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Consorzi del prosciutto dop: scandali, truffe e conflitto di interessi.

L’Istituto Parma Qualità che certifica il rispetto disciplinare del prosciutto di Parma Dop è di proprietà di tre soci che siedono anche nel consiglio direttivo. In testa c’è il Consorzio che raggruppa 150 marchi, segue l’Associazione Industriali delle Carni (Assica) che riunisce macellatori e prosciuttifici e infine l’Unione nazionale associazioni produttori suini (U.N.A.PRO.S.) che rappresenta gli allevatori. Possiamo dire che i proprietari di questo organismo di controllo – autorizzato dal ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali e turismo, ai sensi del Regolamento (CEE) n. 2081/92 – sono gli stessi soggetti che devono essere controllati. Siamo di fronte a un conflitto di interessi talmente palese da risultare imbarazzante. Per rendersi conto di quanto sia strana la situazione, basta ricordare che l’Istituto Parma Qualità è stato commissariato due volte negli ultimi 12 mesi, per un totale di 9 mesi. Il primo provvedimento è stato deciso dal Mipaaft, dopo la scoperta che negli ultimi anni erano stati commercializzati e venduti oltre un milione di falsi prosciutti Dop. Il secondo provvedimento di 3 mesi è stato deciso da Accredia (organismo che accredita e supervisiona l’operato di tutti gli enti di certificazione) per la sparizione di alcuni verbali. L’altro ente di certificazione su cui focalizzare l’attenzione è l’Ifcq certificazione (Istituto friulano controllo qualità) che deve avallare la bontà e la qualità del prosciutto crudo di San Daniele. Questo organismo ha come soci proprietari principali lo stesso Consorzio del prosciutto di San Daniele e Assica che raggruppa macellatori e prosciuttifici. Anche in questo caso la vicinanza e la sovrapposizione di interessi tra controllori e controllati è alquanto sospetta, tanto che l’Ifcq certificazione nel 2018 è stato commissariato per 6 mesi dal Mipaaft, per motivi analoghi a quelli che hanno provocato lo scandalo di Prosciuttopoli rivelato da Il Fatto Alimentare un anno fa.

La situazione è piuttosto seria tanto che secondo l’Icqrf (organo di sorveglianza del Mipaaft specializzato nelle frodi sulle Dop) la frode è “impressionante”, trattandosi di “oltre 300 soggetti segnalati all’autorità giudiziaria; 810.000 cosce sequestrate; circa 480.000 prosciutti esclusi, tramite smarchiatura, dal mercato delle produzioni a Dop; oltre 500.000 cosce smarchiate di propria iniziativa da parte degli allevatori. Si tratta di un illecito per un valore complessivo stimato di 80 milioni di euro. È lecito ipotizzare che l’operazione truffaldina sia stata possibile grazie alla “distrazione” degli enti di certificazione nei confronti delle aziende della filiera dei prosciutti Dop che però sono proprietarie degli stessi istituti. Un analogo pensiero deve avere avuto il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, che pochi giorni fa, all’assemblea dei soci di Origin Italia (i consorzi delle 256 Dop e Igp italiane) ha dichiarato “… sto anche per presentare una legge che impedirà ai consorzi di tutela di essere controllori e controllati dei prodotti dei propri associati al tempo stesso. È impensabile che questo possa ancora avvenire oggi e quindi vanno garantiti controlli da parte di organismi esterni ai consorzi, in grado di offrire la necessaria terzietà”. Di fronte allo scandalo di Prosciuttopoli, anche Roma si è accorta che qualcosa non funziona! Secondo fonti accreditate, da alcuni mesi è in corso una trattativa tra Mipaaft e regione Emilia-Romagna per affidare all’organismo di controllo che certifica il Parmigiano Reggiano (l’Ocq PR), i controlli e la certificazione del Prosciutto crudo di Parma, anche se Coldiretti e Assica sono contrarie. «L’imparzialità degli organismi di certificazione deve essere garantita – precisa Filippo Trifiletti direttore generale di Accredia – e questo aspetto, insieme alle caratteristiche di competenza ed indipendenza, è una caratteristica essenziale dello standard di accreditamento (come previsto per i prodotti alimentari di qualità nella norma UNI EN ISO 17065). La norma però non vieta che nella compagine sociale degli organismi di certificazione ci siano dei soggetti interessati alle attività, come ad esempio consorzi o organizzazioni di rappresentanza, anche se questo fattore deve essere considerato nell’analisi dei rischi, e attentamente vigilato dall’Organismo.

Le verifiche periodiche di Accredia servono per accertare che le misure adottate per prevenire eventuali intromissioni eccessive siano sufficientemente robuste e attuate permanentemente». Al di fuori dei corretti principi, possiamo dire che nel caso dei due enti IPq e Ifcq certificazione, la situazione è sfuggita di mano, e si può pensare che il conflitto di interessi esistente negli enti, abbia condizionato l’operato per coprire una frode a cielo aperto, resa possibile dalla connivenza di tutti i soggetti della filiera. Le regole europee definiscono i criteri di accreditamento e parlano di terzietà, ma non dicono come deve essere realizzata. Per cui ogni Paese elabora modelli e valutazioni autonome. In Italia non c’è una norma sulla composizione degli enti certificatori e non c’è una norma che prevede l’assenza di conflitto di interessi. Finora il Mipaaft ha considerato terzi anche gli enti con all’interno tutti i soggetti della filiera, con esiti poco edificanti come insegna Prosciuttopoli. Forse è cominciata una fase di ripensamento come ha detto Centinaio, anche se la vicenda dei prosciutti ha creato molte perplessità e gettato discredito sull’intero settore. Ma il potenziale conflitto di interessi non riguarda solo i prosciutti. Anche per il Parmigiano Reggiano Dop si può intravedere qualche criticità. L’Organismo controllo qualità produzioni regolamentate (OcqPR) che verifica il rispetto del disciplinare, è di proprietà dei membri della filiera (allevatori e produttori di latte, caseifici, confezionatori…). Pur non avendo mai rilevato irregolarità, anche in questo caso c’è però una sovrapposizione tra controllati e controllori che andrebbe superata per dare il massimo della trasparenza e di garanzie ai consumatori. La stessa cosa succede al Dipartimento qualità agroalimentare che certifica la qualità della Mozzarella di bufala campana Dop. Creare strutture di controllo indipendenti non è difficile. In Italia esistono, sono totalmente indipendenti dalla filiera e operano con professionalità e serietà senza conflitti di interesse. Nell’ambito della situazione che abbiamo descritto si inserisce il sistema delle porte girevoli, ovvero la presenza ai vertici o alla direzione degli enti di certificazione, di persone che hanno avuto ruolo di primo piano nei consorzi o nelle filiera. Il metodo è collaudato e prevede come primo passo la nomina a presidente o direttore di un’associazione di categoria o di un raggruppamento di allevatori e di produttori della filiera e poi, a fine carriera, il passaggio ai vertici degli enti certificatori. (di Roberto La Pira)


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sabato 8 giugno 2019


 
News

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