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Padova, Botteghe del Ponte: «Leroy Merlin, dove sono Leu e M5S?» Il rappresentante dell’associazione Tonello: «poca chiarezza della convenzione» tra pubblico e privati. E punta l’indice su Coalizione Civica.

Il due gennaio a Padova si sono riuniti gli animatori di “Cattedrale Davanzo”. Si tratta di un coordinamento ben noto agi addetti ai lavori che da mesi si batte per una «riqualificazione intelligente» del quadrante a nordovest della prima periferia che insiste a ridosso di Montà. C’è un piccolo dettaglio di cui tenere conto però. I comitati hanno in mente per quel comparto un futuro pubblico. Però la sua parte più strategica, quella del foro boario, che pure è di proprietà municipale, è previsto un progetto di natura privata. Si tratta della realizzazione di uno shopping centre griffato Leroy Merlin, la catena del bricolage riferibile alla multinazionale Adeo a sua volta controllata, assieme ai marchi Auchan, Bricoman, Kbane e Zodio dal re della grande distribuzione di mezzo mondo, il francese Gérard Mulliez.

I comitati però sono scettici, tra questi il “Comitato Botteghe del Ponte”, che riunisce diversi esercenti del comprensorio tra Arcella e via Pontevigodarzere. Il loro portavoce Fabio Tonello, un passato da consigliere di zona dal 2004 al 2008 in quota centrosinistra all’epoca del sindaco Flavio Zanonato, parla di «operazione immobiliare che desta moltissime perplessità» e chiede lumi alla giunta di centrosinistra capitanata dal sindaco Sergio Giordani e dal vicesindaco Arturo Lorenzoni, che ha la delega all’urbanistica. «Anzitutto non c’è stata chiarezza da parte dell’amministrazione. Il percorso partecipativo ispirato al débat public francese non c’è stato». Il progetto era partito durante l’era dell’ex sindaco leghista Massimo Bitonci. Poi è passato in mano al commissario prefettizio che ha approvato alcuni passaggi. Solo dai primi di luglio la palla è passata in mano al duo Giordani Lorenzoni. Certo, ma ciò non significa che il processo avviato non possa essere modificato. La norma nazionale e le indicazioni previste nel bando redatto dal Comune di Padova lo consentono. La scelta è politica. Io però non vorrei che si perdesse di vista il punto focale dell’intera vicenda. Che sarebbe? Una struttura di quelle dimensioni porterà con sé ricadute gravissime sui negozi di vicinato, in termini di aumenti di traffico e anche di saturazione urbanistica. Insomma costerebbe, e molto, in termini sociali. E i nuovi posti di lavoro? Una goccia rispetto a quelli che si perdono e al carico urbanistico aggiuntivo. Anche se si utilizza un sedime già costruito? Sì, perché inevitabilmente il carico delle attività umane aumenta. Ci saranno comunque nuovi interventi edilizi. E poi i numeri in generale del commercio dicono delle cose terribili. E parlo da commerciante che ama la sua attività e la sua bottega. Quali sarebbero questi numeri? In Europa c’è una media per consumo di suolo e peso urbanistico nel commercio pari a 150 metri quadri ogni mille abitanti. Sa a Padova a che livello siamo? A quanto? Seicento metri quadri ogni mille. Bisogna continuare così? Non dico altro.

L’operazione viene portata avanti con la formula del project financing. Ma il centrosinistra da anni, a partire dalla Pedemontana veneta, non dice peste e corna di questo strumento? Appunto. Il nostro coordinamento si chiama Cattedrale Davanzo proprio perché è ispirato a Giuseppe Davanzo, il famosissimo architetto trevigiano che ha progettato l’ex mercato del bestiame, una sorta di cattedrale laica nel sedime dell’ex foro bario. È un’opera tutelata dalle Belle arti; il fatto che l’unico modo per toglierla dal degrado, area inclusa, sia quello di trasformare quel lotto pubblico in un’area commerciale per di più con lo strumento del project financing dovrebbe far riflettere tutta quell’area culturale e politica che alla finanza di progetto non ha mai creduto. E glielo dice uno che sta lavorando gomito a gomito con Coalizione Civica. Che è poi la lista più forte nella compagine che in consiglio comunale regge le sorti della maggioranza. Ma non è una contraddizione che tante forze di sinistra che da sempre sono contrarie al project ora propugnino una convenzione pubblico privato basata sul project financing? Possibile che una città di prestigio come Padova non riesca a trovare le risorse per un piano che non sia di mera edilizia commerciale? Ecco. Questo atteggiamento purtroppo sa di strabismo. Che le devo dire? Più in generale sul project financing del progetto lei che pensa? Passati cinquant’anni quali saranno le condizioni delle opere, infrastrutture e della cattedrale Davanzo, che la municipalità si ritroverà sul groppone? Sarà un’area commerciale dismessa. Ci sono troppi aspetti poco chiari. C’è il grande punto interrogativo delle manutenzioni straordinarie di alcune opere complementari che finiscono in capo alla collettività. Gli uffici ma anche la giunta fino ad oggi non sono stati affatto trasparenti. E non va bene. E quindi? Se a questo progetto sarà dato l’ok definitivo si rischia di incappare nelle grinfie dell’Anac. Noi peraltro se necessario non ci tireremo indietro e segnaleremo il tutto anche alla Corte dei Conti. Certo è che dover arrivare alle carte bollate sarebbe una sconfitta misera per la politica, soprattutto per chi come Coalizione Civica è sinceramente convinto della bontà degli istituti partecipativi. Non si può astrattamente parlare di partecipazione e poi acconsentir tacendo. Devo dire che su questo versante mi ha anche stupito il silenzio dell’area Sel-Liberi e Uguali e il silenzio del M5S.

A ridosso dell’ex mercato del bestiame c’è anche l’arena per gli eventi nota come Palageox. Anche i proprietari della struttura rientrano nell’accordo? Sì certo. Ecco, anche questa partita è ben strana. Oggi il Palageox non è che una tensostruttura, un tendone 2.0, tirato su in regime autorizzativo provvisorio. La convenzione col comune prevede la realizzazione di una struttura fissa che i privati pagheranno solo 25mila euro l’anno. Faccio notare che i concerti costano spesso 50 euro a testa. Quanto guadagnano lorsignori in un anno? E perché la nuova arena degli eventi non figura nel piano economico e finanziario? Così come l’albergo? Chi mai li pagherà? Ma così stando le cose non si prefigura una sorta di aiuto di Stato ad una iniziativa commerciale privata? Il rischio c’è tutto. Tanto che se del caso informeremo anche la Ue. Ma la cosa più triste di tutte è che si sta abbandonando l’idea di restituire e di rilanciare quel bene, che oggi è pubblico, ai padovani. (di Marco Milioni)
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sabato 6 gennaio 2018


 
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