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Udine, 38 agricoltori indagati per disastro ambientale: con i loro pesticidi hanno sterminato decine di migliaia di api.

Gli uomini del Corpo Forestale Regionale hanno scoperto che nel periodo della semina del mais su 400 alveari, gli insetti da miele sono calati da 60mila insetti per arnia ad appena 10-20mila. Colpa dell'utilizzo di alcuni farmaci nel periodo della semina del mais: da qui l'indagine ed il sequestro. I provvedimenti si riferiscono a 17 proprietà agricole, dove viene "inibita qualsiasi coltivazione comportante l'utilizzo di sostanze neonicotinoidi vietate, con eliminazione delle colture in corso che abbiano comportato l'utilizzo di siffatte sostanze".

A Basiliano e Bicinicco, in provincia di Udine, gli uomini del Corpo Forestale Regionale del Friuli Venezia Giulia, hanno scoperto che nel periodo della semina del mais su 400 alveari, le api da miele sono calate da 60mila insetti per arnia ad appena 10-20mila. In altre località hanno addirittura filmato migliaia di api che, dopo essere rientrate dalla ricerca di polline o di acqua per approvvigionare la colonia, hanno cominciato a tremare, prima di morire. I filmati, finiti nel dossier che la Procura della Repubblica di Udine sta istruendo da un paio d’anni, testimoniano un fenomeno noto per i suoi effetti, la scomparsa delle api dalla campagna, ma finora non chiarito per quanto riguarda le cause. Per la prima volta, in una inchiesta penale per disastro ambientale, l’attribuzione non è a un mistero della natura, ma all’attività umana, che utilizza i neonicotinoidi e altre sostanze nella concia del mais. Un autentico blitz è quello messo a segno su ordine del sostituto procuratore Viviana Del Tedesco, che ha dato corso a un decreto di sequestro preventivo firmato dal giudice per le indagini preliminari Daniele Faleschini Barnaba. Gli agricoltori indagati sono 38, i provvedimenti si riferiscono a 17 proprietà agricole, dove viene “inibita qualsiasi coltivazione comportante l’utilizzo di sostanze neonicotinoidi vietate, con eliminazione delle colture in corso che abbiano comportato l’utilizzo di siffatte sostanze”. Sono tutte in provincia di Udine, ma il fenomeno sembra essere molto più esteso. L’iniziativa della magistratura cade a poco meno di una settimana dalla decisione dell’Unione Europea di vietare i neonicotinoidi in agricoltura, ritenendoli responsabili dell’alterazione dell’ecosistema, visto che bloccano il ciclo dell’impollinazione, essenziale per la nascita di piante, fiori e ortaggi. Intere specie animali scompaiono non solo nel raggio delle semine, ma anche in un territorio molto più ampio. Le api di un singolo alveare, infatti, si muovono in un’area di circa 30 chilometri quadrati e questo dimostra quanto il fenomeno dell’inquinamento sia suscettibile di diffusione. Non a caso viene contestata la violazione dell’articolo 452 bis, ossia aver “cagionato abusivamente una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema e della biodiversità della fauna in generale”.

Sotto accusa tre prodotti fitosantari impiegati nella concia della semina – clothianidin, thiamethoxam e imidacloprid – che sarebbero già oggetto di un divieto di sospensione ministeriale “a seguito degli anomali spopolamenti di alveari verificatisi nella primavera del 2008 in varie regioni dell’Italia settentrionale: Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia“. Ecco come il gip motiva il sequestro delle coltivazioni: “Queste sostanze utilizzate in agricoltura quali insetticidi e antiparassitari nella concia delle sementi e sul fogliame agiscono sistemicamente su svariati organismi viventi, con un’azione assai tossica su invertebrati tra cui numerosi insetti come libellule, cavallette, formiche, farfalle, lucciole, coccinelle, api e bombi”. Il che spiega, ad esempio, perché le lucciole siano praticamente scomparse dai nostri giardini. I neonicotinoidi hanno un effetto particolarmente dannoso “sul sistema nervoso degli insetti pronubi, cioè impollinatori, e soprattutto degli imenotteri, quali le api selvatiche e da miele”. Le api perdono il senso di orientamento, si cancella nella loro memoria il ricordo della strada per tornare all’alveare. Il primo effetto è che si perdono e muoiono. Il secondo è che gli alveari si spopolano e restano senza approvvigionamenti, il che aumenta la decrescita della popolazione. L’inchiesta dimostra, caso per caso, la correlazione tra le colture praticate in un fondo agricolo e la diminuzione del numero di api negli alveari che si trovano in quella zona. “Si è accertato l’uso di insetticidi – scrive il gip – impropriamente su alberi e piante da frutto, non solo in fase di post-fioritura, come è consentito, bensì anche nelle fasi precedenti e nelle coltivazioni di mais in campo aperto per le quali l’utilizzo è vietato, essendo il mais una cultura attrattiva per le api”. Il gip ricorda come “l’impollinazione è una funzione ecologica di primaria importanza, insostituibile” che viene messa in pericolo, costringendo gli apicoltori “in molti casi a trasferire le api in zone sicure, perché l’utilizzo di macchine seminatrici pneumatiche solleva grandi quantità di polveri in cui sono contenute particelle di sementi conciate con le sostanze tossiche. Tali polveri si diffondono nell’aria e si depositano direttamente sulle api oppure sui fiori e nelle aree di sosta degli insetti”.

L’inchiesta ha anche dimostrato la nocività del fenomeno della “guttazione” fogliare del mais: l’acqua inquinata rimane nelle piante a cui si abbeverano gli insetti per un lungo periodo. E questo spiega gli effetti tardivi dei neonicotinoidi. Si è aperto anche un nuovo filone, che riguarda l’utilizzo del “mesurol”, una sostanza diversa, con cui sono miscelate le sementi che vengono acquistate nei consorzi agricoli, ma che dovrebbero essere utilizzate secondo determinate condizioni. Non inibiscono il senso dell’orientamento, ma avvelenano le api che portano negli alveari la sostanza, prima di cominciare a tremare e morire. (di F.Q.)
www.ilfattoquotidiano.it

martedì 8 maggio 2018


 
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