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Truffa olio extra vergine: l’Antitrust avvia 7 istruttorie per verificare autenticità dell’olio.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) ha avviato sette istruttorie per presunte pratiche commerciali scorrette, nei confronti di alcune importanti aziende che commercializzano olio in Italia.Il procedimento interessa oltre ai tre marchi del Gruppo Carapelli (“Carapelli Il frantoio”, “Bertolli Gentile” e “Sasso Classico”), anche l’olio extra vergine “Carrefour Classico”, il prodotto “Cirio 100% italiano”, la marca “De Cecco Classico”, insieme a “Prima donna Lidl”, “Pietro Coricelli Selezione” e “Santa Sabina”.

La segnalazione prende spunto dai test condotti dal laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli secondo cui le caratteristiche organolettiche e chimiche dei campioni di olio sottoposti a verifica sarebbero risultate inferiori ai valori previsti per qualificare l’olio come extra-vergine di oliva. Tutto ciò potrebbe configurare pratiche commerciali scorrette in relazione alle indicazioni riportate sulle etichette e nelle campagne pubblicitarie, trattandosi di prodotti che non corrispondono alle caratteristiche qualitative dichiarate e quindi suscettibili di indurre in errore i consumatori. Di seguito il test pubblicato dalla rivista Test che ha dato origine alle indagine dell’Antitrust.

Il secondo numero della rivista Test ha preso in esame 20 bottiglie di olio extra vergine declassandone quasi la metà a olio vergine per la presenza di difetti organolettici e di alcuni parametri chimici critici. Le prove sono state condotte dal laboratorio chimico di Roma dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, uno dei più qualificati in Italia. La norma sull’olio dal 1991 prevede che per meritare l’appellativo di extra vergine il prodotto non deve presentare difetti normativa e superare la prova del panel test, obbligatoria per legge. Contrariamente a quanto viene da pensare l’esame organolettico è una prova che non lascia spazio a dubbi interpretativa ed è fondata su solidi principi. L’esito del test è poco entusiasmante visto che nove campioni su 20 non hanno superato la prova di assaggio condotta dal laboratorio che ha riscontrato troppi difetti. La lista inizia con un difetto chiamato riscaldo-morchia riscontrato nelle bottiglie: Santa Sabina, Coricelli, Cirio 100% Italiano, Frantolio Carapelli e Prima donna della catena Lidl. Il difetto di rancido è stato riscontrato nell’olio De Cecco, Bertolli Gentile e Carrefour. Il difetto di muffa e umidità terra ha interessato l’olio Sasso. L’attribuzione anche di una sola nota negativa – precisa la rivista – ha automaticamente decretato il declassamento dalla categoria “extravergine” a quella inferiore di “vergine” che viene pagato all’ingrosso il 30-40% in meno. La prova chimica degli alchil esteri ha indirettamente confermato le criticità riscontrante nella prova di assaggio. Non è la prima volta che l’extra vergine italiano scivola.

Nel 2005, la rivista Merum, dopo due prove d’assaggio aveva stabilito che ben 30 su 31 campioni erano stati erroneamente denominati extravergine in quanto “puzzavano di rancido”.Nel gennaio 2010, un test comparativo svolto dalla trasmissione A bon entendeur sul canale svizzero Tsr, attribuì giudizi molto deludenti ad alcuni prestigiosi marchi tricolore. Alcuni mesi dopo arrivò la bocciatura del panel test dell’Olive Center dell’Università di California di Davis: declassati a vergini i campioni di Carapelli, Bertolli, Colavita e Filippo Berio. Passa poco tempo e nel 2012 un test condotto dal mensile francese 60 Millions de Consommateurs declassa a vergini alcuni prodotti, tra i quali il Carapelli Classico. (di sara rossi)
www.ilfattoalimentare.it

mercoledì 11 novembre 2015


 
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