Cerca Contatti Archivio
 
Il silenzio sull’apartheid a Gaza.

Le fami­glie erano tor­nate nelle loro case senza tro­varle, i bam­bini gio­ca­vano vicino ai fune­rali dei loro coe­ta­nei, i pesca­tori get­ta­vano reti senza spe­ranza. 72 ore senza bom­bar­da­menti israe­liani, ma dal Cairo non pote­vano arri­vare né l’estensione della tre­gua né la pace. Per­ché i pale­sti­nesi sono soli. Per i governi euro­pei, che i ter­ri­tori pale­sti­nesi restino occu­pati è un fatto mar­gi­nale. Il governo ita­liano dell’ex scout Renzi che ha taciuto su tutti mas­sa­cri di que­sti giorni, è impe­gnato in uno sforzo di diplo­ma­zia par­roc­chiale: invia alla gente di Gaza, pen­sate, 30 ton­nel­late di aiuti. Gli aiuti ser­vono e quel che resta della sini­stra deve rac­co­glierli, a par­tire dai medi­ci­nali e soste­nendo le orga­niz­za­zioni uma­ni­ta­rie pale­sti­nesi. Ma per favore basta ele­mo­sina e com­pli­cità. Per­ché l’Italia tace sul Trat­tato mili­tare in vigore con Israele e non fa come la Spa­gna che, sim­bo­li­ca­mente, ha fer­mato per un mese l’import-export di armi con Israele.

Si è pre­fe­rito dimen­ti­care che la tre­gua annun­ciata di fatto era uni­la­te­rale e che Israele andava al Cairo solo per det­tare con­di­zioni: zona smi­li­ta­riz­zata, e di più, tutta Gaza smi­li­ta­riz­zata, fine dei tun­nel e dei razzi, verso l’esclusione di Hamas dal governo della Stri­scia, come dichiara il mini­stro israe­liano Tzipi Livni. I 29 giorni di «Mar­gine pro­tet­tivo», con la strage di quasi due­mila pale­sti­nesi uccisi, in mag­gio­ranza civili e tanti bam­bini, di otto­mila feriti tra cui molti gra­vis­simi e senza cure ade­guate, di cen­ti­naia di migliaia di senza casa con l’odio che è stato semi­nato, non hanno certo aperto nuovi spi­ra­gli alla crisi. Che non è il «con­flitto israelo-palestinese» come scri­vono i gior­na­li­sti embed­ded — ma nem­meno il gior­na­li­smo che abbiamo cono­sciuto esi­ste più? -, come se fos­sero due parti eguali, due stati legit­timi e due eser­citi di eguale forza. No. In gioco c’è la que­stione, ormai, ine­lu­di­bile dei diritti del popolo palestinese.

A meno che non si voglia appro­fit­tare della per­ver­sione colo­niale dei tanti governi israe­liani, non solo di Neta­nyahu: una guerra breve ogni due-tre anni con un deserto chia­mato pace, quel tanto da met­tere la que­stione dei diritti del popolo pale­sti­nese in sor­dina, sullo sfondo, gra­zie alle distru­zioni e alle fal­si­fi­ca­zioni che allon­ta­nano la con­sa­pe­vo­lezza di un misfatto: il blocco di Gaza. Che deve essere tolto, e que­sto obiet­tivo non dovrebbe essere solo di Hamas ma del mondo intero. Che dovrebbe ricor­dare che il blocco è stato impo­sto da Israele — invece di rispon­dere alla neces­sità di un cor­ri­doio di col­le­ga­mento tra Gaza e Cisgior­da­nia occu­pata in vista della nascita dello Stato di Pale­stina — per argi­nare l’emergenza rap­pre­sen­tata da Hamas, che nel 2006 vinse le ele­zioni pale­sti­nesi non solo a Gaza ma in tutta la Cisgior­da­nia, affer­man­dosi in alter­na­tiva alla nuova lea­der­ship di Al Fatah emersa dopo l’umiliazione di Ara­fat chiuso dai carri armati israe­liani a Ramal­lah nel 2002 e la sua ucci­sione nel 2004. Una lea­der­ship giu­di­cata dagli stessi pale­sti­nesi cor­rotta e con­ta­mi­nata dal legame con le intel­li­gence occi­den­tali, quella Usa in pri­mis, impe­gnate a con­trol­lare e ad infil­trare ogni scelta auto­noma dell’Autorità nazio­nale pale­sti­nese e a repri­mere ogni dis­senso e radi­ca­lità. Qual­cuno ricorda le moda­lità dell’arresto dell’unico vero lea­der del popolo pale­sti­nese, Mar­wan Bar­ghouti? La rot­tura tra Hamas e Fatah fu anche vio­lenta a Gaza City e vice­versa a Ramal­lah. Ma dopo sei anni, e soprat­tutto di fronte all’inasprirsi dell’occupazione mili­tare israe­liana, delle colo­nie, del Muro che sarà rad­dop­piato, della rapina delle acque e della distru­zione dell’agricoltura pale­sti­nese, della ridu­zione della West Bank in una grande pri­gione di cemento, ecco che è tor­nata l’unità tra i pale­sti­nesi di Gaza e di Cisgior­da­nia. Ecco il vero «razzo Qas­sam» che Neta­nyahu non può sopportare.

Certo Hamas ha le sue respon­sa­bi­lità. I razzi che lan­cia non sono nem­meno la guerra asim­me­trica di una guer­ri­glia armata: sono un niente con­tro­pro­du­cente, un regalo a Neta­nyahu. E van­tare «vit­to­ria» come fanno le Bri­gate Ezze­din al Qas­san sem­bra un tri­ste deli­rio d’impotenza. Ma tra le mace­rie emer­gono alcune novità e una verità. In que­sti giorni — men­tre, nono­stante le distru­zioni della guerra, sem­bra cre­scere anche in Cisgior­da­nia il con­senso per Hamas e in calo quello da Al Fatah — l’Anp chiede alla Corte dell’Aja le moda­lità per ade­rire al Tri­bu­nale penale inter­na­zio­nale dell’Onu e incri­mi­nare così il governo israe­liano. Se è inge­nuo pen­sare che l’iter andrà dav­vero avanti, non va dimen­ti­cato che la richie­sta di ade­rire alle Agen­zie dell’Onu resta l’ultima occa­sione per la cre­di­bi­lità di Abu Mazen e l’ultima vera pos­si­bi­lità pale­sti­nese; men­tre cre­sce la soli­da­rietà inter-palestinese con un pezzo del pro­prio popolo che vive nell’altra pri­gione di Gaza, dove se resta il blocco – e i vali­chi con l’Egitto chiusi dal gol­pi­sta Sisi -, sarà ine­vi­ta­bile e giu­sto sca­vare altri tun­nel per vivere e far entrare beni di prima neces­sità. E la verità, amara, è che se Hamas smet­tesse subito di lan­ciare i razzi, la con­di­zione pale­sti­nese reste­rebbe sem­pre la stessa: un popolo esi­liato in tutto il Medio Oriente, abi­tante dei campi pro­fu­ghi nella sua stessa terra, chiuso da Muri di recin­zione e posti di blocco, invaso da una ragna­tela di colo­nie d’occupazione e inse­dia­menti che hanno can­cel­lato la con­ti­nuità ter­ri­to­riale dello Stato di Pale­stina, che rubano occa­sioni di vita e lavoro, diviso in due ter­ri­tori, uno alla mercé della guerra breve con­ti­nua, l’altro sem­pli­ce­mente colo­niz­zato e zit­tito. E senza alcuna pro­spet­tiva di inte­gra­zione con il nemico occu­pante, se non lo sta­tus perenne di occu­pato. Jimmy Car­ter, l’ex pre­si­dente ame­ri­cano che ora chiede all’Occidente di rico­no­scere Hamas, ha tito­lato «Apar­theid» il suo bel libro sulla con­di­zione pale­sti­nese. Obama pur­troppo, a quanto pare, non l’ha nem­meno sfogliato. (Autore: Tommaso Di Francesco)
Il Manifesto

domenica 10 agosto 2014


 
News

Nuova protesta degli agricoltori a Bruxelles, 250 trattori intorno alle sedi Ue. Roghi davanti all’Eurocamera: polizia usa idranti e lacrimogeni.
Circa 250 trattori hanno bloccano le strade principali del quartiere delle istituzioni Ue a Bruxelles chiamati a manifestare da Fugea, dalla Federazione dei Giovani Agricoltori (FJA), dalla Federazione Vallone dell’Agricoltura ( Fwa), dalla Rete di sostegno all’agricoltura contadina (RéSAP) e dal Coordinamento europeo. >>



Gates e Zuckerberg puntano sull'agricoltura: "Cibo vero solo per ricchi"
Altro che carne sintetica e dieta vegetale. I grandi imprenditori dei Big Data sembrano andare proprio nella direzione opposta. Mentre, infatti, la sostenibilità planetaria spinge le economie a orientarsi verso la produzione di cibo sintetico, loro investono su terreni agricoli e sulla produzione di carne tradizionale di altissima qualità. E naturalmente altissimi costi e ricavi. >>



FPP2 GRATIS, ANNUNCIO DI BIDEN, COSA ASPETTA DRAGHI?
Il presidente USA Biden, raccogliendo la richiesta che da tempo avanza Bernie Sanders, ha annunciato che gli Stati Uniti forniranno mascherine ffp2 gratis ai cittadini. >>