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IN VINO VERITAS, se bio salus.

Il vino, bevanda deliziosa al palato e all'odorato, generosa, che riscalda il cuore e da gioia allo stare insieme; millenaria fonte di allegria, celebrato attraverso i secoli ed associato all'amicizia, al successo e alla gioia di vivere potrebbe contenere delle sostanze che possono guastare la salute. Benefici in dosi moderate, ottimi per la circolazione, il cuore, l'umore e l'appetito, i vini possono assorbire i prodotti con i quali vengono coltivate le vigne e irrorate le viti.

Si ipotizza che la vite già esistesse in Toscana in epoca preistorica e si sviluppò la coltivazione in tutto il bacino del mediterraneo e medio oriente, gli Assiri furono i primi a commercializzare il vino scambiandolo con le popolazioni limitrofe, gli Egizi lo veneravano come simbolo di vita e di forza e gli Etruschi lo versavano sul fuoco per donarlo agli Dei. I greci divennero abili produttori e conservavano il vino in grandi giare che aprivano solo in occasioni delle feste. Francesi ed Italiani lo resero celebre in tutto il mondo. Alla fine dell'800 arriva dall'america un insetto e un fungo che rivoluziona l'intera viticoltura europea. L'insetto attacca le radici, in breve tempo porta al disseccamento della pianta e in pochi anni l'intero patrimonio viticolo del vecchio continente è quasi distrutto. Fortunatamente qualcuno osserva che l'insetto attaccava solo le viti europee e non quelle americane con le quali aveva evidentemente trovato una mutua simbiosi. Si prendono le radici delle viti americane, si innesta sopra la vite europea e così si salvano le centinaia di cultiva europee. Tutt'ora le viti che si coltivano in Europa portano l'apparato radicale americano (portinnesto). Il fungo noto come peronospora della vite si sviluppa sulle foglie, sugli apici e sui grappoli e li dissecca. Con il rame si riesce a controllarlo. Nei tempi moderni la coltivazione convenzionale dei vigneti si avvale dell'uso massiccio di pesticidi, diserbanti e insetticidi. La vite, insieme al cotone, è una delle colture che consuma la parte più consistente delle sostanze chimiche prodotte nel pianeta (insieme circa il 65%) Nell'impianto e nella coltivazione delle vigne convenzionali si usano concimi di sintesi per apportare azoto, fosforo, potassio e microelementi. Nella cura contro le molteplici malattie (vecchie e nuove) provocate da funghi e insetti e dall'indebolimento generale delle piante, si usano decine e decine di sostanze chimiche, di origine sintetica, diverse. Esse si suddividono in tre grandi gruppi, a secondo della funzione. Ditiocarbammati, tioftalimidici, dicarbossimidici, cianoderivati, organo fosfati che agiscono per contatto, sistemici, invece, penetrano nei tessuti delle foglie e hanno un'azione prolungata nel tempo, ma sono anche i più dannosi per la loro persistenza. Sono ben 103 i principi attivi che si utilizzano e che gli enti di certificazione del il biologico cercano nelle analisi dei i vini da uve biologiche, per certificarne l'effettiva applicazione dei paramentri "BIO". Anche nella fase di trasformazione delle uve non si scherza, il vino è uno dei pochi prodotti che oltre a non recare la data di scadenza (anche se molti vini si possono facilmente invecchiare, altri invece molto meno) neppure riporta l'elenco degli ingredienti e le sostanze usate nel processo di trasformazione. Dagli innocui caolino e bentonite (argille) fino all'isosolfociannato di allile veicolato in paraffina o al ferrocianuro di potassio (fortunatamente in disuso) usato per demetalizzare i vini, (tappo corona) enzimi OGM, attivatori di fermentazione, correttori di acidità, coadiuvanti come il polivinilpiralidone, carboni decoloranti e deodoranti. Per ultima, la regina degli additivi, l'anidride solforosa: spesso definita come "il male indispensabile" ma di cui sono stati verificati gli effetti tossicologici. Riconoscibile dopo la degustazione con il classico cerchio alla testa (quando in eccesso) è usato come conservante, battericida, inibente della fermentazione. È quella sostanza che ha permesso ai moderni alchimisti (enologi) di creare vini brillanti, pallidi ma profumatissimi, conservandoli senza che il tempo ne alteri negativamente le caratteristiche. Nella conduzione della viticoltura biologica si concima con sostanze organiche e minerali non di sintesi oppure con sovesci di leguminose. "Concimare elusivamente con concimi chimici equivale ad essere costantemente alimentati da una flebo" in questo modo un agronomo biologico definisce il modo di conduzione convenzionale. Per la difesa della vite coltivata con metodo biologico i fitofarmaci usati sono: ossicloruro di rame, fitoil (lecitina di soia), zolfo in polvere, zolfo bagnabile, alga marina, piretro di estrazione naturale, propoli, bentonite e per chi lavora col metodo biodinamico si usano anche i preparati (sostanze, vegetali e animali, che vengono attivate attraverso processi cosmici e che hanno azioni benefiche sul terreno e sulle piante). La produzione è inferiore del 20-30% rispetto alla conduzione convenzionale, ma la qualità e la salubrità è nettamente superiore. I trattamenti contro peronospora (fungo) sono fatti con integrazione di propoli per ridurre le quantità di rame e di zolfo. Contro l'oidio (fungo) si usa zolfo in polvere ventilato e/o bagnabile e bentonite. Contro alcuni insetti come la tignola viene usato il bacillus turingensis (il bacillo distrugge il ciclo riproduttivo), il piretro naturale contro l'agente della flavescenza (Scafoideus Titanus) La raccolta delle uve viene fatta manualmente, in cassoni, e trasportata in modo celere in cantina. L'uva viene pigiadiraspata e pressata delicatamente con una pressa sottovuoto. L'intero processo di fermentazione viene regolato con il controllo della temperatura e non con aggiunta di anidride solforosa. Non sono usate sostanze di origine sintetica, ne enzimi o lieviti OGM. Il livello massimo utilizzato per l'anidride solforosa è un terzo di quello dei vini convenzionali e in genere si aggiunge nella fase di imbottigliamento. Infatti, le dosi massime consentite nei i vini convenzionali sono,160 ml/l per i rossi e 200 per i bianchi mentre nei i vini da uve biologiche 60 ml/l per i rossi e 80 per i bianchi. Per i vini senza anidride solforosa, (vero prodotto innovativo) deve essere riportato la dicitura "no sulfites added" in etichetta e sostenuto con un certificato di analisi. Anche il tappo deve essere di origine biologica non sottoposto a lavaggi con cloro, non colorati, non sbiancati o sottoposti a radiazioni, non di materiale plastico e le etichette prive di metalli pesanti.

Nei vini convenzionali sono inevitabilmente presenti i residui di antibotritici. Inoltre nella conduzione convenzionale spesso si attua la raccolta meccanizzata per mezzo aspirante (sempre più diffusa) dove inevitabilmente entrano a contatto con il mosto, foglie, tralci, insetti e quant'altro si trovi sulla pianta. Senza addentrarci ulteriormente nella produzione viticola classica, possiamo affermare che l'attenzione nella produzione dei vini in generale è migliorata di molto, specialmente con la crescita costante delle produzioni biologiche. Inoltre negli ultimi decenni il cambiamento delle abitudini alimentari, dei nuovi stili di vita hanno ridotto il consumo di vino pro capite da 120 litri a meno di 50 litri. Si beve meno, ma quello che risulta chiaro è che si può bere meglio. Mediamente la competenza enologica dei negozianti specializzati in biologico è contenuta, e la GDO sta solo ora inserendo il prodotto nei suoi assortimenti. Nella ristorazione e nella distribuzione specializzata (enoteche, wine bar, ecc) la presenza del vino biologico è limitata. Il commercio del vino tradizionale sembra avere paura del vino biologico certificato, dicono: "non ci crediamo, noi vendiamo vino buono e basta" e molti viticoltori biologici sono "costretti" a vendere nelle enoteche senza la certificazione per evitare ostacoli. Molti tra i vini biologici degli anni 70 e 80, pur brillando per buona volontà e aspetti salutistici, erano "debolucci" sui valori organolettici, ma le cose sono cambiate e di molto. Per tacitare i più dubbiosi, sono le medaglie e i riconoscimenti che dimostrano la qualità dei vini biologici che i produttori migliori collezionano nei principali concorsi vinicoli nazionali e internazionali. Per limitarci al 2002 sono biologiche alcune medaglie di metallo pregiato al Douja d'or, al Concours Mondial de Bruxelles, al Japan Wine Challenge di Tokio, al Vinitaly di Verona, al Mundus vini di Neustadt, punteggi siderali attribuiti dalla bibbia Wine Spector, i 5 grappoli d'oro dell'Associazione Italiana Somelier e via brindando. Interessante il riconoscimento di miglior rapporto qualità prezzo del Gambero Rosso. Ristorazione e distribuzione di vino di qualità cancellino la memoria di qualche bottiglia sbagliata del passato: la produzione nazionale vede ora bottiglie di assoluta eccellenza, su un tessuto medio di prodotti in grado di competere sul mercato. Attualmente l'80% del vino da uve biologiche prodotto in Italia va all'estero dove l'attenzione per i prodotti biologici è più sentita. Il nostro augurio è che anche in Italia, culla del vino buono, del sole, delle colline ricoperte di vigne, si cominci a dare attenzione al vino con certificazione biologica per valorizzarne la qualità, la conduzione ecologica della vigna e in generale, del territorio. Il vino biologico fa bene alla salute se accompagnato ai pasti e in dosi moderate, lo affermano anche medici qualificati. Fa anche bene allo spirito se bevuto con coscienza. Inoltre fa molto bene alle campagne perché la vite è la seconda coltura per consumo di antiparassitari e concimi chimici del pianeta (dopo il cotone) Richiedete ovunque siate, al ristorante, al bar, nei negozi, vini da uve biologiche. Gian Antonio Nalin Posocco Enotecnico È possibile scaricare da internet (www.aiab.it) il disciplinare per la vinificazione dei vini bio.


www.mondobiologicoitaliano.it

martedì 23 gennaio 2007


 
News

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