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Greenpeace accusa un grande produttore di olio di palma sostenibile (IOI) di deforestazione selvaggia e di danni all’ambiente.

Ci sono voluti più di sei anni prima che la Tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile (RSPO) sospendesse lo IOI Group, una delle maggiori compagnie che producono e vendono olio tropicale. La decisione è scaturita dall’azione di analisi e denuncia portata avanti da Greenpeace, insieme ad altre undici ONG. Tutto è iniziato quando l’associazione ambientalista ha sollevato i primi dubbi, denunciando le attività di deforestazione e di drenaggio della torba (causa di disseccamento e quindi facile esca per gli incendi) con conseguenze gravi sulle sulle specie di animali che popolavano il Ketapang (dipartimento rurale della provincia indonesiana del Kalimatan occidentale).

Le indagini sono proseguite e nel 2010 è stata presentata una denuncia per violazione dei requisiti di sostenibilità delle piantagioni. In quell’occasione però la RSPO ha deciso che le prove non erano sufficienti. Solo quest’anno, la Tavola rotonda per la sostenibilità dell’olio di palma, ha finalmente deciso di sospendere il produttore malese. Le conseguenze della deforestazione e del drenaggio delle torbiere causate dal produttore sono state rese note da Greenpeace, durante il Summit europeo annuale della RSPO, che quest’anno si è tenuto a Milano il 9 giugno. In un dossier contenente mappe e numerose foto aeree realizzate mediante droni e satelliti, Greenpeace denuncia come il drenaggio delle torbiere operato da IOI Group contribuirà al degrado, allo sprofondamento del terreno e all’aumento del rischio di incendi ben oltre i confini della concessione, con ulteriori danni alla foresta e alla biodiversità di un’area dove vive ancora l’orangotango. L’associazione ambientalista solleva nuovi interrogativa sull’attendibilità degli standard fissati dalla RSPO e sulle procedure di verifica nei confronti degli associati.

La sospensione dell’IOI Group ha fatto perdere al società diversi grandi clienti come: Unilever, Kellogg, Mars e Nestlé. L’azienda ha reagito facendo ricorso al tribunale di Zurigo contro la stessa RSPO, salvo poi ritirare la denuncia quattro giorni prima dell’evento milanese, come il gruppo alimentare Mondelez International aveva suggerito. Nelle scorse settimane IOI ha incontrato Greenpeace per spiegare la nuova politica e gli impegni assunti per cambiare registro e voltare pagina. Il 26 maggio, il gruppo malese ha presentato un nuovo documento, bocciato dall’associazione ambientalista con parole dure. Greenpeace ha informato la compagnia che “la proposta è ancora debole, senza un calendario d’attuazione credibile e senza passaggi fondamentali misurabili”. In particolare critica l’assenza di alcuni impegni significativi come la mancanza di una moratoria nella politica di espansione, anche nelle concessioni esistenti e l’assenza di un approccio di conservazione delle zone delle torbiere e il ripristino della vegetazione in quelle danneggiate.

Oltre a ciò ci sono standard inadeguati per la protezione di foreste e torbiere, la mancanza di trasparenza sulle concessioni e di responsabilità in situazioni di allarme. L’ultimo aspetto non certo trascurabile è un esplicito impegno a verificare le reali condizioni sociali e di lavoro nelle concessioni in Malesia e Indonesia. (di Beniamino Bonardi)
www.ilfattoalimentare.it

mercoledì 15 giugno 2016


 
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