Prosciutto di Parma: stop alla marchiatura per 2,3 milioni di falsi prosciutti. Silenzio assordante della filiera. A rischio la Dop
Prosciutto di Parma e prosciuttopoli approdano sul quotidiano La Repubblica che oggi dedica una pagina allo scandalo dei 3,5 milioni di (false) cosce destinate a diventare veri prosciutti di Parma e San Daniele. La prima parte di queste cosce (1,2 milioni di pezzi) sono stati smarchiati e declassati a normali prosciutti l’anno scorso su indicazioni del ministero delle Politiche agricole (Mipaaft). Per le altre il destino è ancora incerto. Una cosa però è sicura, l’Istituto Parma qualità che è stato commissariato e censurato due volte negli ultimi dodici mesi, ha sospeso le marchiature fino alla fine di giugno. Questo vuol dire che dai prosciuttifici non escono più cosce di prosciutto di Parma stagionate e la catena commerciale è interrotta. Qualcuno comincia a dare segnali di nervosismo perché non si intravede una via di uscita dallo scandalo di Prosciuttopoli.
Anche per il prosciutto San Daniele la situazione non è rosea. Dopo il commissariamento per sei mesi dell’istituto di certificazione Ifcq nel 2018, a causa dei controlli inadeguati analoghi a quelli riscontrati all’ente di certificazione IPq per il Prosciutto di Parma, stanno per iniziare i processi. Lunedì 24 giugno è prevista l’udienza preliminare dove si saprà quanti indagati chiederanno il patteggiamento o il rito abbreviato, ammettendo di avere violato il disciplinare.
In attesa di sviluppi il mercato è comunque bloccato. Il problema è che non si sa cosa fare di questi 2,3 milioni di cosce. Inutile chiedere informazioni ai consorzi che da sempre preferiscono non commentare una situazione disastrosa, cercando di minimizzare uno scandalo dai contorni giganteschi. Anche gli enti cetificatori IPq e Ifcq hanno scelto il silenzio stampa. Non si sa cosa fare. Mettere sul mercato prosciutti di mediocre qualità, ottenuti probabilmente da suini di razze inadatte è vietato dal disciplinare, e comunque si tratta di una truffa. È in corso un tentativo da parte degli enti certificatori (già sanzionati per mancati controlli) di superare questo ostacolo con uno stratagemma. Marchiare come Dop i prosciutti che sono nei capannoni a stagionare, segnalando agli allevatori che hanno inviato cosce di suini di razze vietate e quindi registrare a loro carico una “non conformità lieve”. Tutto ciò è corretto, ma c’è un particolare importante da ricordare, il disciplinare prevede che le partite segnalate per una “non conformità lieve” vengano escluse dal circuito Dop. In questo caso invece si tengono lo stesso.
C’è anche una questione legale da valutare. Sapendo che ci sono in giro falsi prosciutti Dop, i supermercati che anche inconsapevolmente li vendono rischiano qualche forma di illecito?
(di (di Roberto La Pira)
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sabato 29 giugno 2019
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