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Prosciutto di San Daniele, la proposta del nuovo disciplinare non ferma la grande frode e non garantisce la qualità.

La perdita della Dop. Questo è il rischio che corrono il prosciutto di San Daniele e di Parma alle prese da anni con frodi e furberie che hanno portato negli ultimi 12 mesi al sequestro e alla smarchiatura di 1,2 milioni di cosce e al blocco nei centri di stagionatura di altre 2,3 milioni circa che dovrebbero essere presto smarchiate. Una grande truffa che Il Fatto Alimentare ha segnalato più volte, in opposizione al silenzio degli media e dei soggetti coinvolti nella vicenda, preoccupati di minimizzare le dimensioni dello scandalo ai consumatori. Per evitare il collasso della filiera pochi giorni fa il Consorzio del prosciutto di Parma ha deciso di modificare il disciplinare e di rivedere il piano di controllo. La stessa cosa sta portando avanti il Consorzio del prosciutto di San Daniele che da mesi lavora a una revisione del disciplinare. Il nuovo testo dovrebbe permettere di neutralizzare le furberie messe a punto dagli allevatori con il benestare dei macellatori, la distrazione dei certificatori dell’Istituto Parma qualità (IPq) e Ifcq certificazione e l’ingenuità dei consorzi. Se davvero esiste questa volontà, occorre introdurre nei disciplinari e nei piani di controllo elementi precisi in grado di impedire l’utilizzo da parte degli allevatori di razze a crescita rapida (grazie all’inseminazione delle scrofe con il seme di un Duroc danese o di altri genotipi non permessi). Gli animali di razze a crescita rapida vietate devono essere alimentati con mangimi altamente proteici e raggiungono il peso ideale di 160 kg (+/- 10%) 30-60 giorni prima rispetto ai nove mesi previsti dai disciplinari. Il vantaggio economico è rilevante perché si riducono notevolmente le spese di vitto e alloggio dei suini.

La tesi difensiva di macellatori, controllori e persino dei prosciuttifici è che la grande truffa sia sfuggita, perché non era possibile riconoscere le cosce di Duroc danese da quelle di razze di suino pesante italiano. La conseguenza è stata considerare il sovrappeso registrato dalle partite al momento del macello come una non conformità lieve correlata a molte ragioni (benessere animale, tipo di alimentazione, variazione genetica dei suini…). Per questo motivo tutte le cosce in sovrappeso venivano avviate al circuito Dop. Attualmente ci sono oltre 2 milioni di cosce di dubbia provenienza che secondo alcuni addetti ai lavori dovrebbero essere smarchiate, mentre i consorzi le considerano adatte ad essere vendute come prosciutto Dop. I nuovi disciplinari, per garantire che il prosciutto Dop sia ottenuto da suini pesanti e quindi assicurare ai consumatori la qualità, devono prevedere alcune cose. La prima è verificare il codice dei verri (cosa impossibile da fare nel 50% dei casi, come è stato segnalato all’Icqrf del Mipaaft qualche mese fa). Se non si può fare la verifica, bisogna escludere l’allevamento dal circuito Dop per sei mesi come minimo. La seconda cosa è marchiare l’orecchio di tutti i maialini appena nati prima di lasciare la sala parto (dopo 28 giorni circa), con un tatuaggio relativo alla settimana di nascita. In questo modo si può controllare la congruità con il secondo tatuaggio impresso sulla coscia quando sono più grandicelli. La furberia degli allevatori che usano razze di animali a crescita rapida è tatuare sulla coscia del suinetto una data di nascita falsa, antecedente di uno o due mesi quella vera. In questo modo i maiali crescendo velocemente arrivano al peso ideale di 160 kg (+/- 10%) uno o due mesi prima e nessuno se ne accorge. Imponendo il tatuaggio in sala parto il problema è risolto, perché durante il controllo qualsiasi ispettore è in grado di rilevare se i maialini riportano una data di nascita anticipata di 30-60 giorni. Se in un allevamento l’ispettore riscontra nell’area di svezzamento maialini non marchiati deve scattare una sospensione dal circuito Dop di almeno sei mesi e prevedere provvedimenti molto più severi in caso di recidiva. Fino ad ora gli enti certificatori non hanno fatto questi controlli o li hanno fatti con un certo lassismo e la truffa è andata avanti indisturbata.

Un’altra cosa che si può richiedere agli allevatori è l’invio settimanale all’ente certificatore del numero di maialini nati e tatuati, dichiarando il codice dei genitori. La cosa fondamentale è garantire attraverso i nuovi piani di controllo e il nuovo disciplinare il rispetto dell’età del suino e il rapporto età/peso di macellazione, il requisito principe della qualità del prosciutto italiano. Permettere la macellazi0ne di suini con un peso maggiore come chiedono alcuni può essere una buona idea, ma solo se si è sicuri della data di nascita e se si porta l’età della macellazione a 10 mesi. In questo caso si potrebbe anche elevare il peso massimo medio delle partite di 15 kg arrivando a 175 kg (+/- 10%). Basterebbe adottare e applicare in modo rigoroso queste regole (in parte già previste), per risolvere il problema dei falsi prosciutti Dop. Il sistema funziona perché i maiali di razze a crescita rapida incrementano il peso giornaliero di un etto in più al giorno rispetto al suino di razza pesante italiana. Alla fine dei nove mesi gli animali superano i 200 kg e la partita deve essere automaticamente respinta dal circuito Dop. Se l’allevatore decide di dare ai maiali di Duroc danese una razione di cibo insufficiente per non farlo crescere troppo, l’animale dopo nove mesi non ha lo strato di grasso necessario per sostenere la lunga stagionatura dei prosciutti Dop e verrebbe scartato dal macello. A questo punto la frode perderebbe di attrattiva mancando il vantaggio economico. L’assenza di queste regole nei nuovi disciplinari è un indice che metterebbe in cattiva luce chi fino ad ora ha sostenuto di voler difendere la qualità del prosciutto e di volere porre fine alla stagione di Prosciuttopoli. La proposta di modifica del disciplinare portata avanti dal Consorzio del prosciutto di San Daniele però è ben lontana da questi principi. Il testo introduce un elemento nuovo che sembra andare nella direzione opposta rispetto alla tutela della qualità e dell’assenza di frodi. La proposta introduce per la prima volta il valore di 168 kg come peso medio massimo della carcassa del maiale al macello dopo nove mesi (senza sangue e senza interiora). Questo vuol dire accettare come buone partite di suini vivi che pesano mediamente oltre 200 kg, autorizzando l’ingresso nel circuito di razze a crescita veloce. Questo discorso andrebbe bene se la macellazione avvenisse dopo 10 mesi.

Accettare le modifiche sarebbe un vero disastro per il prosciutto Dop italiano. L’augurio è che l’ipotesi venga accantonata altrimenti si prefigurerebbe un’ennesima furberia per prendere in giro i consumatori e pregiudicare la qualità del prosciutto. L’ultima parola spetta però alla Regione Friuli Venezia Giulia e al Mipaaft che devono supervisionare i nuovi disciplinari. Dopo il loro benestare il fascicolo deve essere trasferito a Bruxelles per l’approvazione che, secondo una stima ragionevole, potrebbe arrivare in 12-24 mesi, se non ci sono intoppi. Da Regione e Ministero ci aspettiamo un’attenta lettura del testo e l’inserimento delle garanzie che abbiamo descritto, per salvaguardare la qualità e l’autenticità del prosciutto ed evitare la continuazione delle frodi ai danni dei consumatori. Quello che si potrebbe fare adesso per evitare il malaffare è integrare subito i piani di controllo, focalizzando l’attenzione sugli aspetti collegati al rapporto età/peso alla macellazione per eliminare il malaffare ed emarginare i furbetti che ancora operano nel settore. (di Roberto La Pira)
https://ilfattoalimentare.it

domenica 14 luglio 2019


 
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