La "sporca dozzina", le catastrofi senza precedenti che il mondo ha già dimenticato.
La chiamano 'sporca dozzina', ovvero 12 crimini contro l'ambiente, per lo più sconosciuti dal grande pubblico, che rappresentano per dimensioni e tipologia, un rosario di ‘ecocidi’ emblematico del precipizio epocale imboccato dal mondo da qualche decennio a questa parte. La sporca dozzina è stata presentata nei giorni scorsi a Venezia dalla fondazione Sejf (Supranational Environmental Justice Foundation), al convegno internazionale "Ambiente e salute: verso una giustizia globale". In dieci casi su dodici è la sete di profitto delle aziende ad aver scatenato le catastrofi.
E così mentre gli Usa stanno per annunciare con anni di ritardo un ‘ritocco’ delle emissioni di gas serra, il mondo scopre alcune emergenze senza precedenti che rischiano davvero di mettere la parola fine alla storia biologica della terra. Un punto politico emerge con molta chiarezza dalla ricerca della Sejf: il sistema è al collasso e la exit strategy non si può più affidare alla ‘buona volontà’ dei governi. Serve un tribunale internazionale. Dalla lista mancano molti altri casi storici, come le navi dei veleni nel mar Mediterraneo o la situazione di Taranto, non certo inferiori per numeri, a molti casi della 'sporca dozzina', che tuttavia prende in esame denunce emblematiche e conclamate.
•Si parte da Kiribati e Maldive, "le isole sommerse dal cambiamento climatico". Il presidente delle isole Kiribati sta negoziando l'acquisto di terreni nelle Fiji per consentire la migrazione di 113mila abitanti minacciati dall'innalzamento delle acque, mentre il Consiglio Australiano per i Rifugiati ha sollecitato il governo a riconoscere formalmente lo status di rifugiato climatico a tutti coloro che sono costretti a fuggire a causa degli effetti del climate change. Sempre verso l'Australia contano di emigrare i 350 mila abitanti delle Maldive minacciati dall'innalzamento dei livelli del mare.
•Poi c'e' il Canada, con lo sfruttamento delle sabbie bituminose ai piedi delle Montagne Rocciose per l'estrazione di petrolio, attivita' che e' costata la distruzione "di una regione grande quanto la Florida. A farne le spese e' la foresta boreale ma anche i beni comuni piu' preziosi", fa sapere la fondazione Sejf sottolineando che i liquami tossici vengono scaricati in vasti laghi colmi di residui di benzene, composti policiclici aromatici, mercurio, piombo e arsenico e le comunita' che vivono attorno ai giacimenti sono esposte all'inquinamento di falde acquifere e fiumi (anche la carne di alce, elemento essenziale della dieta locale, e' pesantemente contaminata: il livello di arsenico e' 33 volte superiore a quello accettabile per legge).
•E a proposito di petrolio, nel delta del Niger tra il 1976 e il 1998 sono stati estratti miliardi di barili di petrolio, estrazione particolarmente devastante per ecosistemi e popolazioni residenti. Secondo la Banca Mondiale, durante estrazione e trasporto, ogni anno viene bruciato l'equivalente di 2 miliardi e mezzo di dollari di gas e il fumo che proviene dal gas flaring contiene grandi quantita' di anidride carbonica, ossidi di zolfo e di azoto, tuolene, xilene e benzene. Nel 2011, secondo Friends of the Earth, nel delta del Niger si contavano oltre 100 fuochi petroliferi accesi, alcuni attivi dal 1960.
•Le foreste pluviali dell'Indonesia, uno dei piu' importanti ecosistemi del pianeta, sono invece minacciate dai produttori di carta, legno e olio di palma. L'Indonesia perde ogni anno 1.871.000 ettari di foreste pluviali, oltre 20 kmq al giorno, un'area vasta come 300 campi da calcio distrutta ogni ora. Il 72% delle foreste e' gia' scomparso.
•Partita il 31 gennaio 2000 dalla miniera d'oro Esmeralda, ad Auriol, in Romania, l'onda di cianuro del Danubio e' larga 50 km e viaggia a 5 km/h verso la foce del fiume. Centomila tonnellate di acqua contaminata hanno devastato il corso del Tibisco e dello Smamos, lasciando rive intrise di metalli pesanti, pesci e uccelli morti. La diluizione ha abbassato l'impatto del veleno che resta pero' una grave minaccia. Di chi e' la colpa? Per la societa' rumeno-australiana che possiede la miniera Esmeralda, di un fenomeno naturale: il disgelo avrebbe fatto tracimare una diga in terra che chiudeva il laghetto con le acque di risulta della lavorazione. Intanto la compagnia australiana Esmeralda Exploration ha dichiarato fallimento e nessuno ha mai risarcito un solo euro per il disastro.
•Durante le operazioni di esplorazione e sfruttamento delle risorse petrolifere in Ecuador nell'area del Lago Agrio, la multinazionale Chevron-Texaco ha inquinato oltre 2 milioni di ettari, contaminando la foresta amazzonica, riversando 60 miliardi di litri di reflui tossici nell'acqua utilizzata dalle popolazioni locali. Due popoli indigeni, sottolinea la fondazione Sejf, i Tetes e i Sansahuaris sono scomparsi, mentre le tribu' dei Cofan e dei Siona Secoya sono state costrette a migrare.
•Poi c'e' il caso della superpetroliera Haven affondata davanti Arenzano causando la morte di 5 uomini dell'equipaggio e lo sversamento sui fondali del Mar Ligure di oltre 134 mila tonnellate di petrolio. Studi scientifici hanno stabilito che l'eredita' inquinante della Haven continuera' ancora perlomeno nei prossimi 10 anni.
•Giappone, lo tsunami nucleare di Fukushima. Due anni dopo centinaia di migliaia di persone sono ancora esposte alla contaminazione radioattiva a lungo termine. Queste vittime non hanno ancora ottenuto un risarcimento equo e tempestivo mentre allo stesso tempo l'industria nucleare continua a eludere le proprie responsabilita'. La nazionalizzazione di Tepco nel giugno 2012 chiarisce che a pagare il conto di Fukushima alla fine saranno i cittadini giapponesi.
•Golfo del Messico, la marea nera della Deepwater Horizon (20 aprile 2012). La marea nera che per oltre 106 giorni si e' riversata in mare, si stima fra le 460mila e le 800 tonnellate, ha generato danni ingenti, tanto da rendere impossibile una quantificazione certa degli effetti del disastro, soprattutto pensando alle conseguenze negli anni a venire. Dagli ecosistemi marini, alla salute delle popolazioni, dall'industria della pesca a quella turistica, le ripercussioni sono state enormi.
•Bielorussia, Chernobyl: l'incidente nucleare piu' grande della storia (26 aprile 1986). Il disastro piu' grave mai verificatosi in una centrale nucleare. Il rapporto ufficiale conta 65 morti accertati e stima altri 4.000 decessi dovuti a tumori e leucemie lungo un arco di 80 anni che non sara' possibile associare direttamente al disastro. Anche in questo caso non venne accertata alcuna responsabilita' penale ma vennero emessi solo provvedimenti di natura disciplinare nei confronti di alcuni dirigenti della struttura da parte del presidente Gorbaciov.
•Argentina, Abra Pampa: la montagna di piombo. Una montagna di 30.000 tonnellate di piombo - residuo delle lavorazioni dell'impianto di Huasi, chiuso negli anni '80 dopo aver funzionato per tre decenni - costituisce una vera e propria bomba ecologica e sanitaria per la cittadina di Abra Pampa, nel nord dell'Argentina. Secondo lo studio dell'Universita' di Jujuy sulla valutazione del rischio chimico nella zona, l'81% della popolazione infantile e' esposta ai danni derivanti dal piombo.
•India, Bhopal: 30 anni di ingiustizia (4 dicembre 1984). La nube di 40 tonnellate di isocianato di metile proveniente dallo stabilimento specializzato in pesticidi della Union Carbide India Limited, uccise in poco tempo 2.259 persone e ne avveleno' decine di migliaia. Stime di agenzie governative arrivano a 15.000 vittime e si ritiene che i prodotti chimici ancora presenti nel complesso abbandonato stiano continuando a inquinare l'area circostante. Sono state concesse circa 500 euro per ogni vittima e 100 euro per ogni persona contaminata, i colpevoli scarcerati.
(Autore: fabio sebastiani)
www.controlacrisi.org
domenica 23 giugno 2013
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