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Erri de Luca: “Eravamo cittadini, siamo tutti clienti"

Lo scrittore all'Huffpost: "Prima lo Stato garantiva diritti, ora eroga servizi" ... "Cucchi? In questo Paese le verità si scippano con caparbietà e ostinazione". "Ormai in Italia esistono cittadini di serie A e di serie B. Anzi: esistono clienti di serie A e di serie B". Parla così Erri de Luca, appena tornato in libreria con "Il giro dell'oca" (Feltrinelli, pp.122), straziante confronto con un figlio immaginario. "Lo Stato – prosegue - lo Stato che deve fornire dei diritti, come quello della giustizia, della medicina e della scuola, è ormai diventato un erogatore di servizi. E, in quanto tale, tratta il cittadino in base alle sue possibilità economiche, in base al suo potere d'acquisto. E così quelli che in un Paese normale dovrebbero essere considerati dei diritti sanciti dalla Costituzione, diventano opzioni".

E noi italiani cosa siamo diventati? Siamo diventati tutti clienti di questa azienda-stato. Ma l'idea che lo Stato sia un'azienda è una bestemmia. Non apparteniamo più a una comunità, ma siamo degli utenti di un servizio commerciale. Quando è iniziato, a suo parere, tutto questo? È cominciato con l'esaltazione dell'economia rispetto alla politica. Quando abbiamo cominciato a eleggere a capo del Governo il più ricco di tutto. Quando abbiamo eletto a Presidente della Repubblica il capo di una banca. Quando anche all'opposizione sono arrivati professori di economia. Questo ha fatto derapare la politica ad amministrazione dell'economia. In cui, pare, non siamo neanche tanto bravi... L'economia non è una scienza. L'economica è l'amministrazione incerta del presente. È una continua scommessa sulla contabilità. Mentre la politica è qualcosa di più di un'attività. È qualcosa che immagina il futuro. La nostra politica oggi, invece, è solo il braccio esecutivo dell'economia.

In cui, pare, non siamo neanche tanto bravi... L'economia non è una scienza. L'economica è l'amministrazione incerta del presente. È una continua scommessa sulla contabilità. Mentre la politica è qualcosa di più di un'attività. È qualcosa che immagina il futuro. La nostra politica oggi, invece, è solo il braccio esecutivo dell'economia. Lei è andato a votare? Non di recente. Adesso, poi, mi si è sviluppato un sentimento politico nuovo che non avevo prima. Quale? Quello del disgusto. Verso cosa? Verso l'espressione politica del nostro tempo. Prima, quando osservavo la politica, avvertivo sentimenti che variavano dalla vergogna alla collera. Adesso è tutto molto più spiacevole. Lei è stato in prima linea per la TAV. A breve questa opera si aggiungerà alle centinaia di opere pubbliche non portate a termine.

Nel suo ultimo libro è protagonista un ragazzo, un figlio ideale, cui lei si rivolge. Un ragazzo come Stefano Cucchi. Ha seguito la sua storia? È uno dei tanti abusi di potere gestiti fino all'estremo limite dell'omicidio. È uno dei tanti abusi di potere da parte di persone che vestono una divisa che deve proteggere l'ordine pubblico. Ed è solo grazie a Ilaria e all'impegno di un'unità di persone solidari che si è riusciti a scippare una verità. In questo Paese le verità si scippano a forza di caparbietà e di ostinazione pubblica. Ma a questo figlio immaginario, protagonista del suo libro, che cosa direbbe rispetto alla società italiana di oggi? Non riesco a immaginare un figlio senza la madre che l'ha fatto. Non lo so, che cosa gli potrei dire sull'oggi. Ma forse sarebbe lui a dire qualcosa a me. L'oggi appartiene a quelli che sono i più giovani. Starei più volentieri ad ascoltarlo. Io posso parlare del passato. Il suo passato com'era? Per lungo tempo è stato affollato. Appartenevo a una generazione collettiva, che si metteva di traverso in mezzo alle strade e cambiava il vocabolario del Paese in cui viveva. Era una generazione che consentiva la maggioranza. Era una generazione opposta a quella di adesso. Perché? Adesso siamo un Paese di vecchi, dove i giovani sono una minoranza schiacciata dall'incombenza degli adulti. Sono così schiacciati che una grande parte di questa gioventù se ne va all'estero. Ma lei lo sa che l'Italia non è al centro di un'invasione? No? Figuriamoci! L'Italia è un Paese in via di evasione. Cinque milioni di italiani sono iscritti al registro di italiani all'estero, e non sono compresi quelli che non hanno aderito. E poi c'è una differenza di sentimenti, fra la mia generazione che stava in mezzo alle strade, e questa di oggi che cammina sul marciapiedi. E poi... E poi? Scrivendo "Il giro dell'oca", dentro di me si è sviluppato uno spirito di contraddizione rispetto a me stesso declinato anche su temi fondamentali, come quello della religione. Il giro dell'oca è per me governato da dadi che spostano da una casella all'altra le carte della propria esistenza. Ma per chi crede non esistono dadi, bensì un progetto. E se l'Italia facesse parte di questo gioco? L'Italia sta facendo un percorso dell'oca. Getta dei dadi e basta. Ormai decidono i dadi, e non più il lanciatore. (di Flavia Piccinni)
www.huffingtonpost.it

mercoledì 14 novembre 2018


 
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