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La pubblicità dell’olio di palma invade decine di quotidiani: oltre 400 mila euro di spesa. Ma i consumatori hanno già deciso da che parte stare.

La campagna promossa da Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade contro l’invasione dell’olio di palma ha stimolato milioni di persone a eliminare dal carrello della spesa biscotti, dolci, grissini e snack preparati con il grasso tropicale. Di fronte alla crescente sensibilità dei consumatori le aziende e le catene di supermercati più attente hanno deciso di eliminare il palma dai loro prodotti, altre lo hanno ridotto. Diverso è stato l’atteggiamento di marchi famosi che attraverso l’associazione di categoria Aidepi provano a contrastare il movimento contro l’invasione del palma che molti esperti di web considerano “virale”.

La svolta che ha decretato la crisi dell’olio di palma risale al 13 dicembre 2014, quando una norma europea ha costretto le aziende di prodotti dolciari e da forno a dichiararne la presenza in etichetta. La gente ha così scoperto l’onnipresenza di un ingrediente di mediocre qualità del tutto estraneo alle nostre tradizioni produttive tenuto abilmente nascosto dalle aziende per anni. La reazione di molti consumatori è stata di non comprare più i prodotti preparati con il grasso tropicale. Nel mese di maggio 2015 l’associazione di categoria Aidepi comincia a reagire e investe 55 mila euro per convincere i direttori di quotidiani, riviste e blogger che l’olio è buono, fa bene alla salute e rispetta l’ambiente. Dopo avere constatato il fallimento dell’iniziativa e il permanere di un atteggiamento critico da parte dei consumatori alla fine di agosto Aidepi pubblica sui principali quotidiani nazionali e locali come Il Corriere della sera, La Stampa, Il Resto del Carlino, Il secolo XIX, la Sicilia, La Nazione… decine di pagine a colori vantando le qualità dell’olio di palma (vedi foto a lato). Anche quest’iniziativa è destinata a incidere poco. Basta ricordare che fino a 8 mesi fa le aziende che hanno investito nella campagna pubblicitaria in corso oltre 400 mila euro (stima frutto di una nostra elaborazione), nascondevano l’ingrediente dietro la scritta “oli vegetali” . C’è di più, Nutella che contiene oltre il 20% di palma non ha mai citato l’olio nella pubblicità e anche Mulino Bianco non ha mai evidenziato negli spot la presenza del “pregiato” grasso tropicale tra i prodotti naturali della ricetta. Il motivo di questo comportamento è semplice, si tratta di un olio impresentabile da sempre sconsigliato dai nutrizionisti per l’eccessiva presenza di acidi grassi saturi. “Un vero killer per le arterie”, così si esprimeva il famoso nutrizionista Giorgio Calabrese che però di recente ha cambiato idea (leggi articolo: http://www.ilfattoalimentare.it/giorgio-calabrese-crociata-palma.html).

Per capire quanto sia ambiguo il testo pubblicitario basta dire che la frase sull’origine “naturale” è fuorviante in quanto l’olio utilizzato nei dolci e nei prodotti da forno spesso viene estratto dal frutto con solventi, decolorato, deodorato e deacidificato. Anche il paragone con il burro è fasullo perché si ignorano fattori importantissimi relativi alla diversa composizione evidenziati dall’Agenzia per la sicurezza alimentare francese e dal Consiglio Superiore della Sanità del Belgio. Le due agenzie distinguono i differenti acidi grassi saturi in relazione all’impatto sul metabolismo lipidico e sulla salute e correlano la quantità di acido palmitico (presente in misura pari al 40% nel palma e al 21% nel burro) all’incremento del colesterolo cattivo LDL. C’è di più: il burro è anche ricco di acidi grassi saturi a corta e media catena e di acido stearico che le due agenzie ritengono non avere effetti negativi sull’organismo. Per questi motivi il burro, pur avendo la stessa quantità di acidi grassi saturi, è meno invasivo. Anche sulla salubrità la situazione è decisamente critica. Una cosa è certa: i giovani assumono ogni giorno quantità esagerate di olio di palma a loro insaputa come dimostra in questo articolo Margherita Caroli. Secondo Aidepi le statistiche indicano una quota media di acidi grassi da palma proveniente dai dolci inferiore a 3 grammi al giorno. Ma tutto ciò risulta difficile da credere visto che bastano 2 frollini Mulino Bianco tipo gli Abbracci o le Campagnole, per superare di gran lunga questo valore. Oltre ai biscotti della prima colazione poi bisogna considerare che l’olio di palma è contenuto in quantità esagerata anche in merendine, grissini, piatti pronti, fette biscottate, snack dolci e salati, gelati e decine di altri prodotti. Come può un genitore credere alla pubblicità di questi signori così distratti da non accorgersi di quanto sia distante la realtà dalla loro teoria.

L’ultima cosa riguarda l’ambiente, pochi giorni fa abbiamo pubblicato un articolo in cui si dice che secondo Greenpeace e WWF, nonostante tutti gli sforzi in atto, la certificazione di sostenibilità rilasciata da RSPO è troppo lacunosa e le foreste continuano ad essere distrutte per creare piantagioni di palma. A chi credere? Alle associazioni ambientaliste oppure alle aziende di Aidepi quando scrivono che “l’olio di palma rispetta l’ambiente e la salute“? (di Roberto La Pira e Dario Dongo) --------- Firma la petizione contro l’invasione dell’olio di Palma clicca qui: https://www.change.org/p/stop-all-invasione-dell-olio-di-palma , abbiamo già raggiunto 157 mila firme. Rilancia questo appello sui social network
www.ilfattoalimentare.it

mercoledì 2 settembre 2015


 
News

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