AMARO LUCANO.
Chiedete a uno dei 3mila abitanti di Viggiano, in provincia di Potenza, che cosa pensi del petrolio. Probabilmente resterà in silenzio, per far parlare l'odore che gli arriva in salotto dal vicino Centro di estrazione e raffinazione oli, oppure le frequenti scosse di terremoto, effetto dell'attività estrattiva, che fanno tremare i muri della cucina. Perché il Centro oli di Viggiano non è tra campagne desolate, ma tra i pochi al mondo a sorgere in un centro abitato, in un comune della Val d'Agri. Terra di petrolio sì, ma anche di prodotti "DOP" come il Canestrato di Moliterno (un tipo di pecorino) e i fagioli di Sarconi.
Secondo l'Eni, di qui passano 80mila barili di greggio al giorno, il 6 per cento del fabbisogno energetico nazionale. Facendo della Basilicata, con le sue 22 "concessioni di coltivazione", il più grande giacimento petrolifero d'Europa, oltre che la principale riserva del greggio italiano (l'80 per cento delle scorte è concentrato qui). L'oro nero scorre via veloce lasciando dietro di sé inquinamento e malattie cardio-respiratorie, ma non ricchezza. Qui due famiglie su dieci non hanno lavoro, la disoccupazione giovanile è del 42 per cento, il tasso di emigrazione incalcolabile. Eppure i Comuni e la Regione, coinvolti nell'estrazione, hanno ricevuto ingenti somme di denaro, derivanti dalle royalties sulla produzione di petrolio: oltre 330 milioni di euro, negli ultimi tre anni. Un importo destinato ad aumentare, visto che le royalties (le più basse al mondo) sono passate dal 7 al 10 per cento.
Peccato che fino a un anno fa, solo il 35 per cento dell'importo ricevuto dalle amministrazioni era stato utilizzato. In "premio", ai cittadini lucani patentati, 100 euro da spendere in carburanti. L'ennesima beffa, dice qualcuno che prova a fare i calcoli. Da un lato i guadagni delle imprese petrolifere, dall'altro il tenore di vita delle persone.
(da Terre di Mezzo Street Magazine - maggio 2012)
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venerdì 4 maggio 2012
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