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OGM: inchiesta del New York Times sui conflitti di interesse tra accademia e industria.

Potrebbe avere conseguenze molto rilevanti, l’inchiesta giornalistica con cui il New York Times ha acceso un potente faro sui conflitti di interesse tra molte istituzioni accademiche statunitensi e i colossi della chimica come Monsanto, Dow Chemicals e altri, nella guerra senza esclusione di colpi sugli OGM. Migliaia di pagine di email, tutte consultabili sul sito del giornale, gettano infatti una luce inquietante sull’attendibilità di certi pronunciamenti e spiegano perché, dopo molti anni, ancora non ci sia una parola chiara sulla sicurezza degli OGM, né una legislazione coerente.

In sintesi, ciò che si delinea è una vera e propria strategia commerciale messa in campo da anni, per convincere l’opinione pubblica con la forza di risultati e giudizi teoricamente indipendenti, e per distrarre le ricerche su aspetti quali i nuovi insetticidi da usare con le sementi OGM, evitando di approfondire quelli relativi alla salute umana. Negli scambi di corrispondenza emergono i diversi strumenti utilizzati per questa pesante azione di lobbying: finanziamenti ingenti, mai personali, ma sempre a ricerche concordate e incentrate su aspetti tecnici relativi ai semi, alle condizioni di coltivazione, all’analisi chimica delle piante e così via, che hanno fruttato dozzine e dozzine di pubblicazioni, tutte con il marchio doc di accademici stimati di università blasonate quali quelle della Florida; viaggi per tenere conferenze pilotate, nelle quali gli esperti erano invitati a mettere in luce i dati a favore, e materiale per siti divulgativi per il grande pubblico.

L’esempio citato dal giornale americano aiuta a capire molto bene in che modo le aziende hanno cercato di costruire un sentimento favorevole verso gli OGM. Un sito, messo on line dal Council for Biotechnology Information, che riunisce BASF, Bayer, Monsanto, Dow Chemicals e DuPont, e chiamato “GMO Answers”, contiene molte domande (le famose FAQ) e relative risposte affidate a più di 100 ricercatori e docenti cosiddetti indipendenti. I quali, i molti casi, si sono limitati a incollare il testo ricevuto dall’azienda, casualmente sempre positivo verso gli OGM. Uno degli obbiettivi più immediati e cercati, inoltre, sempre secondo il New York Times, è di ottenere una legge federale che blocchi qualunque iniziativa statale sull’etichettatura, che le aziende vogliono impedire, insieme a quello di esercitare la giusta pressione tanto sulla FDA quanto sulla Environmental Protection Agency affinché non introducano limitazioni su prodotti quali il glifosato, l’erbicida recentemente passato nella lista dei possibili cancerogeni dell’International Agency for the Research on Cancer di Lione. Non a caso, la Monsanto, produttrice dei prodotti con il glifosato, poche settimane fa ha annunciato l’istituzione di un suo panel di esperti indipendenti per ribaltare il pronunciamento dell’agenzia dell’OMS: non stupirebbe ritrovarvene alcuni tra quelli chiamati in causa dal New York Times.

Naturalmente i protagonisti negano qualunque distorsione del proprio operato, e ribattono che sull’altro versante anche le associazioni del biologico, quelle dei consumatori e tutti coloro che si oppongono agli OGM hanno sempre fatto altrettanto, cercando di reclutare voci autorevoli per sostenere le loro battaglie, ma di certo i mezzi economici a disposizione e in generale il potere a disposizione non sono neppure lontanamente paragonabili. La guerra degli OGM dunque continua, e ha già fatto una vittima importante: la verità, e il diritto dei consumatori a conoscerla, per compiere scelte veramente ragionate e libere. (di Agnese Codignola)
www.ilfattoalimentare.it

venerdì 23 ottobre 2015


 
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