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La corporazione.

Monsanto è la multinazionale di sementi e prodotti agrochimici più potente al mondo, con un fatturato multimilionario. Sostenuta politicamente, il suo modello comporta scorrimento di frontiere agricole, sgomberi di comunità rurali, disboscamenti e uso intensivo di prodotti agro-chimici. Un approfondimento del modello: l’arrivo a Córdoba, grazie a la Presidenta e al Governatore, il mais per agro-combustibili e la nuova legge che regola il mercato delle sementi. “Non sono la Presidenta delle corporazioni” Cristina Fernández de Kirchner 10 dicembre del 2011 “Non sono la Presidenta delle corporazioni” Cristina Fernández de Kirchner 10 dicembre del 2011 Discorso di riassunzione, presso il Congresso nazionale Juana è una nonna, capelli biondi con sfumature bianche, una borsa della spesa tra le mani e la convinzione di poter fronteggiare l’azienda di sementi e agrochimici più potente al mondo: “Non vogliamo la Monsanto” sostiene con naturalezza e getta la prima domanda retorica: “I politici difendono più le aziende o i cittadini?”.

È mercoledì sera a Malvinas Argentinas, a venti minuti dal centro di Córdoba. Club di quartiere per feste, un salone semplice e spazioso, è questo lo scenario di un’assemblea di cittadini che si oppongono all’arrivo della Monsanto nel quartiere. La signora Juana sembra una delle voci autorevoli dell’assemblea. Ascolta attenta, in prima fila, e sostiene con forza la sua idea: “Se il Governatore e la Presidenta vogliono la Monsanto, che facciano installare la fabbrica di fianco a casa loro”. I presenti applaudono. Monsanto ha 111 anni di storia, la sede centrale negli Stati Uniti, un fatturato annuo di 7.297 milioni di dollari. Con il 27 % domina a livello mondiale il mercato delle sementi e ha appena compiuto un ulteriore passo nella sua politica di espansione: il governo nazionale argentino ha approvato un nuovo seme di soia transgenico. L’azienda, inoltre, fa pressione per ottenere il pagamento di royalties su questo nuovo prodotto e per l’approvazione di una nuova legge sulle sementi (fortemente criticata dai contadini). Allo stesso tempo, ha iniziato l’installazione del più grande impianto di tutto il Latinoamerica, a Córdoba, per la lavorazione di mais transgenico e raddoppiare così la produzione di agrocombustibili. Appoggio politico, scorrimento di frontiere agricole, sgomberi di comunità rurali, disboscamenti e uso intensivo di prodotti agrochimici. Un approfondimento del modello in modo più esplicito. Più di un secolo La storia ufficiale segnala che la Monsanto Chemical Works fu fondata nel 1901 da John Francis Queeny, “impiegato per oltre trent’anni nell’industria farmaceutica”, il quale scelse il nome di sua moglie (Olga Méndez Monsanto) e creò una piccola impresa che iniziò a crescere rapidamente. Con sede centrale a Saint Louis (Missouri), il primo prodotto fu la saccarina. Negli anni ’20, l’azienda era già diventata una tra le principali fabbriche di prodotti di base dell’industria chimica, tra i quali l’acido solforico. Nel 1928, il figlio di Queeny, Edgar, divenne il presidente della Monsanto, che raggiunse la fase di massima espansione negli anni ’30 con l’acquisto di altre tre aziende chimiche. “Dagli anni ’40 fino ai giorni nostri, è una delle quattro uniche compagnie che sono state sempre tra le prime dieci aziende chimiche degli Stati Uniti”, sottolinea Brian Tokar nella sua ricerca “Monsanto: una storia dubbia”. Tokar riporta un dato, in seguito ripreso da Marie Monique Robin nel suo libro “Il mondo secondo Monsanto”, che l’azienda occulta nella sua storia ufficiale. “L’erbicida conosciuto come Agente Arancio, usato dagli Stati Uniti per sfogliare gli ecosistemi della foresta tropicale in Vietnam negli anni ’60, era un miscuglio di prodotti chimici che provenivano da diverse fonti, ma, tra tutti, l’Agente Arancio della Monsanto era quello con una concentrazione di diossina maggiore, di molto superiore a quello prodotto dalla Dow Chemical, l’altro grande produttore del defoliante” sottolinea Tokar, direttore di ricerca in biotecnologia dell’Istituto di Ecologia Sociale del Vermont (Stati Uniti). Secondo la ricerca, questo fatto trasformò la Monsanto nel principale accusato nella causa legale avviata da veterani della guerra del Vietnam, i quali soffrirono vari sintomi attribuibili all’esposizione all’Agente Arancio. “Quando nel 1984 si raggiunse un accordo di indenizzazione per un totale di 180 milioni di dollari tra le sette compagnie chimiche e gli avvocati dei veterani di guerra, il giudice ordinò alla Monsanto di pagare il 45,5 per cento del totale” spiega Tokar, il quale ricorda un altro prodotto della Monsanto: PCB (elemento cancerogeno utilizzato nei trasformatori elettrici). Nel 1976 Monsanto iniziò a commercializzare l’erbicida Roundup (a base di glifosato). “Diventerà l’erbicida più venduto al mondo” segnala l’azienda nella propria pagina web. Nel 1981 la compagnia si affermò come leader nella ricerca in ambito biotecnologico. E nel 1995 furono approvati una decina di suoi prodotti geneticamente modificati, tra cui la “Soia RR (Roundup Ready)”, resistente al glifosato. L’azienda pubblicizzava la biodegradabilità del Roundup e sottolineava il carattere “positivo da un punto di vista ambientale” del prodotto chimico. Il procuratore di New York rivendicò per cinque anni la tesi che si trattasse di pubblicità ingannevole. Solo nel 1997 la Monsanto decise di eliminare la suddetta dicitura dalle confezioni e si trovò costretta a pagare una multa pari a 95 milioni di dollari. “è l’ultima di una serie di grandi multe e decisioni giudiziarie contro la Monsanto, tra cui i 108 milioni di dollari per responsabilità per la morte per leucemia di un impiegato texano nel 1986, una indenizzazione di 648 milioni di dollari per non aver comunicato all’EPA (agenzia governativa ambientale statunitense, n.d.t.) dei dati richiesti, una multa di 1 milione imposta dal ministero della giustizia del Massachussets nel 1991 per aver versato 750.000 litri di acque acide, e un’altra indennizzazione di 39 milioni di dollari a Houston (Texas) per aver depositato prodotti pericolosi in pozzi senza isolamento” accusa Tokar. Monsanto continuò a pubblicizzare il Roundup come “un erbicida sicuro e di uso generale in qualsiasi posto, dal manto erboso all’orto e perfino per i grandi boschi di conifere”. Il 26 gennaio del 2007, però, fu condannata dal tribunale francese di Lione a una multa per pubblicità ingannevole. In Argentina, la Monsanto possiede un impianto a Zárate (Buenos Aires) dal 1956. Dodici anni fa realizzò un’espansione e il suo impianto per la produzione di glifosato divenne il più grande in America Latina. Nel 1978 s’installò a Pergamino e, nel 1994, aggiunse un nuovo impianto a Rojas (Buenos Aires). Nel 1996, il governo argentino approvò la soia transgenica con uso di glifosato. Con la firma dell’allora Segretario per l’Agricoltura, Felipe Solá, la risoluzione 167 ebbe via libera rapidissimamente, solamente 81 giorni, e basandosi su studi della propria Monsanto. Nel fascicolo, di 146 pagine, mancano completamente studi degli effetti sull’uomo e sull’ambiente. Lo Stato Argentino non realizzò alcuno studio sui possibili effetti della nuova coltivazione, limitandosi a far proprie le relazioni presentate dalla parte interessata (Monsanto).

Brevetti Nel 1996 la soia occupava in Argentina 6,6 milioni di ettari. Nel 2000 raggiunse i 10,6 milioni. Nel 2011 arrivò a 19,8 milioni di ettari, un aumento medio di 800.000 ettari all’anno. Rappresenta il 56 per cento della terra coltivata dell’intero Paese. In seguito alla svalutazione del 2002, e in concomitanza con l’aumento della domanda estera di soia, la Monsanto cercò di farsi pagare delle royalties per il “diritto intellettuale” per il seme transgenico. In quell’occasione, la Federazione Agraria Argentina (FAA) e il Governo si rifiutarono di pagare. La Monsanto si rivolse perfino a tribunali europei, cercando di frenare, da un punto di vista legale, l’arrivo delle navi che trasportavano soia dall’Argentina. Tuttavia la causa legale non ebbe alcun seguito. In ogni caso l’azienda non aveva certo problemi economici. Nel 2006 aveva fatturato 4.476 milioni di dollari. In America Latina, nel primo trimestre del 2006, fatturò 90 milioni di dollari. L’anno seguente, nello stesso arco di tempo, ebbe un aumento del 184 per cento: 256 milioni di dollari. “Gran parte è dovuto all’aumento delle vendite dell’erbicida glifosato” annunciava l’azienda, che segnalava il glifosato come il responsabile della metà dei suoi guadagni. Nel 2007 il fatturato arrivò a 7.300 milioni. Il presidente esecutivo della Monsanto, Hugh Grant, disse nel 2009 all’agenzia Reuters che la compagnia aveva pianificato un’espansione del mercato delle sementi con un tasso di crescita del 20% annuo tra il 2007 e il 2012. Il Gruppo ETC (Gruppo di Azione su Erosione, Tecnologia e Concentrazione) studia da 25 anni la concentrazione del mercato agricolo mondiale. “La Monsanto detiene attualmente il 27% del mercato mondiale delle sementi, di qualunque tipo (transgenica e non) e di qualunque varietà. Per quanto riguarda le sementi transgeniche, la Monsanto detiene l’86 per cento del mercato mondiale. È uno dei monopoli industriali più grandi del pianeta e della storia dell’agricoltura e, addirittura, dell’industrialismo. Solo Bill Gates (con Microsoft) possiede un monopolio simile, vicino al 90 per cento del mercato” spiega Silvia Ribeiro, ricercatrice del Gruppo ETC. Coincidenze La Presidenta annunciava, dagli Stati Uniti, il nuovo impianto della Monsanto in Argentina, nello stesso periodo in cui un processo storico, inquadrato nella Legge di Residui Pericolosi (24051), apriva la porta per considerare le fumigazioni come delitti, con la conseguente possibilità di condannare al carcere i produttori e i fumigatori. Tre giorni dopo che ebbe inizio il processo, il 15 di giugno del 2012, in un pranzo nel Consiglio delle Americhe (spazio emblematico dell’establishment economico statunitense) e di fronte alle maggiori corporazioni (multinazionali, ndt) degli Stati Uniti, la Presidenta Cristina Fernández de Kirchner affermò:”Qualche istante fa sono stata con Monsanto, che ci annunciava un investimento molto importante per quanto riguarda il mais (…) e in più erano molto contenti perché l’Argentina oggi è all’avanguardia in materia di eventi biotecnologici (…). Ho qui con me, e davvero ve lo voglio mostrare perché mi sento molto orgogliosa, il prospetto della Monsanto. Un investimento oneroso a Malvinas Argentinas, a Córdoba, in materia di mais con un nuovo seme di carattere transgenico”. Il 21 di agosto, dopo oltre due mesi di iter giudiziario, la Camera I del Crimine emise la sentenza: affermò che i fatti denunciati (due fumigazioni, una del 2004 e l’altra del dicembre del 2008) avevano violato la normativa vigente e li catalogò come crimini. E condannò un produttore, Francisco Rafael Parra, e l’aerofumigatore, Jorge Pancello, a 3 anni di prigione con condizionale, 4 anni di lavori socialmente utili e 8 anni di divieto di maneggiare prodotti agrochimici. Nello stesso giorno, il Ministro dell’Agricoltura della Nazione, Norberto Yauhuar, presentò il nuovo seme di soia (“RR2 Intacta”) insieme ai dirigenti della Monsanto. Il comunicato stampa del Ministero dell’Agricoltura titolò con una dichiarazione del vicepresidente di Monsanto Argentina, Pablo Vaquero: “Lavoriamo con un Governo che è aperto al dialogo”. I comunicati ufficiali fanno propri la pubblicità della Monsanto e mettono in risalto i supposti pregi del nuovo seme: “Questa nuova tecnologia permetterà una maggior produzione e migliorerà l’ambiente”. Il ministro Yauhuar celebrò: ”È un giorno speciale per l’Argentina, perché avanziamo verso una seconda generazione di soia, approvando oggi l’evento numero 27. La biotecnologia è uno strumento per la crescita sostenibile”. Sementi Nella principale fiera di agrobusiness in Argentina, Expoagro, celebrata a marzo del 2012, le aziende Monsanto, Nidera e Don Mario (la principale azienda di sementi argentina) avevano un obiettivo principale: rimarcare la necessità che il governo approvasse la nuova soia RR2. “Quello che vedi qui è la nuova tecnologia” invitava Juan Manuel Bello, ingegnere agronomo dell’azienda Don Mario, una delle imprese leader del settore delle sementi. Si riferiva a un acquario di vetro, sopra un tavolo, alto un metro e largo due, diviso nel mezzo. Da un lato la soia transgenica in uso (chiamata RR), gambi e foglie rotte e con buchi dovuti a chissà quale insetto. Di fianco, la nuova soia RR2, impeccabile, verde scura, perfetta, per la quale veniva promessa una maggior produttività, un 11 per cento in più rispetto alla soia RR. “L’idea è che si possa confrontare a semplice vista. La soia RR2 BT ha un gene doppio, l’RR e il gene BT, che le assicura la resistenza agli insetti, brevettata dalla Monsanto. Qui la commercializzeremo non appena raggiungeremo il consenso in tutta la catena, dalla produzione fino all’esportazione. Oggi si lavora con i produttori affinché aderiscano all’ultilizzo di questa biotecnologia. Firmando l’accordo, danno il benvenuto all’avanzare della scienza”. “Il consenso”, in realtà, non è altro che l’accettazione dei produttori a pagare royalties sul prodotto. Fino a marzo del 2012 sembrava che sia i produttori che il Governo facessero resistenza al pagamento di royalties.

Mais a Malvinas Argentinas “La Presidenta Cristina Fernández de Kirchner si è riunita con i dirigenti dell’azienda Monsanto, i quali hanno annunciato un piano di investimento di 1.500 milioni di pesos per sviluppare un impianto per la produzione di mais nella località di Malvinas Argentinas, Córdoba. Ciò comporta la creazione di 400 nuovi posti di lavoro (…). Il nuovo impianto lavorerà nel trattamento e miglioramento della qualità dei semi di mais. Con le menzionate installazioni, l’Argentina potrà contare con due dei più grandi impianti al mondo per la produzioni di semi, entrambe appartenenti alla Monsanto”, viene precisato il 15 di giugno in un comunicato della compagnia con sede negli Stati Uniti. Nel medesimo comunciato, La Monsanto argomentava che il mais è importante per lo sviluppo agrario argentino perché è la miglior opzione per ruotare con la soia, “migliora l’equilibrio dei nutrienti, fa sì che l’erosione del suolo sia minore e migliora il rendimento”. L’Argentina possiede 19,6 milioni di ettari coltivati con soia e 4,5 milioni con mais. Due mesi dopo, invitati dalla Monsanto nell’Iowa (Stati Uniti), gli stessi giornalisti di agrobusiness del Clarín e de La Nación rivelarono il nuovo piano per il modello agricolo: ampliare la superficie coltivata di mais per destinarla ad agro-combustibili. “Dopo la febbre di investimenti che ci fu in impianti di bio-diesel a base di soia in Argentina, il prossimo turno sarà per l’etanolo da mais. Ci sono già una ventina di progetti di impianti per un totale di investimenti di 1.500 milioni di dollari. Si stima che questo bio-combustibile potrebbe far crescere in poco tempo del 10% l’area coltivata a mais. Il dato è conosciuto alla Monsanto, che ha organizzato un giro con i giornalisti negli Stati Uniti per visitare, tra le altre cose, impianti di etanolo, e analizzare lo stato attuale di questa industria” riporta la cronaca di Fernando Bertello, su La Nación del 31 di agosto. A Rio Cuarto (Córdoba), dove la Monsanto installerà un impianto sperimentale, l’azienda Bio4, di imprenditori locali, produce agrocombustibile a base di mais. Avanzano inoltre progetti dell’Associazione delle Cooperative Argentine (ACA) che hanno come scopo la produzione di agrocombustibile a Villa María (Córdoba), dell’Aceitera General Deheza (del ex legislatore kirchnerista Roberto Urquía), e dell’ Aceitera Vicentínin (con un impianto a Santa Fe). Con un totale di almeno 20 impianti, si produrrà agrocombustibile anche a Salta, Entre Ríos, San Luis y Bahía Blanca. Gli agrocombustibili accumulano una lunga lista di dubbi. La più recente, in Argentina, è arrivata dalla Cattedra di Sovranità Alimentare dell’Università Nazionale del Comahue: “Generare agrocombustibili significa destinare parte della superficie coltivabile alla produzione di grano per alimentare motori invece che alimentare la popolazione. Si sta perseguendo alla lettera ciò che è stato pianificato nel Piano Strategico Agroalimentare e Agroindustriale (PEA) in materia di obiettivi produttivi, senza tenere conto delle conseguenze sociali, ambientali, economiche e culturali che tali obiettivi arrecano”. La Cattedra, uno spazio nuovo e interdisciplinare che studia e mette in luce i problemi del modello estrattivo, ha denunciato: “È obbligatorio sapere che accettare la coltivazione intensiva di piante per produrre agro-combustibili suppone un incremento della pressione sulla terra, senza produrre alimenti per le popolazioni locali, il che si traduce in un aumento della nostra vulnerabilità alimentare”. Assemblea “Salone delle feste ed eventi Santina”. Un ampio rettangolo largo dieci metri e lungo venti. Pavimento di cemento, pareti bianche. Dietro una chiesa e di fronte alla piazza principale, in via San Martín, la principale del quartiere Malvinas Argentinas, con case basse, attraversato da due strade che corrono parallele (88 e 19) e dividono il quartiere in tre parti (battezzate “prima sezione”, “seconda” e “terza”). Il salone delle feste si trova nella “seconda sezione”. È una calda sera di mercoledì ed è la quarta riunione dell’ “Assemblea Malvinas lotta per la vita”, spazio autoconvocato dopo aver sentito alla televisione, in diretta e dalla voce della Presidenta, che la Monsanto si sarebbe installata nel quartiere, 32 ettari che sono già stati delimitati con filo spinato e nei quali sono già presenti le macchine che smuovono il terreno. Matías Marizza ha 30 anni, è professore in una scuola superiore del quartiere. Viso tondo, barba incolta, jeans larghi. “Abbiamo fatto colazione con l’annuncio della Presidenta” ricorda. Il passaparola cominciò a circolare e avvenne così la prima riunione di cittadini autoconvocata, il 24 luglio. “Molti hanno parenti nel quartiere Ituzaingó, sanno delle fumigazioni, del processo. Non è stato piacevole ascoltare la notizia che la Monsanto si installa nel quartiere, a meno di un chilometro dalla scuola” spiega. Yanina Barboza Vaca ha 21 anni, parla veloce e vive da sempre a Malvinas Argentinas. “Non solo conosciamo da vicino l’ Ituzaingó, ma anche le fumigazioni. Qui siamo circondati dalla soia. A soli cinquecento metri da San Martín (via principale), ci sono già la soia e le fumigazioni. È da tempo che denunciamo che ci sono ragazzi con problemi respiratori, ma non ci hanno mai dato ascolto. Inoltre, nella località limitrofa (Monte Cristo) vivono alcune famiglie che da sei anni denunciano gli effetti delle fumigazioni”. Alla prima assemblea arrivarono alcuni consiglieri comunali, ma i cittadini li mandarono via. La seconda assemblea si è svolta il 30 luglio. “Le prime due furono parecchio disorganizzate, avevamo tutti bisogno di raccontare cosa avevamo visto e i loro timori” ricorda Marizza. La terza assemblea fu il 4 agosto. Dove, per caso o forse no, saltò la luce in quella parte del quartiere. Dopo aver recuperato un gruppo elettrogeno, l’assemblea continuò. Quel giorno si approvò un’attività di informazione lungo la strada, per il 15 di agosto. Si distribuirono foglietti a tutti i veicoli che attraversavano il quartiere e ai cittadini. Ci fu una buona eco nei mezzi di informazione di Córdoba. Daniel Arzani sta compiendo il suo quarto mandato. In assemblea tutti lo chiamano semplicemente “Daniel”, in fondo è un quartiere dove si conoscono tutti. Arzani è radicale, come gli altri sette candidati che gli assicurano la maggioranza. L’opposizione: una consigliera dell’Unione per Córdoba, del governatore José Manuel De la Sota, che appoggia l’installazione della Monsanto. Il Consiglio Deliberante approvò il 13 marzo l’installazione del cantiere nei 32 ettari. “Non si è fatto alcuno studio di impatto ambientale, obbligatorio per legge, non si è informata la comunità. Il Sindaco ha fatto delle riunioni in alcune case, una cosa abituale da queste parti, ma nemmeno lì ha ottenuto appoggio. I cittadini gli hanno detto “ti abbiamo sempre sostenuto, però con questo no”” afferma Marizza. L’assemblea dei cittadini può contare su una decina di giovani che coordinano le attività decise nella plenaria. “Rendiamo operativo ciò che si approva in assemblea. Non decidiamo per conto nostro” avvisa Yanina Barboza. L’assemblea di oggi si preannuncia movimentata. Un volantino firmato dai “cittadini per il sì” convoca una riunione per domani e ribadisce l’appoggio alla Monsanto. Non sanno chi sono, però scommettono che si tratti di persone del Comune. Seconda novità: una decina di persone hanno percorso le strade del quartiere domandando l’opinione dei cittadini nei confronti del Sindaco, del Governatore, della Presidenta e, ovviamente, della Monsanto. Chi ha fatto l’inchiesta? Quando gli fu domandato, si identificarono come appartenenti a “un’azienda di consulenza”. Pazienza e consenso Un argomento ricorrente sono i 400 posti di lavoro promessi dalla Monsanto e ricordati periodicamente dai vari Governi (dal municipale fino al nazionale, senza dimenticare quello provinciale). “Ci siamo mossi, abbiamo verificato e confermiamo che la Monsanto ha pubblicato nella sua pagina web un annuncio in cui vengono richiesti professionisti agronomi, chimici, contabili, meccanici e nell’area del marketing, giovani tra i 21 e i 27 anni, con un livello di conoscenza medio dell’inglese. È chiaro che il lavoro non sarà per i cittadini del quartiere. Stando all’ultimo censimento, a Malvinas non ci sono più di 50 studenti universitari. Che non mentano più” rivendica Marizza. Marizza e Barboza si trovano d’accordo sul fatto che l’arrivo della Monsanto abbia dato visibilità alle fumigazioni intorno al quartiere e alla logica paternalista, senza consulta previa, della classe politica. Convocata per le 20, l’assemblea è cominciata con 39 minuti di ritardo. Erano presenti circa 150 persone, molte donne con figli, coppie giovani, uomini con la valigetta appena usciti dal lavoro. Primo punto, ripasso delle condanne per il processo del quartiere Ituzaingó. A seguire, si discute sull’opuscolo dei cittadini che presumibilmente vogliono la Monsanto, vengono proposte delle azioni per frenare la Monsanto durante le prossime settimane, viene dibattuta la possibilità di fare ricorso a un’azione legale e, infine, sulla necessità di fare pressioni a livello politico. Per il momento l’assemblea spara temi a raffica. Tutti vogliono parlare. Il classico “compagno” usato in ambiti di militanza si rimpiazza con “cittadino”. Molti tra i presenti non hanno mai assistito ad un’assemblea, e provano a continuare a discutere anche dopo le votazioni. Si è votato per bloccare l’arrivo della Monsanto e partecipare, il giorno seguente, alla riunione convocata da chi appoggia la Monsanto. Si sono approvate entrambe le cose. Dopodiché alcuni cittadini vogliono continuare a discutere. I coordinatori spiegano un’altra volta il metodo, ma stanno al gioco. Sanno che la battaglia sarà lunga e che dalla pazienza e dal consenso dipenderanno le loro sorti. Di fronte hanno il Governo (con i suoi tre livelli) e, ovviamente, la corporazione più grande dell’agrobusiness.(di di Darío Aranda - Traduzione per Comune-Info, Diego Repetto Fonte: http://anarquiacoronada.blogspot.it)
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domenica 10 marzo 2013


 
News

Nuova protesta degli agricoltori a Bruxelles, 250 trattori intorno alle sedi Ue. Roghi davanti all’Eurocamera: polizia usa idranti e lacrimogeni.
Circa 250 trattori hanno bloccano le strade principali del quartiere delle istituzioni Ue a Bruxelles chiamati a manifestare da Fugea, dalla Federazione dei Giovani Agricoltori (FJA), dalla Federazione Vallone dell’Agricoltura ( Fwa), dalla Rete di sostegno all’agricoltura contadina (RéSAP) e dal Coordinamento europeo. >>



Gates e Zuckerberg puntano sull'agricoltura: "Cibo vero solo per ricchi"
Altro che carne sintetica e dieta vegetale. I grandi imprenditori dei Big Data sembrano andare proprio nella direzione opposta. Mentre, infatti, la sostenibilità planetaria spinge le economie a orientarsi verso la produzione di cibo sintetico, loro investono su terreni agricoli e sulla produzione di carne tradizionale di altissima qualità. E naturalmente altissimi costi e ricavi. >>



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Il presidente USA Biden, raccogliendo la richiesta che da tempo avanza Bernie Sanders, ha annunciato che gli Stati Uniti forniranno mascherine ffp2 gratis ai cittadini. >>