"Dai migranti un esempio, hanno il coraggio di denunciare.
«Gli immigrati negli ultimi mesi ci hanno dato una grande lezione di civiltà, dimostrando che non
bisogna avere paura di denunciare i reati e che quando la denuncia diventa corale si stempera
ogni rischio. Gli italiani dovrebbero fare lo stesso, mettendo a nudo l’usura, le estorsioni, tutti gli
illeciti compiuti dalla criminalità organizzata. Dovremmo imparare ad avere coraggio, prendere
esempio da chi lo ha avuto pur essendo in una condizione di grande debolezza». Per il procuratore
Cataldo Motta, capo della Dda di Lecce, ciò che è avvenuto negli ultimi mesi in Salento, dove
centinaia di extracomunitari hanno denunciato lo sfruttamento prima nei parchi del fotovoltaico e
ora nei campi di angurie e pomodori, ha grande valenza giudiziaria e, soprattutto, sociale. È un
esempio importante, in una regione in cui i cittadini preferiscono il silenzio alla denuncia. Gli
stranieri, invece, hanno scelto di parlare e mettere nero su bianco i torti subiti, prima nei campi di
silicio e ora tra i filari di angurie e pomodori. Il risultato sono stati i 15 arresti effettuati ad aprile
nell’ambito dell’inchiesta Tecnova e ora il fascicolo sul caporalato a Nardò, aperto dal pm Elsa Valeria Mignone.
L’indagine sullo sfruttamento nei campi di Nardò riguarda minacce ed
estorsioni, ipotizzerete anche la riduzione in schiavitù? «E’ presto per dirlo, ma dalle indagini
emerge che alcuni comportamenti avrebbero la possibilità di essere collocati in questa tipologia, la
riduzione in schiavitù potrebbe essere una delle ipotesi da contestare». Il ripetersi di situazioni
disumane dà la sensazione che i rapporti di lavoro con gli immigrati siano improntati a
un’illegalità diffusa. «Nel Meridione il rapporto di lavoro è da sempre improntato a illegalità diffusa
e le nuove realtà, connotate da una forte presenza di immigrati, sono molto vicine a quelle del
nostro passato. Qui c’è una situazione molto diversa da quelle di altre regioni, perché il lavoro è
difficile da trovare, quindi la ricerca avviene anche attraverso canali illegali e si accetta tutto, sia la
busta paga falsa che i contributi inesistenti. In agricoltura il caporalato è da tempo sostitutivo del
meccanismo legale di assunzione attraverso gli uffici di collocamento». Ma i lavoratori, oltre agli
illeciti commessi dai caporali denunciano anche la mancanza di controlli su quanto avviene
nei campi. «La scarsità di verifiche c’è sempre stata, forse anche a causa dell’inadeguatezza del
sistema generale di controlli preventivi e repressivi. D’altronde è difficile controllare tutti
sistematicamente, specie in quei momenti caratterizzati da una sorta di boom, come è avvenuto
nel campo delle energie alternative, in cui c’è stata un’esplosione di cantieri, per cui è
comprensibile che si sia verificata riduzione di controlli. Le nostre verifiche ci sono state, perché le
indagini sono partite anche indipendentemente dalle denunce».
Al di là dell’operato delle forze
dell’ordine, nei campi viene segnalata comunque una scarsa presenza degli organi deputati
ai controlli sul lavoro. «Non credo si sia verificato un problema del genere, anche perché gli
organi ispettivi del lavoro hanno capacità assai limitate. Penso piuttosto, che anche i sindacati
abbiano le loro responsabilità, perché prima di essere difensori di altri interessi, dovrebbero essere
i controllori delle modalità di lavoro. Di recente su Nardò c’è stato un intervento sindacale ma ho la
sensazione che sia stato fatto in ritardo, a fuochi sparati». C’è la regia della criminalità
organizzata dietro queste situazioni di illegalità diffusa? «La criminalità organizzata salentina
non ha interesse per queste situazioni, non l’ha mai avuto rispetto al fenomeno dell’immigrazione in
genere. Oggi l’intervento si può escludere sia riguardo il semplice trasferimento di persone, che è
per lo più gestito da organizzazioni mafiose turche, sia per la tratta finalizzata allo sfruttamento
sessuale o lavorativo. Questo discorso non vale per i traffici di droga e armi, per i quali c’è invece il
coinvolgimento della criminalità».
Cosa è cambiato rispetto a venti anni fa, quando il Salento
subì la forte ondata migratoria albanese? «Oggi si è ridotta la presenza di persone “trafficate”
per lo sfruttamento sessuale, almeno sulla tratta che ha come destinazione la Puglia. Sono stati
elaborati nuovi modelli “partecipati” di sfruttamento, in cui le donne non sono più vittime ma parti
attive e quindi non propense alla ribellione e alla denuncia. E’ aumentato però lo sfruttamento con
finalità lavorative, che riguarda immigrati che non sbarcano in Puglia, ma provengono da altre
regioni». Ieri, intanto, due nuovi sbarchi si sono verificati in Salento. 56 asiatici sono stati
rintracciati a Salve e 49 a Santa Maria di Leuca. (di CHIARA SPAGNOLO - fonte La Repubblica)
www.controlacrisi.org
domenica 7 agosto 2011
|