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«Anche l'acqua ad uso potabile in Lombardia è contaminata dai Pfas»: l'indagine-denuncia di Greenpeace Italia. I gestori: «Nessun allarme, controllata e sicura».

(di Silvia Morosi – corriere.it - 18 maggio 2023) Greenpeace ha ideato una mappa delle sostanze chimiche artificiali altamente persistenti negli acquedotti lombardi. Maglia nera alla provincia di Lodi. A Milano poco meno di un campione su tre è risultato contaminato. La replica dei gestori: «Bevete serenamente l’acqua del rubinetto» Introdotte sul mercato globale a metà del secolo scorso, hanno trovato ampia applicazione perché idrorepellenti, stabili e resistenti alle alte temperature. Una volta disperse in natura, però, sono estremamente resistenti, tanto da essere state definite anche "inquinanti eterni". I PFAS - acronimo inglese di PerFluorinated Alkylated Substances –(https://www.corriere.it/salute/23_maggio_18/pfas-acqua-cosa-sono-perche-sono-pericolosi-22141af4-f54e-11ed-aaca-ae87232f956c.shtml) sono infatti sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, che contengono almeno un atomo di carbonio. Una nuova indagine di Greenpeace Italia ha mostrato la loro presenza anche nelle acque lombarde destinate al consumo umano. Con conseguenti problemi per la salute (https://www.corriere.it/salute/19_febbraio_28/pfas-rischi-salute-reali-scheda-08274836-3b31-11e9-93f1-9df6eb3103e9.shtml#:~:text=In%20una%20conferenza%20tenuta%20a,fluorurati%20sin%20dagli%20anni%20Sessanta.). Lo studio è stato condotto grazie a numerose richieste di accesso agli atti (FOIA) indirizzate a tutte le ATS (Agenzia di Tutela della Salute) e agli enti gestori delle acque potabili lombarde: dei circa 4mila campioni analizzati dagli enti preposti tra il 2018 e il 2022, circa il 19% del totale (pari a 738 campioni) è risultato positivo alla presenza di PFAS. «Un inquinamento che rischia di essere molto sottostimato, se si considera che le analisi condotte finora sono parziali e non capillari. Si può dire, quindi, con certezza che sono migliaia i cittadini lombardi che, dal 2018, hanno inconsapevolmente bevuto acqua contenente PFAS, usata anche per cucinare o irrigare campi e giardini», chiarisce Greenpeace Italia (a questo link è possibile consultare tutti i rapporti di analisi che Greenpeace Italia ha ricevuto da gestori delle acque e ATS nell’ambito di questa inchiesta) (https://greenpeace.it/PFAS_Greenpeace/campionamenti.zip).

LA STORIA E I COSTI - «L’indagine condotta in Lombardia svela l’esistenza di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo», spiega al Corriere Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Dai cosmetici ai capi di abbigliamento impermeabili, dalle padelle antiaderenti agli imballaggi in carta (https://www.corriere.it/cronache/23_febbraio_23/i-pfas-sono-ovunque-17-mila-siti-contaminati-dall-inquinante-eterno-padelle-antiaderenti-3cdb9ecc-b36b-11ed-bb54-62b5b0013085.shtml), i PFAS sono un ampio gruppo gruppo di sostanze chimiche di sintesi - secondo alcuni sono oltre 10mila - impiegate dagli anni ’40 del Novecento in vari comparti industriali. Una delle primissime applicazioni fu il progetto Manhattan, quello che poi portò alla creazione della bomba atomica. Da allora vengono utilizzate ovunque, tanto che studi scientifici recenti ci dicono che per queste sostanze è stato superato il corrispondente limite planetario. Perché si ritrovano, ormai, in ogni angolo del globo: dalle calotte polari al latte materno delle orse, dal nostro cibo, nell'aria che respiriamo e anche nella pioggia. L'inquinamento generato è, insomma, fuori controllo», aggiunge, ricordando come l'esposizione è stata associata a una serie di effetti negativi sulla salute (problemi alla tiroide, danni al fegato e al sistema immunitario, obesità, diabete, elevati livelli di colesterolo, ...). «Oggi sappiamo che, secondo le stime di alcuni enti del Nord Europa, l'inazione politica ha dei costi ambientali e sanitari stimabili per tutti i Paesi europei, pari a 52-84 miliardi di euro l'anno. Costi a carico della collettività, destinati ad aumentare se queste sostanze continuano a essere utilizzate». LA SITUAZIONE IN LOMBARDIA - Greenpeace Italia ha fornito una mappatura (disponibile su questo sito - https://public.tableau.com/app/profile/greenpeace.italy/viz/PFAS_Lombardia/PFAS_COMUNI ) per controllare gli esiti delle indagini e verificare quanti campioni di acqua a uso potabile non rispettano i valori limite più cautelativi proposti in altre nazioni come negli Stati Uniti (il 13,1%) o quelli vigenti in Danimarca (il 13,4%). Il record negativo è detenuto dalla provincia di Lodi, con l’84,8% dei campioni risultato positivo alla presenza di PFAS; seguono le province di Bergamo e Como, rispettivamente con il 60,6% e il 41,2%. L’area milanese si attesta a metà classifica, con un quinto delle analisi positive. Tuttavia, in termini assoluti, la provincia di Milano (dove si registra anche un numero più elevato di analisi effettuate) ha il triste primato del maggior numero di campioni in cui sono stati rilevati PFAS (ben 201), seguita dalle province di Brescia (149) (https://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/23_marzo_11/ecco-la-mappa-delle-contaminazione-da-pfas-nelle-acque-tra-brescia-e-provincia-1ea23582-155f-4461-9c8d-e161a942fxlk.shtml) e Bergamo (129). Particolari criticità emergono anche nei comuni di Crema (CR), Crespiatica (LO), Pontirolo Nuovo (BG), Rescaldina (MI) e nella zona di Cantù-Mariano Comense (CO). In particolare qui si trova l’elenco dei cento comuni (https://www.greenpeace.org/static/planet4-italy-stateless/2023/05/448fcf37-i-primi-cento-comuni.pdf) in cui sono stati trovati i valori di contaminazione più elevati. LA REPLICA DEI GESTORI - L’acqua del rubinetto si può bere, salvo allerte diramate dalle Asl, perché è controllata. Le verifiche compiute presso gli enti gestori del servizio idrico in Lombardia «sgombrano - però - il campo da qualunque tipo di allarmismo sulla salute pubblica. L’acqua che esce dai rubinetti non è affatto pericolosa», garantiscono da Water Alliance, la rete che unisce i gestori regionali. «Sono proprio i costanti controlli effettuati dalla rete dei laboratori dei singoli retisti a consentire di conoscere con precisione la qualità dell'acqua. Da tempo i gestori del servizio idrico sono impegnati sul fronte della sicurezza e della riduzione dei PFAS nell'acque di falda che non va confusa con quella che beviamo: prima di uscire dal rubinetto, l'acqua viene infatti sottoposta a un capillare processo di potabilizzazione che esclude qualsiasi danno per la salute. Bevete serenamente l’acqua del rubinetto», ribadiscono i gestori, perché «oltre a essere totalmente sicura, è una scelta che aiuta a risparmiare e a ridurre il consumo di plastica». Da tempo i gestori del servizio idrico – dichiara Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) - «hanno messo sotto controllo e monitorato la presenza di PFAS nelle acque di falda. Da quando è nota la pericolosità di questi composti, i gestori hanno avviato investimenti importanti e analisi continuative per testarne la presenza in falda e prendere i provvedimenti del caso a tutela dei cittadini. Se è senza dubbio necessaria una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i PFAS, è il caso ribadire che la qualità dell’acqua del rubinetto in Italia è tra le migliori d’Europa. Dietro l’acqua che esce dal rubinetto c’è un lungo lavoro che parte con la captazione e prosegue con la potabilizzazione, il trasporto, la distribuzione, la fognatura e la depurazione, per restituirla all’ambiente pronta per rientrare in circolo. Un esempio virtuoso di economia circolare, con migliaia di controlli di qualità giornalieri e una filiera che occupa oltre 100mila persone per garantire ai cittadini un’acqua sicura, ecologica ed economica».

IL PUNTO DI MM - Con riferimento all’iniziativa di Greenpeace che ha raccolto i dati di analisi dei campioni di acqua in Lombardia, «MM Spa rileva con continuità da alcuni anni anche i parametri PFOS, PFOA e somma di altri PFAS nel proprio Piano di Autocontrollo, ben prima che questi fossero espressamente previsti dalla normativa, proprio per prevenire eventuali contaminazioni e garantire un’alta qualità dell’acqua potabile. I risultati delle analisi nei 335 campioni d’acqua destinata al consumo umano prelevati nella città di Milano nel 2021 e 2022 (risultati forniti a Greenpeace) sono assolutamente confortanti e confermano che i valori rilevati di queste sostanze sono assenti o ampiamente inferiori rispetto a quanto previsto dalla Direttiva UE 2184 (= 0,1 microgrammi litro come “Somma di PFAS”). L’acqua di Milano è quindi controllata e sicura, e rispetta anche le più severe normative europee». IL CASO VENETO - Seppure allarmanti, le contaminazioni riscontrate in Lombardia sono quasi ovunque di gran lunga inferiori a quelle registrate in Veneto nel 2013, quando fu scoperta l’emergenza locale PFAS grazie a uno studio del CNR-IRSA. Indagini successive avrebbero accertato come principale responsabile della contaminazione l’azienda chimica Miteni di Trissino (VI) - nel frattempo fallita - che sin dagli anni Sessanta aveva prodotto questi composti chimici. In ambito giudiziario tredici tra i suoi manager sono stati nel frattempo imputati in un processo per avvelenamento delle acque e disastro innominato. Quello in Veneto è uno dei casi più gravi di contaminazione in Europa, con un’estensione di oltre 150 chilometri quadrati e il coinvolgimento di oltre 350mila persone. Nonostante la gravità della situazione, ancora oggi l’inquinamento continua a propagarsi dalla sede di Miteni, visto che non è stata mai realizzata una vera bonifica del sito contaminato.

LE RICHIESTE ALLA REGIONE E AL GOVERNO - Tuttavia, non si deve dimenticare che in accordo con le più recenti evidenze scientifiche, i PFAS sono considerate sostanze potenzialmente pericolose per la salute umana a qualsiasi concentrazione (https://www.eea.europa.eu/publications/emerging-chemical-risks-in-europe), ma utilizzate dato che non esiste una legge che ne vieti la produzione e l'utilizzo in Italia. L’unico valore cautelativo è la loro completa assenza nell’acqua destinata al consumo umano, negli alimenti, nel suolo e nell’aria. Greenpeace Italia chiede alla Regione Lombardia di individuare tutte le fonti inquinanti, al fine di bloccare l’inquinamento all’origine e riconvertire le produzioni industriali che ancora utilizzano queste sostanze. «È necessario varare un piano di monitoraggio regionale sulla presenza di PFAS nelle acque potabili, rendendo disponibili alla collettività gli esiti delle analisi, e garantire il diritto della cittadinanza a disporre di acqua pulita e non contaminata», chiarisce Ungherese. La Regione deve, in particolare, «mettere in sicurezza gli acquedotti avviando una serie di controlli capillari e promuovendo un piando di riconversione industriale. La migliore scelta è fare in modo che la contaminazione non peggiori, quindi vietare l'uso di queste sostanze per la maggior parte delle quali esistono alternative più sicure e di minore impatto ambientale», evidenzia. «Si tratta di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo. Governo, Parlamento e ministeri competenti devono assumersi le proprie responsabilità varando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i PFAS, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili dell’inquinamento». LEGGI ANCHE • Pfas nell’acqua in Lombardia: cosa sono e perché sono pericolosi (https://www.corriere.it/salute/23_maggio_18/pfas-acqua-cosa-sono-perche-sono-pericolosi-22141af4-f54e-11ed-aaca-ae87232f956c.shtml) • I «Pfas» sono ovunque: 17 mila i siti contaminati dall’inquinante «eterno» delle padelle antiaderenti (https://www.corriere.it/cronache/23_febbraio_23/i-pfas-sono-ovunque-17-mila-siti-contaminati-dall-inquinante-eterno-padelle-antiaderenti-3cdb9ecc-b36b-11ed-bb54-62b5b0013085.shtml)
https://milano.corriere.it/

venerdì 19 maggio 2023


 
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