Il biologico in mensa. UN'OCCASIONE PERDUTA DAL COMUNE DI PADOVA, O FORSE NO, GRAZIE AL T.A.R. ?!............ VEDREMO.
Padova è stato uno dei primi Comuni taliani ad inserire il biologico nelle mense scolastiche, e cambia inspiegabilmente rotta proprio adesso........ vedi su http://www.padovanet.it/dettaglio.jsp?tasstipo=S&tassidpadre=640&tassid=2242&id=16383
Adesso, a fronte di una crescente sensibilità della popolazione sui temi della qualità alimentare, del territorio e della stagionalità delle diete, in modo da favorire la salute pubblica, l'economia locale e la crescita culturale.
Nonostante la costante offerta di collaborazione da parte di chi ha fatto di Padova una piccola capitale del "biologico" Italiano da decenni.
Nonostante sia dimostrato da numerosi altri Comuni che si può, e molto meglio di prima, aver una dieta sana, biologica, intelligente, responsabile ed economica, nel vero senso della parola........
Nonostante la mobilitazione a la sottoscrizione, on-line e cartacea, dell'appello al Sindaco di oltre 1.500 cittadini padovani &dintorni - vedi su http://www.biorekk.org/firma/per-una-ristorazione-scolastica-sostenibile/ che esprime in maniera esemplare e civile il ruolo centrale della ristorazione scolastica per il territorio e della Comunità locale - petizione che non ha avuto la benchè minima attenzione da parte dell'Amministrazione Comunale
Nonostante precisi obblighi di legge, vedi l' allegato a firma ASSOBIO in coda alla presente lettera.
Nonostante una lunga mobilitazione dei genitori, sfiancata e frammentata nel tempo, col preciso obiettivo di togliere di mezzo ogni confronto che non sia riferito solo ai "conti", spesso frammentari e cotraddittori.
Ma si sa, l'unico riferimento rimasto è il risparmio sui costi sociali, tutto il resto non fa più "politica".
E' sconfortante dover sperare in un ricorso al TAR, veramente.
Ma è ancora possibile protestare, ed è questo che invitiamo a fare.
(di Franco Zecchinato - El Tamiso, Padova))
Associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici.
Padova, 11 aprile 2012
Pregg.mi
Dott.ssa
Federica di Maria
presidente della Commissione scuola
e, p.c.
Sindaco
Assessore alle politiche scolastiche ed educative
Consiglieri Comunali
Dirigente del Settore Servizi Scolastici
LL.SEDI
Oggetto: Bando di gara per servizi di ristorazione scolastica e pasti a domicilio a persone in condizioni
di disagio (scadenza 18 giugno 2012)
In relazione al bando in oggetto evidenziamo, in particolare, alla qualità delle derrate dettagliata nel
capitolato speciale d’appalto che è del tutto illegittimo limitare la richiesta di prodotti biologici (articolo
22) soltanto a
“legumi secchi, pomodori pelati, passata di pomodoro, banane biologiche provenienti dal commercio
equo solidale”
per tutte le scuole e a
“riso in tutte le sue varietà; orzo perlato; farro decorticato e/o spezzato; mais (in chicchi e mais per
pop corn); amaranto quinoa, avena, miglio, grano saraceno, farina di grano duro, semola e semolino,
farina di farro, farina di grano tenero (integrale, 2, 1, 0, 00) farina di mais e fioretto, farina di castagne,
fecola di patate, tapioca, maizena, frumina, pane fresco comune, pane al latte o all’olio,
pane integrale o semi integrale, pane grattugiato, pasta di semola di grano duro, pasta surgelata
per lasagne, pasta sfoglia surgelata, base per pizza fresca, cus cus precotto, biscotti secchi, biscotti
frollini, fette biscottate comuni e integrali, crackers non salati in superficie, cereali corn flakes,
gioppini, schiacciatine, grissini, crostini, orzo solubile”
per gli asili nido, le scuole dell’infanzia e i nidi integrati con cucina interna.
Come già ripetutamente segnalato a codesta spettabile amministrazione, il comma 4 dell’articolo
59 della Legge 23 dicembre 1999 n. 488 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato”, cioè la legge finanziaria 2000) impone agli enti che gestiscono mense
scolastiche e ospedaliere l’uso quotidiano di prodotti biologici, stabilendo che: “Per garantire la
promozione della produzione agricola biologica e di qualità, le istituzioni pubbliche che gestiscono
mense scolastiche ed ospedaliere prevedono nelle diete giornaliere l’utilizzazione di
prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché di quelli a denominazione protetta, tenendo
conto delle linee guida e delle altre raccomandazioni dell’Istituto nazionale della nutrizione. Gli appalti
pubblici di servizi relativi alla ristorazione delle istituzioni suddette sono aggiudicati ai sensi
dell’articolo 23, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive
modificazioni, attribuendo valore preminente all’elemento relativo alla qualità dei prodotti agricoli offerti”.
È del tutto evidente che limitare l’origine biologica ai soli legumi secchi (previsti nel menu una volta
al mese), a pelati e passata e alle banane (previste una volta a settimana) è in palese contrasto
con l’obbligo che fa capo al Comune di prevederli “nelle diete giornaliere”.
Le previsioni del capitolato speciale d’appalto contrastano inoltre con le indicazioni dettate successivamente
dal decreto del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio
2011 (“Adozione dei criteri minimi ambientali da inserire nei bandi di gara della Pubblica amministrazione
per l'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di
derrate alimentari e serramenti esterni”, in Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2011) che,
nelle specifiche tecniche di base dettaglia nel 40% espresso in termini di peso la quota minima
di prodotti biologici per le merceologie “Frutta, verdure e ortaggi, legumi, cereali, pane e prodotti da
forno, pasta, riso, farina, patate, polenta, pomodori e prodotti trasformati, formaggio, latte UHT, yogurt,
uova, olio extravergine” , nel 15% la quota minima di “carne” e nel 20% la quota minima di “pesce”.
Davvero poco conta che alle imprese partecipanti alla gara sia concessa la facoltà di proporre,
qualora lo desiderino, l’utilizzo di ulteriori prodotti ortofrutticoli biologici (prospetto criteri – sottocriteri,
piano alimentare, criterio C2) o di olio extra vergine di oliva, succo di frutta, crackers (criterio
C4); la presenza quotidiana di prodotti biologici nel menu non può essere lasciata alla discrezionalità
delle imprese, ma costituisce tassativo dovere dell’appaltante.
Auspichiamo quindi che codesta spettabile amministrazione provveda tempestivamente a rettificare
i vizi d’illegittimità dell’atto, evitando così di appesantire il bilancio comunale con le spese legali
connesse all’altrimenti inevitabile lite amministrativa, dall’esito già scritto: tutti i precedenti contenziosi
in sede di giustizia amministrativa per analoghe violazioni hanno visto soccombenti le amministrazioni
inadempienti 1.
Distinti saluti.
Roberto Pinton
segretario AssoBio
1: Tar Puglia, II sezione di Lecce, sentenza 2 aprile 2005 (giudice A. Cavallari) relativa a una vertenza tra una società
di catering e il Comune di Taurisano, conferma che l’utilizzo quotidiano di prodotti biologici, tipici e tradizionali è un obbligo
anche a carico delle amministrazioni che gestiscono mense per anziani e non solo alle mense scolastiche ed ospedaliere.
Ogni interpretazione diversa, ha deliberato il collegio “è assolutamente formalistica”.
“Rileva in senso contrario” – prosegue il collegio – “la constatazione che, nel primo periodo del citato art. 59, comma 4, il
riferimento alle mense scolastiche è funzionale solo all’individuazione dei soggetti tenuti al rispetto della suesposta normativa”.
Tar Friuli Venezia Giulia, sentenza n. 412/2004 pubblicata il 17 luglio 2004 (giudice V. Sammarco) relativa a una vertenza
tra una società di catering e il Comune di Trieste: “Ritiene il Collegio che, agli effetti della presente controversia, il
Comune sia chiaramente soggetto destinatario della norma dell’art. 59, 4° comma, della L. n. 488/99 in quanto una delle
‘istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche’ il che è sufficiente a radicare l’obbligo, nei suoi confronti, dell’uso
di prodotti biologici e tradizionali.
Tale obbligo è oggettivamente esteso ai ‘servizi relativi alla ristorazione’ da esso gestiti, sia che pertengano ad istituzioni
scolastiche vere e proprie (nel capitolato sono menzionate scuole dell’infanzia, elementari e medie, anche a tempo pieno)
sia a quelle affini non scolastiche (asili nido, centri estivi) e cioè a tutti i servizi, che siano strumentali o accessori alla
somministrazione di pasti – e senza i quali essa non potrebbe avvenire – in cui consiste la ristorazione, che fa carico al
Comune”.
Tar Sardegna, sentenza n. 2282/2000 (pubblicata il 6 febbraio 2001), giudice A.M. Sassu:
Appare “conforme alla ratio ispiratrice della norma, volta a consentire a categorie particolarmente meritevoli di cura di
beneficiare di cibi di prima qualità, ritenere che la disposizione in questione debba trovare la massima applicazione possibile,
interpretando la locuzione ‘Istituzioni pubbliche’ nel senso di ricomprendere non solo le Pubbliche Amministrazioni
tradizionali ma anche tutti gli organismi pubblici, comunque denominati, erogatori del medesimo servizio. Per quanto sopra
il ricorso merita quindi accoglimento con annullamento, per l’effetto, dei provvedimenti impugnati”.
Tar Puglia, II sezione di Lecce, sentenza 27 febbraio 2001 (giudice A. Cavallari): “Si deve osservare che la generalità e
la tassatività del dovere delle amministrazioni di prevedere l’utilizzazione, nelle mense scolastiche ed ospedaliere, dei
prodotti in questione mal si concilia con un determinato rilievo economico del servizio da affidare in appalto.
Sotto il profilo del ‘buon senso comune’, poi, non è giustificabile che l’utilizzazione di determinati prodotti in mense destinate
a soggetti che si trovano in età o situazioni della vita particolarmente delicate sia assicurata o meno a seconda che
l’ammontare economico del servizio superi o meno una certa entità”.
Gli atti impugnati, che prevedevano l’aggiudicazione del servizio di refezione nelle mense scolastiche con il criterio di
scelta del maggior ribasso sul prezzo a base d’asta, sono stati annullati, in quanto giudicati non conformi al disposto
dell’art. 59, 4° comma della legge n. 488 del 1999.
Tar Puglia, sede di Bari, sezione I, sentenza 610/06 dell’8 giugno 2005 (giudice G. Ferrari):
“il criterio del massimo ribasso è pienamente legittimo quando sia comunque garantita, attraverso le minuziose prescrizioni
della lex specialis e del capitolato, come nel caso di specie, la qualità dei prodotti alimentari e la loro conformità ai
metodi dell’agricoltura biologica”.
El Tamiso
giovedì 19 aprile 2012
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