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Glifosato: Il Salvagente e Associazione A Sud analizzano l’urina di 14 donne incinte. Tutte positive all’erbicida.

Si fa sempre più acceso il dibattito europeo sulla sicurezza del glifosato. Il Salvagente, in collaborazione con l’associazione A Sud, ha condotto un’inchiesta sull’erbicida e ha analizzato le urine di 14 donne incinte, per quantificare il rischio di contaminazione durante un periodo delicato come la gravidanza. I risultati del test riguardano un gruppo di 14 donne risultate tutte positive alla ricerca di glifosato. I quantitativi del diserbante riscontrati vanno da 0,43 nanogrammi per millilitro di urina fino a 3,48. Numeri difficilmente interpretabili, dal momento che non esistono quantità massime consentite. Ma il glifosato non dovrebbe comunque essere presente nel nostro organismo, tanto meno in quello dei nascituri. L’ipotesi avanzata da recenti studi di una possibile relazione tra glifosato e parto prematuro, con conseguenze sullo sviluppo del bambino, non è ancora stata confermata, ma solleva una certa preoccupazione.

“Negli ultimi anni la letteratura scientifica internazionale ha evidenziato maggiori livelli di glifosato nelle urine di soggetti che vivono in campagna, con percentuale di positività e concentrazione più elevata negli Stati Uniti rispetto all’Europa” spiega Antonello Paparella, microbiologo e docente all’università di Teramo. Le partecipanti che si sono volontariamente sottoposte a questo screening però vivono in città, a Roma, lontano da campi agricoli o da aree considerate a rischio. Secondo Patrizia Gentilini, medico oncologo e componente del Comitato scientifico dell’associazione medici per l’Ambiente Isde-Italia, “siamo tutti esposti”. L’oncologa si è mostrata preoccupata e ha spiegato: “Ci sono numerosi dati sperimentali condotti su cellule placentari ed embrionali umane che dimostrano come il glifosato induca necrosi e favorisca la morte cellulare programmata. Quindi si tratta di una sostanza genotossica oltre che cancerogena, come ha stabilito la Iarc”. Paparella e Gentilini sono concordi sul fatto che il glifosato possa anche agire come interferente endocrino.

La causa della presenza del diserbante nell’organismo è da ricercarsi nell’alimentazione e nella presenza costante di glifosato nei cibi che portiamo in tavola. I colpevoli non sono solo pasta, farine e farinacei, ma anche carne, latte e derivati, perché oltre l’85% dei mangimi utilizzati in allevamenti sono costituiti da mais, colza e soia Ogm resi resistenti al glifosato. “Un’agricoltura senza pesticidi è possibile ed è una questione di salute oltre che di tutela dell’ambiente in cui viviamo – dichiara Marica Di Pierri di A Sud – Gli strumenti a nostra disposizione per fermare la Commissione europea, che sembra intenzionata a rinnovare per altri dieci anni l’autorizzazione al glifosato, sono le azioni dal basso promosse da cittadini e agricoltori”. Centinaia sono le associazioni impegnate nella campagna contro l’uso dell’erbicida e nella òlista figura anche Il Fatto Alimentare. Simona Savini, coordinatrice in Italia dell’Ice stop glifosato, afferma: “In soli in tre mesi abbiamo raccolto 800mila firme. Dobbiamo arrivare al milione entro giugno e anche in Italia possiamo fare la nostra parte”. (di Clara Gasparri)


www.ilfattoalimentare.it

sabato 10 giugno 2017


 
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