Ciao Giamba. E’ morto a Parigi, Giovanbattista Marongiu, Giamba per gli amici.
E’ morto a Parigi, Giovanbattista Marongiu, Giamba per gli amici. Se n’è andato in punta di piedi, silenziosamente, con la grande dignità e generosità che l’ha sempre contraddistinto. Ora era lì per seguire il protocollo di una cura impossibile, era lì perché lì vive la sua famiglia, ma a Parigi si era rifugiato, come molti altri più tardi, nel 1979, inseguito da un mandato di cattura del giudice Pietro Calogero nell’ambito dell’inchiesta 7 Aprile, accusato di essere un costitutore di associazione sovversiva e banda armata.
Si, perché, Giamba, per alcuni di noi è stato compagno di strada per una lunga stagione di lotte, fin dai tempi di Potere Operaio, di cui è stato uno dei segretari per il breve periodo antecedente alla dissoluzione e alla diaspora dei suoi militanti nelle variegate declinazioni dell’Autonomia operaia.
Assieme abbiamo vissuto la stagione dell’assalto al cielo, con passione, intensità, determinazione ed impegno; Giamba era intellettualmente curioso ed attento a comprendere quello che avveniva attorno a noi, nelle dinamiche della società, anche per questo ci è stato prezioso, oltre a quando ci decrittava i comportamenti degli operai della Rex, attuale Elettrolux, oppure le puntate dello stopper della Juve, Cuccureddu, suo conterraneo.
È riuscito ad evitare il carcere, in quei tempi stava a Milano insegnando ad Urbanistica, sfilandosi alla cattura, riparando a Parigi, dove, dopo molta gavetta e sfruttamento, è diventato critico letterario, responsabile della pagina culturale del quotidiano ‘Liberation’, un impegno che non gli impediva di giocare, ogni santa domenica, a calcio con la squadra degli esuli italiani a Parigi.
Era tornato a Sassari, dopo quasi trent’anni, dove era cresciuto e maturato politicamente tra gli studenti e gli operai del petrolchimico di Porto Torres, nella sua terra, la Sardegna da cui per tanto, troppo, tempo è stato tenuto, a forza, lontano. E questo per lui è stato un cruccio che lo tormentava: non aver potuto accompagnare i suoi vecchi alla sepoltura è stato un dolore interno, profondo che, agli amici, ricordava come uno degli effetti più laceranti del suo essere un fuggitivo.
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martedì 11 marzo 2014
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