Commercio, la grande distribuzione non si ferma.
Con dodici nuove aperture, Padova sarà seconda nel Veneto. Eppure i consumi delle famiglie sono fermi da dieci anni. Non c’è più molto da aggiungere al carrello. E i portafogli non sono più ricchi di quanto non lo fossero dieci anni fa, anzi la crisi ne ha svuotato tanti. Eppure tra super e iper e grandi e local, l’avanzata inarrestabile della grande distribuzione a Padova e in provincia prosegue. Con 474 mila metri quadrati di superficie di vendita - 510 metri quadri ogni mille abitanti, contro una media nazionale di 384 - Padova è al quarto posto nel Veneto per presenza di centri commerciali. C’è mezzo metro quadro di spazio-vendita per ogni abitante, cioè ce n’è abbastanza perché tutti possiamo stare dentro un centro commerciale contemporaneamente. E con dodici strutture in rampa di lancio, altri 80 mila metri quadri si aggiungeranno al totale, proiettando la provincia al secondo posto regionale, appena dietro Verona.
Iper dappertutto In città ci sono 107 strutture della grande distribuzione (56 supermercati, 12 grandi magazzini, 23 minimercati, 55 iper, 51 specializzati). In provincia sono 269. E il totale fa 363. Gli addetti, al 31 dicembre dell’anno scorso, risultano essere 7.315 sui 38.281 di tutta la regione. La fotografia è scattata dall’osservatorio della Confesercenti che basandosi sui dati Istat ha costruito un dossier su un settore che da un lato produce reddito e lavoro, e va bene, ma che dall’altro continua ad avere un impatto devastante sulle piccole attività di vendita. Il Veneto, con 538 metri quadri ogni mille abitanti, è primo tra le grandi regioni, seguito da Lombardia (483,9), Piemonte (448) ed Emilia Romagna (426).
E non è finita Entro i prossimi tre anni, se le previsioni si concretizzeranno, altre dodici strutture potrebbero aprire, tra Padova e provincia. La più grande è il centro commerciale di Due Carrare, ma ci sono anche il parco di via Ticino, c’è Leroy Merlin all’ex Foro Boario, c’è San Lazzaro, solo per citarne alcune. Ci sono almeno 80 mila metri quadrati di superficie di vendita pronti ad aggiungersi ai 474 già esistenti.
Ma per chi...? L’aspetto più sorprendente è che nuove strutture di vendita si aggiungeranno alle vecchie senza che ci sia un evidente aumento della domanda. Da dieci anni, la spesa delle famiglie - ha calcolato la Confesercenti - non solo non aumenta, ma in certi casi si riduce. Tra il 2007, ultimo anno prima della crisi che ha colpito tutto e tutti, e il 2016 sono cresciuti soltanto i consumi per i servizi. La crescita nel settore alimentare è al 15,1 per cento, appena sopra l’inflazione; il vestiario e le calzature crollano con un -18,6 per cento; per gli altri prodotti - nonostante gli incentivi, per esempio sugli elettrodomestici - gli acquisti sono stabili. A Padova, in tutto il Veneto e, con rare eccezioni, in tutta Italia dal 2006 i consumi di beni sono crollati e solo negli ultimi mesi del 2016 si è registrato qualche timido segnale di ripresa. In questo scenario si aggiunge un aumento dei costi degli affitti del 37,9 per cento, che rende assai più difficile il compito di far quadrare i conti in tante famiglie, non contribuendo a far immaginare una ripresa degli acquisti.
E i piccoli soffrono Complice l’esplosione dell’e-commerce e di altre forme di distribuzione, le vendite al dettaglio nel 2016 sono tornate quasi ai valori del 2007. Non c’è crescita, dunque, e tante piccole attività si sono arrese. Le deregolamentazione - soprattutto nelle aperture domenicali - non ha fatto aumentare i consumi. E dal 2013 in poi l’effetto è stato un ulteriore spostamento degli acquisti sulle grandi strutture, a scapito delle botteghe. Nel settore alimentare, in tre anni la grande distribuzione ha aumentato gli incassi di 160 milioni di euro, mentre le altre attività hanno incassato appena 2 milioni in più. Nel non-alimentare, la Gd è cresciuta di 41 milioni mentre le altre strutture ne hanno perso circa venti. In tre anni, insomma, quasi
il 4 per cento delle vendite al dettaglio si sono spostate dai negozi tradizionali alla grande distribuzione. Sono 200 milioni di ricavi che sono stati tolti al territorio e “regalati” alle grandi strutture. Intanto i centri storici continuano a svuotarsi. (di Cristiano Cadoni)
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lunedì 30 ottobre 2017
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