Cooperativa CAMPO: riflessioni sulla truffa Bio.
È notizia di questi giorni: la Guardia di Finanza ha scoperto una frode enorme riguardante falso
prodotto biologico messo in commercio in questi ultimi anni.
Con la presente lettera vogliamo mettere i nostri clienti in condizione di capire meglio cosa è
accaduto, cosa potrà e dovrà ancora accadere e quanto un'impresa come la nostra sia lontana, nella
pratica e nei concetti, da questa organizzazione criminale e da qualsiasi altra.
I fatti
Citiamo qui alcuni siti/articoli che parlano dell'accaduto
www.greenplanet.net
www.repubblica.it/cronaca/2011/12/06/news/frode_cibi_bio
http://corrieredelveneto.corriere.it/veneziamestre/notizie/cronaca/2011/6-dicembre-2011/
Una frode che deve far pensare
· Una prima riflessione sulla tipologia di prodotto: si tratta prevalentemente di granaglie
destinate alla produzione di mangimi per animali, quindi filiera della carne, del latte e delle
uova; e di grano tenero, destinato alla produzione di farine per pane e biscotti. Allo stato
attuale delle cose non si hanno notizie di traffici illeciti né di grano duro per la pasta, né
pomodori.
· Una seconda riflessione sulla dimensioni del fenomeno: risulta che siano state
commercializzate 700.000 tonnellate di prodotto in circa tre anni (il carico di tre
superpetroliere o di 50.000 container, tanto per avere un'idea), per un valore di 250 milioni
di €uro (pensate che, probabilmente, nel giro del biologico italiano un'azienda con 80
milioni di fatturato annuo si colloca tra le prime cinque), sono state sequestrate nel momento
dell'incursione della Guardia di Finanza 2.500 tonnellate di merce (valore equivalente 7/8
milioni di €uro). Se consideriamo che queste sono solo materie prime, risulterà che il
prodotto venduto in Europa nel corso di questi ultimi tre anni, inquinato da questo falso bio,
sarà stato compreso tra 1 miliardo e 2,5 miliardi di valore commerciale su, più o meno, 50
miliardi di prodotto bio venduto in tre anni in Europa.
· Una terza riflessione sulle persone e le aziende coinvolte: sono state arrestate 7 persone
(Stefano Spadini, Michele Grossi, Andrea Grassi, Luigi Marinucci, Davide Scapini, Caterina
Albiero e Angela Nazaria Siena, l'unica con precedenti penali. Al momento risultano
coinvolte 23 aziende: agricole e commerciali (capofila: Sunny Land spa di Bovolone Verona
e Centro Cereali di Foggia) ma non di trasformazione. Nessuna di queste imprese appartiene
al mondo del “biologico storico” mentre ben otto diversi enti certificatori, compreso l'ente
svizzero BioSuisse, hanno certificato almeno un'azienda coinvolta; inoltre si sa qualcosa
sulla provenienza di buona parte della merce (importata dalla Romania) ma nulla è stato
detto sui clienti di questo sistema criminale.
Incrociando queste riflessioni risulta chiaro che:
1) l'area potenzialmente inquinata risulta enorme per dimensioni di venduto al consumatore
(sicuramente oltre un miliardo di prodotto finito equivalente) ma ben delimitata per tipologia
(ad esempio carne, uova, latte e biscotti);
2) gli arrestati potrebbero essere solo gregari, perché lo sforzo finanziario per sostenere
un'operazione come questa richiede avere alle spalle un'organizzazione con moltissimi soldi
a disposizione;
3) il mondo del biologico storico europeo non sa ancora come reagire in modo tempestivo di
fronte alle incursioni dei banditi, dei criminali, della malavita; infatti gli inquirenti hanno
detto che la truffa è cominciata nel 2007, le denunce degli enti certificatori risalgono al 2010
mentre non è noto che ci siano denunce fatte dai clienti truffati.
In attesa di sapere chi ha comperato, trasformato e messo in commercio – più o meno in modo
consapevole, più o meno in buona fede – questa montagna di falso bio; in attesa di sapere se ci sono
mandanti forti, quindi se abbiamo di fronte dei semplici gregari; è il caso di avviare una riflessione
su come è stato possibile tutto questo e su cosa fare perché non accada più.
Nel nostro piccolo pensiamo di dare un contributo, a questa necessaria riflessione, raccontandovi i
nostri strumenti di misura, le nostre idee guida, il nostro modo di lavorare.
Come selezioniamo i fornitori?
Ogni nostro prodotto deve rispondere a sei requisiti.
1. Deve essere certificato, per la semplice ragione che noi vendiamo prodotti biologici.
2. Deve superare tutte le analisi di laboratorio a cui viene successivamente sottoposto, perché
oltre ai certificati servono le analisi per comprovare l'assenza di veleni. Da notare che serve
una costruttiva relazione con i laboratori d'analisi perché ogni anno si aggiungono nuovi
veleni al già lungo elenco che a tutt'oggi supera il numero di 300 possibili sostanze
pericolose che nel prodotto biologico debbono risultare del tutto assenti. Va inoltre messo in
evidenza che il costo di queste analisi è a totale carico della cooperativa così come il costo
del servizio di certificazione bio.
3. Deve provenire da aziende che stimiamo. Essendo il prodotto alimentare il risultato di un
percorso molto articolato riteniamo che le variabili in gioco non siano riconducibili solo ad
un certificato o al risultato di analisi, ma riguardino innanzi tutto la serietà dei nostri
fornitori, verificata da relazioni di lunga durata costruite insieme, le sole capaci di fornire la
certezza che qualsiasi problema possa sorgere sarà affrontato e risolto secondo giudizio e
buon senso, relazioni che, in pratica, trasformano i fornitori in patrimonio della cooperativa.
4. Deve costare il giusto, perché va riconosciuto un giusto prezzo alla materia prima, perché la
lavorazione va pagata secondo costi industriali corretti, perché il prodotto finito non deve
portare con sé né sprechi né speculazioni. Per questo ci è utile l'esperienza agricola maturata
in oltre trenta anni di vita della cooperativa, esperienza che ci permette di avere ben chiaro
quanto costa produrre grano, pomodoro o altro; perciò vale la scelta di usare stabilimenti di
trasformazione dalle dimensioni adeguate alla tipologia di prodotto finito. Noi siamo certi
che, nelle relazioni di lavoro destinate a durare, occorre che ogni fattore produttivo venga
remunerato in modo adeguato; purtroppo, al momento, stiamo pagando molto caro il denaro
– che è anch'esso un fattore produttivo – ma tutti ben conoscete l'esosità delle banche
italiane e la condizione di debolezza del nostro Paese in questo ambito, e per noi questa è
una fonte di diseconomia (alla quale stiamo cercando di porre rimedio) se si pensa alla
quantità di capitale immobilizzato in merci, strutture e attrezzature che il nostro lavoro
richiede.
5. Deve essere buono, non solo perché fatto con materie prime di qualità ma perché lavorato
con competenza e maestria;
6. Serve che si presenti sempre bene e che sia capace anche di far sognare, almeno un po' ...su
questo ci stiamo lavorando e siamo ben consapevoli che abbiamo ancora parecchia strada da
fare!
C'è poi un'altra cosa da aggiungere: per i nostri prodotti principali la ricerca di fornitori che, oltre a
fare biologico, siano ben presenti nel mercato del convenzionale, non è dettata solo dal fatto che le
loro dimensioni ci permettono economie di scala, ma anche dal fatto che abbiano in quel mercato un
nome importante da salvaguardare.
Un'azienda che fa grandi numeri nel convenzionale non solo riuscirà a praticarci costi industriali di
trasformazione comprensibili, facili da spiegare, giustificare e motivare ai nostri clienti, perché
direttamente paragonabili a quelli del convenzionale, ma avrà anche altre mille e poi mille ragioni
per comportarsi in modo coerente con l'intero sistema del biologico, perché per pochi barattoli o per
pochi pacchetti di pasta non c'è ragione di rovinarsi un nome ben radicato e conosciuto nel mercato
alimentare.
In concreto pensate forse che un'azienda che produce trenta milioni di bottiglie di passata
convenzionale possa rischiare di rovinarsi il nome facendo qualche sciocchezza nel produrre le
nostre duecentomila bottiglie di passata bio?
E pensate davvero che un pastificio che lavora per noi una decina di giornate all'anno possa
rovinarsi il lavoro degli altri trecento giorni e rovinare così un nome ben noto sul mercato
perdendosi dietro alla voglia di speculare su pochi centesimi di differenza tra la semola bio e la
semola convenzionale?
Cosa pensiamo dei nostri clienti?
Da sempre consideriamo i clienti un patrimonio importante dell'azienda ed è proprio in questo
momento difficile per l'intero movimento del biologico che può essere utile provare a spiegare in un
modo quanto più chiaro possibile il nostro modo di intendere la relazione con i clienti.
Viviamo al servizio di clienti che sono persone intelligenti, preparate, sensibili, capaci di far
diventare la scelta di una lattina di pomodoro e di un pacchetto di pasta, un momento che “ri-orienta
i consumi del mondo” dal chimico al biologico: per questo noi stimiamo i nostri clienti.
Abbiamo imparato a vivere così il nostro cliente-cittadino-consumatore, perché quando una persona
sceglie, in modo più o meno consapevole, un prodotto bio piuttosto che uno chimico, dà indicazioni
di indirizzo generale ben precise, ri-orienta risorse.
In questi anni abbiamo imparato a prenderci la responsabilità d'essere al servizio di persone che
pensano; e questo è stimolo a migliorare, per essere sempre più all'altezza della situazione; la
piccola luce rappresentata dal biologico va difesa con coraggio e creatività, noi siamo parte di
questa piccola luce e ne andiamo fieri.
Per noi servizio vuol dire anche avere il coraggio di addentrarsi nell'area dei prodotti di base, là
dove i conti tornano solo se l'impresa sa fare impresa, là dove ci si pone il problema di come
rendersi utili rispondendo ai bisogni essenziali, senza troppa gloria, senza troppo clamore:
“straordinaria normalità” è la nostra ricerca di vita, “essere molto, apparire quanto basta” è il nostro
modo di essere, “servire, capire e andar oltre” è l'idea che ci guida.
Per noi l'intero settore del biologico non può esistere se nessuno si preoccupa degli alimenti di base,
di quel cibo che si può mangiare tutti i giorni senza bisogno di svenarsi: così noi ci proviamo,
perché siamo le persone che siamo, perché ci sembra giusto, perché questo è ciò che sappiamo fare,
perché questa è la nostra idea di servizio all'agricoltore che fa bio.
Infine, sempre per essere chiari nel rapporto con i nostri clienti, vogliamo lanciare la sfida
all'ideologica interpretazione del concetto “chilometro zero”: il cibo per noi è portatore di messaggi
di pace, occasione di crescita culturale, modo di conoscere aspetti della vita dei popoli, così come lo
è il turismo, quello per bene!
Certamente ci sono modi dementi e a volte criminali di gestire il tutto ma non per questo ci si deve
rinchiudere in un'isola, in un fortino, in un monastero!
Trasferire nello spazio (dalla campagna alla città) e nel tempo (dal momento del raccolto al
momento del consumo) è la funzione base che dà senso e origine alle imprese alimentari, mantenere
le caratteristiche nutrizionali della materia prima è un altro punto fermo; qui in Italia abbiamo la
fortuna di avere un cibo simbolo – la pasta – che è un capolavoro assoluto sia dal punto di vista del
trasferimento nello spazio e nel tempo, sia dal punto di vista della salvaguardia delle proprietà
nutrizionali; con un ulteriore pregio: la pasta vive nel tempo senza consumare energia, a differenza,
ad esempio, dei cibi surgelati che consumano una montagna di energia per sopravvivere.
Ebbene, perché mai non dovremmo portare in giro per il mondo questo alimento di base, simbolo
del genio e dell'ingegno italiano?
Conoscere di più
Così come ci sembra giusto considerare i clienti parte del nostro patrimonio, cerchiamo di fare in
modo che anche loro ci considerino un loro patrimonio ed è anche per questo che ci adoperiamo per
costruire reti, luoghi e situazioni capaci di generare momenti di incontro e scambio.
Ci consideriamo parte dello stesso progetto – migliorare la qualità del consumo alimentare –
migliorare la qualità del rapporto con la terra – migliorare la qualità delle relazioni tra le persone.
Stiamo imparando a considerare l'Europa come fosse la nostra nazione e l'Italia come fosse una
regione d'Europa. Stiamo costruendo progetti con aziende europee. Ci adoperiamo per acquisire una
dimensione sovranazionale, una dimensione che sia globale e locale contemporaneamente, che ci
permetta di godere di un osservatorio ben più efficace delle normali postazioni riservate ad aziende
piccole come la nostra, perché, di fronte ai cambiamenti in corso, serve irrobustire la capacità di
costruire relazione e sviluppare la capacità di vedere, per tempo, ciò che sta accadendo.
Per farsi domande, per trovare risposte, per servire meglio e di più: vogliamo stare più “vicini”.
Lavoriamo per imparare a cogliere le necessità che si manifestano e le opportunità che si
presentano, oltre i confini del nostro campo.
Di fronte all'aumentare della complessità, all'aumentare delle opportunità e anche delle minacce, la
risposta non sta nel costruire muri sempre più alti, confini sempre più ristretti, isole sempre più
isolate, ma sta nel migliorare la capacità di sapersi orientare; e il sapersi orientare non è cosa
gratuita, è cosa che va costruita anche col mettersi insieme ad altri, col mettersi in discussione
grazie all'essere in relazione con altri.
Sembra quasi banale ma occorre rispondere ai localismi, alle miserie di campanile, perché
altrimenti si rischia di far credere alle nuove generazioni che la sola risposta possibile sia arretrare,
sia accettare di impoverire, sia vivere di paure, sia farsi forti coi deboli, per poi macerarsi in
soggezioni e pregiudizi, in pratica negandosi alla vita.
È nostro compito approfondire la relazione con altre imprese a tal punto da diventare partner di
progetto, per imparare a condividere le problematiche non solo del mercato ma anche del sistemapaese,
sistema-territorio, sistema-valori di ciascuna di esse.
Diventare impresa sovranazionale non è questione di dimensione ma è questione di identità; e solo
avendo buone radici non si rischia di smarrirsi di fronte alle mille variabili che entrano in gioco
quando si allargano i confini; noi ci sentiamo tranquilli su questo fronte:
· perché veniamo da un laboratorio sociale di prima qualità,
· perché viviamo in campagna senza subire il mito del ritorno alla terra,
· perché, pur vivendo lontano dalle città, non ne abbiamo soggezione.
Sempre più ci rendiamo conto che il “movimento del biologico” costruirà qualcosa nella misura in
cui saprà tessere relazioni tra città e campagna, differenti dalle attuali, perché questo è il nodo.
Solo cercando di capire meglio ciò che succede qua (in campagna) e là (in città), si può sperare di
riuscire a costruire qualcosa insieme, qualcosa di interesse reciproco, come ad esempio una
evoluzione della qualità dei consumi e delle produzioni.
Noi stiamo posando sempre di più l'attenzione su questa relazione, spendiamo risorse per favorire
questa relazione, anche solo andando a vedere, a visitare, a trovare i cittadini metropolitani a casa
loro, perché sono le metropoli il grande crocevia del mondo, perché lì succedono le cose che
contano, che determinano gli orientamenti futuri.
Noi, da tempo, proviamo a prenderci la responsabilità d'essere un'azienda al servizio di crocevia
importanti, al servizio delle persone che vivono lì e questa consapevolezza ci sta aiutando a
migliorare.
In conclusione
In queste pagine abbiamo voluto spiegare a chi ci è vicino cosa pensiamo della truffa sul falso bio
alla luce dei fatti emersi e delle informazioni apparse sin qui sulla stampa e, con l'occasione
abbiamo voluto spiegare come lavoriamo e i tanti perché che stanno alla base delle nostre scelte.
Spero d'esservi stato d'aiuto.
Con l'occasione porgo i miei più cordiali saluti e i migliori auguri di buone feste.
(Isola del Piano, 09 dicembre 2011 -
Cooperativa Campo -
il Presidente del Consiglio di Amministrazione
Lorenzo Massone)
Cooperativa Campo
martedì 13 dicembre 2011
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