La strage degli alberi: una specie su tre rischia l’estinzione.
Agricoltura, disboscamento e cambiamenti climatici le cause. Uno studio britannico lancia
l’allarme: una sciagura per l’uomo.
Anche il mondo vegetale, alla base della vita sul pianeta, è al collasso: da un terzo alla metà delle specie
arboree mondiali rischia l’estinzione in natura, dice un drammatico report del celebre Royal Botanic Kew
Gardens di Londra, tempio della botanica e della ricerca internazionale. E lancia un appello per
un’azione urgente, che inverta il declino.
Lo studio si intitola «State of the World's Trees»: secondo i ricercatori almeno il 30% delle 60.000 specie
di alberi conosciute rischia di scomparire (il doppio del numero di mammiferi, uccelli, anfibi e rettili
minacciati messi insieme); 142 specie sono già scomparse allo stato selvatico mentre 442 sono sull'orlo
dell’estinzione, con meno di 50 alberi rimasti.
Il Madagascar conta il numero di specie arboree più minacciate (sono 1.842), il Brasile è al secondo
posto con 1.788 specie, tra le quali il mogano a foglia grande, il palissandro e l’eugenia, sempreverde
che appartiene alla famiglia delle Myrtaceae. In Cina, la sesta nazione più ricca di biodiversità al mondo,
magnolia, camelia e acero sono tra le 890 specie a rischio. Particolarmente colpiti gli Stati insulari
tropicali, il Borneo ad esempio, e le specie come l’ebano e il palissandro; il “genocidio” dei grandi alberi
tropicali del genere dipterocarpus sta avvenendo a causa dell’espansione delle piantagioni di olio di
palma; anche in Europa, relativamente povera in termini di diversità naturale, si è registrato un
preoccupante calo di una specie antica e anche un po’ “magica” come il sorbo.
Le cause del disastro - le piante rappresentano la spina dorsale dell’ecosistema naturale - sono
l’agricoltura industriale e intensiva, il disboscamento (legato anche all'allevamento e all’eccessivo
consumo di carne, ovvero all'estensione dei pascoli), il cambiamento climatico con i suoi fenomeni
metereologici estremi - l’alternanza di siccità e inondazioni sotto gli occhi di tutti, che provocano migliaia
di vittime e giganteschi danni economici - e la ricerca di materie prime, sette delle quali (soia, cacao,
gomma ad esempio), determinano più della metà della deforestazione mondiale.
I rimedi? Occorre preservare le foreste esistenti, dicono gli esperti, e ampliare le aree protette
(attualmente almeno il 64% di tutte le specie arboree si trova in almeno un'area protetta). Occorre
mantenere le specie minacciate negli orti botanici o nelle banche di semi, nella speranza che un giorno
possano essere restituite allo stato selvatico. Attualmente circa il 30% di tutti gli alberi viene sottoposto
a questa specie di backup: i Kew Gardens, orto botanico della città di Londra, sono anche una Banca dei
semi preziosissima - è il Millennium Seed Bank Project - a tutela della biodiversità. Si estendono per 130
ettari sulla riva sud del Tamigi con giardini, serre, musei e monumenti, ospitano oltre 40 mila specie e
varietà di piante provenienti da ogni parte del mondo, replicano con sofisticate tecnologie i climi che ne
consentono la sopravvivenza. Altrettanto importante, sottolineano i ricercatori, è aumentare i fondi per
la conservazione degli alberi ed educare e fornire l’adeguato know-how agli Stati più affinché i
programmi di riforestazione siano condotti scientificamente: l’albero giusto al posto giusto, comprese le
specie rare e minacciate.
Se il declino vegetale proseguirà, gli effetti a catena saranno devastanti anche per gli umani. Gli alberi
sono “banche” di carbonio e produttrici di ossigeno, forniscono medicinali (anche contro virus come il
Covid), garantiscono cibo e ombra, nelle metropoli sono barriera contro le polveri e l’inquinamento
acustico. Senza contare il valore culturale, simbolico e spirituale. Sono i pilastri di un ecosistema sano,
insomma. Senza di loro, insetti, uccelli e mammiferi non potrebbero sopravvivere.
Da un numero ridottissimo di specie vegetali deriva il nostro approvvigionamento alimentare, la metà
della popolazione mondiale dipende da riso, mais e grano; solo 15 piante forniscono il 90% di tutte le
calorie. Ma di piante commestibili esistono oltre 7.000 specie - è una buona notizia - e in futuro
potremmo utilizzarle: sono in gran parte nutrienti, robuste, a basso rischio di estinzione. Peccato che
vengano storicamente usate come cibo solo a livello locale, che solo il 6% venga coltivato in modo
significativo. Utilizzare questo paniere di risorse per rendere i sistemi di produzione alimentare più
diversificati e resilienti al cambiamento è un dovere morale, dicono gli studiosi.
Il futuro - con una popolazione mondiale che entro il 2050 toccherà i 10 miliardi, della bomba
demografica non si parla abbastanza - è lì, nelle piante.
(di Carlo Grande (La Stampa, 02/08/2021))
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sabato 4 settembre 2021
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