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Gaza: la sanità e la conta dei danni .

Prosegue il racconto di Giuditta Brattini, cooperante sanitaria a Gaza, che in questa terza testimonianza affronta due argomenti cruciali: prima ci spiega come funziona la sanità nella Striscia e quali duri colpi abbia ricevuto negli ultimi giorni; poi inizia a farci rendere conto di quale sia l’entità dei danni – economici, materiali, ma soprattutto in termini di vite umane – che l’attacco israeliano ha provocato. «Durante questi otto giorni di attacchi ininterrotti la sanità pubblica è stata messa a dura prova. Le spese sanitarie a Gaza per i 12 ospedali pubblici e i 56 centri sanitari pubblici presenti sul territorio richiedono un budget di circa 45 milioni di dollari. Questo importo va solo a copertura del fabbisogno dei farmaci, generici, e dei materiali monouso. I costi riferiti ai materiali di laboratorio e altro sono costi extra. L’Autorità Nazionale Palestinese copre circa il 20% del fabbisogno di cui sopra e la maggior parte del sostegno economico viene dai Paesi Arabi. La sanità pubblica viene sovvenzionata anche con una tassa pagata dai palestinesi che hanno un’occupazione fissa, ad esempio dipendenti pubblici o di Ong. Questi pagano mensilmente da 70 a 90 NIS (lo sheqel, la moneta israeliana; 1 euro = circa 5 NIS), a seconda del salario, per componente della famiglia; ci sono eccezioni in presenza di bambini e disoccupati . Nel nucleo famigliare nel quale non ci sono persone occupate l’importo da pagare è di 300 NIS a famiglia per tutto l’anno.

L’altra faccia della sanità a Gaza è quella privata. Gli ospedali privati afferiscono ad Associazioni e Ong di “appartenenza politica”. L’accesso alle cure in questi ospedali, con attrezzature migliori e moderne, è a pagamento. Per un posto letto si oscilla tra i 200 e 400 NIS al giorno e una spesa a parte è prevista per le cure e eventuali interventi chirurgici. Nella Striscia di Gaza, date le terribili condizioni economiche di gran parte della popolazione, è evidente che sono pochi quelli che possono rivolgersi a queste strutture: la maggior parte della popolazione, dunque, si riversa negli ospedali pubblici . Nei distretti sanitari locali gestisti da Ong o associazioni le visite sono effettuate con richiesta di un pagamento minimo da 3 a 5 NIS. In queste strutture i farmaci quali antibiotici, antidolorifici, ipertensivi sono gratuiti mentre i farmaci per patologie specifiche sono a pagamento. L’Associazione Gazzella è un organismo impegnato da più di dieci in attività a sostegno delle famiglie dei bambini feriti in Palestina in particolare nella Striscia di Gaza. Negli ultimi anni l’Associazione ha allargato il suo sostegno, prendendo in considerazione alcuni casi di bambini sordomuti e portatori di handicap.

Durante l’attività nella Striscia di Gaza, Gazzella è riuscita, grazie al contributo dei suoi donatori, a dare sostegno anche ad altre iniziative volte a migliorare la condizione psicofisica dei bambini/ragazzi feriti. Hanno ricevuto un sostegno economico i centri di riabilitazione Assalama e quello del Medical Relief. Presso questi centri si recavano bambini e ragazzi che avevano riportato ferite invalidanti e che richiedevano cure fisioterapiche. Attività tutte gratuite per i nostri bambini. Al centro neonatale dello Shifa Hospital sono state donate due incubatrici e altre piccole attrezzature sanitarie. I 4 generatori che il Medical Relief ha potuto acquistare grazie a uno sforzo economico da parte di tutti i donatori, sono sempre in funzione, garantendo l’erogazione di elettricità nei centri sanitari locali gestiti dal Medical Relief, stante che l’elettricità viene erogata per sole 8 ore al giorno. Un esempio concreto degli interventi di Gazzella è il centro sanitario locale gestito dal Medical Relief ad Abu Teama, localita a est di Khan Younis . Nel 2008, anche con il contributo di Gazzella, è stato ristrutturato l’edificio che ospita il centro, che è stato dedicato a Marisa Mussu, Giancarlo Lannutti e Marina Rossanda. Il distretto sanitario è ubicato in una zona molto povera della Striscia di Gaza. È aperto 6 giorni su sette e offre servizi a circa 6.000 residenti dell’area. Giornalmente si effettuano circa 25 visite. I servizi offerti sono di prevenzione e cura di patologie croniche (diabete, ipertensione, malattie cardiocircolatorie), primi trattamenti per la cura delle ferite, ingessature e, a seconda della gravità dei casi, i pazienti vengono ospedalizzati. Due giorni alla settimana è presente un medico per le donne per attività di prevenzione, cure e accertamenti durante la gravidanza e post-parto. Il dott. Tassir Dadah, responsabile del centro, orgogliosamente mi ha mostrato la scheda medica di un paziente affetto di diabete, classe 1964, che, dopo un trattamento di 3 mesi, aveva visibilmente migliorato la sua condizione, a dimostrazione che l’impegno e la presenza costante garantiscono condizioni migliori di vita. Il Centro sanitario di Abu Teama è rimasto sempre aperto durante l’ultima aggressione israeliana, prestando soccorso soprattutto ai feriti meno gravi e prendendosi cura dei molti casi di attacchi di panico. Al piano rialzato dell’edificio ci sono spazi adibiti per ricevere, durante la settimana, circa 100 bambini per svolgere attività ricreative. Nisreen, una delle persone che segue queste attività, l’altro giorno mi ha orgogliosamente mostrato i lavori dei bambini.

Qui a Gaza è iniziata la conta dei crimini e dei danni dell’aggresisone israeliana, dopo 8 giorni di bombardamenti durante i quali sono stati lanciati più di 1400 missili: -1222 vittime, tra cui 247 bambini e 162 donne; -156 vittime, tra cui 33 bambini e 13 donne. Sono state distrutte 55 case, 8 uffici governativi, 13 uffici della sicurezza, 2 ponti che collegavano nord e sud della striscia di Gaza; sono stati gravemente danneggiati 6 edifici sanitari, 28 scuole, 22 sedi di ong e di associazioni e 6 uffici della stampa. Qui si dice «È iniziata la conta dei crimini e dei danni», perché, come sempre è accaduto in passato, nei giorni seguenti agli attacchi il numero dei martiri è destinato a salire, poiché molti dei feriti sono in gravi condizioni. Allo stesso modo la conta dei danni è stata stimata sulle distruzioni più gravi, ma tante famiglie che ho visitato hanno subito danni alle abitazioni e queste situazioni non sono state prese in considerazione. L’aiuto per rimediare a parte dei danni potrebbe essere sostenuto anche dall’Unrwa, mentre i Paesi Arabi, che erano in delegazione nella Striscia di Gaza durante i bombardamenti, hanno comunicato l’impegno economico per la ricostruzione. Ma qui a Gaza i Palestinesi vorrebbero fosse messo fine ai finanziamenti per la ricostruzione, vorrebbero soluzioni non di facciata: vorrebbero finalmente il riconoscimento dello Stato di Palestina, il diritto all’autodeterminazione e il diritto al ritorno. La tregua e gli accordi che sono stati “sottoscritti”, di cui peraltro si conosce poco, sono un paravento dietro cui nascondersi per non affrontare la questione palestinese in tutte le sue implicazioni».
Giuditta Brattini

mercoledì 28 novembre 2012


 
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