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Un blitz, efficace e rapido, dentro la nuova base militare Usa al Dal Molin di Vicenza. Centinaia di attivisti, «armati» di cesoie, hanno tagliato le reti e invaso il perimetro militare, prendendo alla sprovvista il servizio di vigilanza di carabinieri e

Un blitz, efficace e rapido, dentro la nuova base militare Usa al Dal Molin di Vicenza. Centinaia di attivisti, «armati» di cesoie, hanno tagliato le reti e invaso il perimetro militare, prendendo alla sprovvista il servizio di vigilanza di carabinieri e militari statunitensi, posizionando un lungo striscione con la scritta «Stop war in Siria». L’ennesima iniziativa dei No Dal Molin (già a fine giugno un altro sito militare a stelle e strisce, Site Pluto, venne sanzionato con il taglio di 200 metri di reti e filo spinato) arriva mentre spirano i venti di guerra voluti dal premio Nobel per la Pace Barack Obama contro la Siria e il regime dell’ex amico Assad.

Le cesoie dei No Dal Molin hanno quindi definitivamente sostituito le pentole della prima fase della protesta contro il cantiere della base. Ora quella struttura è formalmente operativa con il comando Africom, anche se realmente appare una cattedrale nel deserto, senza aeroporto (fondamentale per truppe aviotrasportate) al cui posto sorge invece il Parco della Pace, un terreno letteralmente strappato alla militarizzazione grazie alle lotte di questi anni e riconsegnato alla cittadinanza, e senza collegamenti viari, e la sua violazione è un atto concreto che si colloca nelle nuove parole d’ordine che il movimento si è dato: Vicenza libera dalle servitù militari. Questo slogan accompagna la settima edizione del Festival No Dal Molin, che da fine agosto fino al prossimo 10 settembre anima le discussioni e le serate dei vicentini. Proprio domenica scorsa si è svolto un importante confronto, con al centro il tema della lotta contro le servitù militari, che ha messo attorno a un tavolo virtuale, collegati via web grazie a Global Project, attivisti e organizzazioni no war di tutto il mondo, dal Giappone agli Stati Uniti, dalle Filippine a Portorico, fino ai No Muos siciliani. Uno scambio di esperienze, riflessioni e proposte, che troveranno seguito con la definizione di un logo comune che accompagnerà le iniziative dei vari movimenti sparsi in giro per il mondo e con la costruzione di una giornata di mobilitazione internazionale nei prossimi mesi.

L’invasione del Dal Molin fa da apripista alla manifestazione del prossimo sabato 7 settembre, con partenza dal Festival alle 15.30, iniziativa con cui il Presidio No Dal Molin tornerà in piazza per ribadire ancora una volta la propria volontà di cancellare la presenza delle servità militari che occupano il territorio vicentino. Non solo, perché la piattaforma della manifestazione si lega inevitabilmente all’attualità, ovvero all’annunciato attacco statunitense alla Siria.

I No Dal Molin vogliono inoltre che lo strumento normativo che regola la permanenza delle basi Usa in Italia, ovvero il Trattato Bilaterale del 1954, tuttora secretato, venga reso pubblico facendo così chiarezza su quella che sembra essere una vera e propria spada di Damocle che pende da decenni sulle teste degli italiani. Proprio l’anno prossimo sarà il 60esimo della stipula di questi accordi, e dal Festival No Dal Molin, durante il dibattito con i No Muos, è nata l’idea di costruire, nel 2014, iniziative ad hoc per giungere alla desecretazione dei trattati bilaterali con gli Stati Uniti. (Autore: Olol Jackson del Presidio No Dal Molin, Vicenza)
Il Manifesto

giovedì 5 settembre 2013


 
News

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