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La marcia degli operai cinesi: più diritti.

Decine di migliaia di operai sono da ieri in sciopero a Dongguan, la città industriale vicino a Shenzhen e Hong Kong, chiedendo di veder rispettati i loro diritti sindacali e retributivi. Oltre alle dimensioni significative dello sciopero, le cause che lo hanno scatenato mostrano come negli ultimi tempi si assista ad una notevole evoluzione della situazione operaia cinese rispetto a qualche anno fa, che va di pari passo all’evolversi delle condizioni lavorative nelle fabbriche cinesi che producono per il mondo intero.

Quello che sta avvenendo in queste ore nella fabbrica di calzature Yue Yuen lo dimostra: lo sciopero è la continuazione di un’azione sindacale del 5 aprile, nel corso della quale gli operai avevano bloccato un ponte, chiedendo che il rinnovo dei contratti fosse accompagnato ad una pronta erogazione dei contributi, inclusi quelli per l’alloggio - che, in alcuni casi, non sono stati pagati dal 2006. Agli inizi del mese, dunque, i manager della Yue Yuen avevano fatto rientrare lo sciopero promettendo di mettere tutto in regola, per poi rimangiarsi la promessa ieri, lunedì.

Infatti, il nuovo contratto proposto ai 70,000 operai dell’azienda prevede che i contributi siano erogati a partire dal 1 maggio prossimo, senza far parola degli arretrati. Chi non è d’accordo può andarsene, ha detto la Yue Yuen, forte ormai delle sue delocalizzazioni in regioni interne della Cina, dove il costo della manodopera è inferiore e dove gli operai sono meno organizzati, e anche in Vietnam e Indonesia. Il mese scorso, era stata la volta di operai della Pepsi e della IBM, in diverse città della Cina. Gli scioperi in queste due aziende erano stati scatenati dalla decisione del management di cedere parte delle operazioni ad altre aziende. In entrambi i casi, gli operai si erano insospettiti, temendo licenziamenti in massa e la possibilità di perdere i contributi e le compensazioni accumulate negli anni. Le proteste sono finite per il momento con un nulla di fatto, e promesse che ancora non si sono concretizzate - aprendo dunque la porta a nuove azioni sindacali.

Malgrado i sindacati indipendenti continuino ad essere illegali in Cina, e gli operai possano contare solo sulla sporadica assistenza dell’unico sindacato consentito, quello governativo, gli operai cinesi hanno ormai accumulato una significativa esperienza nel lottare per i propri diritti, e sono oggi arrivati a rivendicazioni più complesse di un tempo. Per quanto riguarda il modo in cui le manifestazioni vengono affrontate , invece, l’evoluzione sembra ancora lontana: a Dongguan, gli operai che sorreggevano dei cartelli con scritte di protesta sono stati arrestati, e si hanno notizie di scontri violenti con la polizia. I gruppi online stabiliti dagli operai per organizzare le manifestazioni sono stati chiusi, e Internet sta censurando le notizie in cinese sulle manifestazioni. (DI Ilaria Maria Sala)
Conques

martedì 15 aprile 2014


 
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