoscafi potentissimi che lanciano nella notte a 40 nodi
A pesca nella Laguna dei veleni
ecco le vongole del Petrolchimico
Per Legambiente è "indispensabile alzare sbarramenti
in mare e rafforzare la sorveglianza con unità speciali".
CHIOGGIA - Il pescatore punta sicuro verso la secca. Getta l'ancora davanti
al canale dove le industrie chimiche rovesciano i loro scarichi, si guarda
intorno. E poi avvisa: "Adesso facciamo la giostra". Mette in acqua il
motore incastrato su un'asta di ferro, l'elica comincia a mulinare, scava
sul fondo sabbioso e strappa via tutto quello che c'è. La barca gira su se
stessa sollevando una melma schiumosa. E' questa la giostra. Il pescatore
cala una gabbia in mare e tira su le prime vongole. Sono spesse, gonfie
dell'acqua calda di Porto Marghera.
In meno di dieci minuti ne pesca quaranta chili. Dopo sei ore ne porta via
due, tre e forse anche quattro tonnellate. Tutte tossiche. Cariche di
diossina, di olii per il raffreddamento dei trasformatori elettrici, di
pesticidi. Fra un paio di giorni gli italiani le troveranno in pescheria.
Con tanto di marchio di provenienza. Falso. Con tanto di documento fiscale
per il trasporto. Falso. Con tanto di certificato sanitario. Falso. Con
tanti saluti dai banditi della Laguna.
Ogni notte che c'è bassa marea fanno razzia. A Fusina, a Valle Millecampi,
nell'acqua morta di Porto Marghera. E lì buttano giù le loro gabbie, le
draghe vibranti, i rastrelli rotanti, le turbo soffianti, gigantesche pompe
idrauliche. E' la grande caccia alle vongole al veleno, migliaia di
tonnellate smerciate a Milano, a Roma, a Napoli, a Genova, fino in Sicilia.
Un fatturato illegale di centinaia di milioni di euro che poi sparisce nei
casino della Slovenia o del Montenegro, in alberghi e beauty farm sulle
Dolomiti, in villaggi turistici in Thailandia.
Un racket che fa arricchire pochi e appesta tanti. E' una ciurma di
farabutti quella che si spinge nelle zone proibite fra Chioggia e
Pellestrina per catturare quelle più grosse, le più contaminate. E'
spaventosa la loro tossicità. "Le condizioni generali della laguna sono
abbastanza buone ma sono pessime vicino ai canali industriali dove,
purtroppo, molti vanno a pescare abusivamente", spiega Stefano Raccanelli,
responsabile del laboratorio del "Consorzio interuniversitario nazionale la
Chimica per l'Ambiente", un esperto che ha fatto da consulente al pm Felice
Casson nello storico processo per gli operai di Porto Marghera decimati dal
cancro. Racconta Raccanelli: "La regione Veneto ha fissato dei limiti di
tossicità, dai nostri campioni raccolti nelle acque vicino ai canali
industriali abbiamo riscontrato valori anche 45 volte superiori a quei
limiti".
Significa che per non esporsi a un rischio troppo elevato - secondo i
parametri stabiliti dall'Organismo mondiale della Sanità - un uomo che pesa
70 chilogrammi non dovrebbe mangiare in una giornata più di 14 grammi di
quelle vongole. Per dare un'idea, in un antipasto ne vengono servite dai 60
ai 100 grammi. Precisa ancora il chimico: "E' vero che le vongole non sono
cibo di ogni giorno ma queste sostanze tossiche vanno a sommarsi a tutte le
altre presenti nel latte, nelle carni, nei formaggi: tutti devono conoscere
quali sono i pericoli".
E' la sporca guerra della Laguna. Comprano barche con motori da 250 cavalli,
montano quegli attrezzi che aspirano tutto dal mare, assoldano mozzi
albanesi o rumeni e scivolano nei canali. Con due o tre pescate, in una
notte portano a casa anche 15 o 20 mila euro. Il tempo di ammucchiare
qualche tonnellata di vongole e poi la radio di bordo annuncia che bisogna
scappare. Le flotte corsare di Chioggia e di Pellestrina che fuggono con i
loro carichi e i finanzieri e i carabinieri che le rincorrono, che fanno lo
slalom fra le "bricole", i pali che segnano i canali dentro l'Alto
Adriatico. Speronamenti.
Arrembaggi. Assalti. Come una volta contro i contrabbandieri di sigarette.
Hanno vedette dappertutto. Sui moli vicino ai reparti navali dell'Arma e
della Guardia di Finanza. Sui drifting, che sono le loro imbarcazioni di
pesca. E' capitato che a fare la soffiata sia stato anche il conducente di
un vaporetto. "Sono usciti", avvertono. E quelli danno gas, volano a 40 o a
50 nodi sull'acqua.
"Intercettiamo via radio i messaggi e poi scattano gli inseguimenti", dice
il tenente colonnello Alberto Catone, comandante del reparto Aeronavale
della Finanza di Venezia. Le barche dei pescatori fuorilegge hanno radar e
motori potentissimi, quelle dei carabinieri e dei finanzieri a volte vengono
seminate. E così si alzano gli elicotteri per illuminare la Laguna, una
telecamera che dall'alto riprende la scena e i vongolari che si calano il
passamontagna sul viso per non farsi riconoscere.
Da qualche mese i finanzieri di Venezia si sono però fatti costruire
un'imbarcazione speciale. Il nome tecnico è "Bso", battello di servizio
operativo: è un incrocio fra un gommone e un motoscafo. E' velocissimo,
piatto, riesce a sfrecciare anche in fondali di appena quaranta centimetri.
E' l'arma segreta contro i banditi della Laguna.
Solo nel 2006 ne hanno denunciati quasi trecento. Dal 2004 ne hanno
arrestati più di cento. Tutti accusati di danneggiamento ambientale. Pagano
una multa, la notte dopo sono ancora alla Fossa della Magra o a Porto
Marghera a depredare il mare. Restano in galera qualche mese solo quando
finiscono imbrigliati - e ormai avviene sempre più di frequente - in
un'indagine per associazione a delinquere. Quando fanno cosca. Pescatori di
frodo e grossisti e presidenti di cooperative ittiche tutti insieme, tutti a
trafficare con le vongole. Qualche mese fa i carabinieri di Venezia ne hanno
presi sei che in poche settimane ne avevano vendute 187 mila chili, poco più
di un milione e mezzo di euro l'incasso cash.
C'è chi le pesca anche nelle acque vietate e poi le riversa nei recinti
regolari, allevamenti di aziende "amiche" che ne attestano la lecita
provenienza. Un ettaro di Laguna che può produrre al massimo qualche
quintale l'anno, così ne sforna decine di tonnellate. Carte contraffatte.
Come quelle trovate anche in alcuni centri di depurazione, vongole piene di
"octadiossine" e "octafuranici" le hanno fatte diventare pulite con
certificati di Asl taroccati. "E' un business che fa far soldi come la
droga, quelli non sono pescatori ma criminali", accusa Guglielmo Donadello,
responsabile di Legambiente per l'agricoltura e gli allevamenti ittici.
Lancia la sua provocazione: "Sono contro la violenza ma dovrebbero minare le
zone dove vanno a pescare illegalmente". E la sua proposta: "Alzare
sbarramenti in mezzo al mare, rafforzare la sorveglianza, creare un'unità
speciale per la vigilanza della Laguna".
Hanno compari dappertutto i vongolari di Chioggia. Dalla fine dell'anno
scorso però si sono fatti più guardinghi. Prelevano le loro dieci o venti
tonnellate a notte e poi le sbarcano a terra, da qualche parte sulla
"Romea", la statale che dal Veneto scende verso la Romagna. I furgoni sono
già lì. Caricano e partono. La mattina dopo la vongola al veleno è servita
sui piatti degli italiani.
Arraffano tutto quello che trovano in fondo al mare, accumulano ricchezze
ragguardevoli. Si dice che uno di loro abbia comprato "un monte intero"
vicino a Cortina. Di un altro raccontano dei suoi nuovi soci, appena
arrivati dalla Calabria. Di un terzo si sussurra che abbia intestato tutti i
suoi averi a prestanome. E' il più danaroso di tutti e risulta nullatenente.
Truffano, corrompono, minacciano. E' un far West la Laguna. "Mai avuto una
soffiata, è una struttura chiusa quella del clan dei vongolari", spiega il
colonnello Alberto Mosca, il comandante dei carabinieri di Venezia. E
racconta ancora il tenente colonnello Catone mentre ci fa vedere nel
deposito della stazione navale della Finanza tutte le gabbie e le draghe
sequestrate: "Una parte di quelle pescate nelle acque proibite viene immessa
in zona grazie a una rete di operatori disonesti, un'altra parte viene
trasferita su camion frigoriferi nel resto d'Italia. A ristoratori, a
pescherie, a commercianti all'ingrosso". I fuorilegge travestiti da
pescatori sono meno del 30 per cento della marineria di Chioggia. E si
appropriano di più del 70 per cento del pescato. Sono quelli che strozzano
tutti gli altri. Li ricattano, impongono i prezzi, decidono le sorti delle
cooperative di pesca. Dettano le regole del mercato.
Ogni tanto ci scappa anche il morto. Un regolamento di conti. Uno scontro a
fuoco. I ragazzi che si schiantano di notte sulle "bricole", quei pali
disseminati nella Laguna. E' sempre durante gli inseguimenti. Se li
ritrovano davanti all'ultimo istante, di notte a luci spente. (fonte: La Repubblica - dall'inviato ATTILIO BOLZONI)
La Repubblica
domenica 22 aprile 2007
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