L'acquifero Guaranì.
Nascosto nel sottosuolo di una vasta zona tra Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay - i primi quattro paesi sudamericani a dar vita al Mercosur (quarto blocco commerciale a livello mondiale) -, c'è la più grande riserva di acqua dolce del pianeta. E' il bacino acquifero Guaranì, cioè una zona sotterranea di roccia permeabile satura di acqua sotto pressione, che occupa all'incirca 1.200.000 chilometri quadrati. Secondo il biologo-geologo Jorge Santa Cruz, docente presso l'Università statale di Buenos Aires, intervistato da «Tierramérica», la salute generale dell'acquifero è buona ma, per evitare che sia contaminato da pesticidi e rifiuti prodotti dall'attività umana, è necessario avere cura delle zone in cui il bacino si ricarica.
Il professore, già coordinatore tecnico del «Progetto per la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile del sistema acquifero Guaranì» per conto dei paesi del Mercosur, dal 2003 al 2009 ha avuto modo di studiare la vasta area del bacino. Dalla ricerca, presentata qualche mese fa a Montevideo, è risultato che il volume dell'acqua che permane nel Guaranì è di circa 45 mila km cubi e ogni anno la falda si ricarica di quasi 200 km cubi di acqua che, in alcuni punti affiora al suolo, in altri arriva fino a 1800 metri di profondità. È in Brasile che alberga la maggior parte dell'acquifero, con 840 mila km quadrati, poi c'è l'Argentina 225.500, i quasi 72 mila del Paraguay e i 58.500 kmq dell'Uruguay. Questa grande e, in un certo senso, misteriosa riserva, si nutre dell'acqua dei fiumi, dei torrenti, delle piogge e, insieme all'acqua, possono infiltrarsi sostanze contaminanti. In certe zone infatti l'acqua è buona, ma in altre può persino arrivare a contenere arsenico e fluoro in quantità e non è più potabile.
Per evitare il peggio è necessario che tutti i paesi coinvolti si impegnino per una sana gestione di questa preziosissima risorsa naturale e, dopo la presentazione dello studio, il Mercosur ha fatto il primo passo verso la creazione di un «Istituto regionale di ricerche e sviluppo dell'acqua sotterranea e per la protezione ambientale», finanziato dal Fondo di convergenza strutturale dei paesi membri. Per il momento l'acquifero Guaranì è sottoutilizzato, chi lo sfrutta di più come fonte di acqua potabile è il Brasile, con migliaia di pozzi che servono circa 500 città; in Paraguay 200 pozzi sono a disposizione della popolazione rurale e per uso agricolo (anche se qui, per l'eccessivo uso di pesticidi nelle zone dove l'acqua affiora e dove l'acquifero è molto più poroso, si è evidenziato il maggior rischio di contaminazione), mentre l'acqua succhiata dalla maggior parte delle 135 perforazioni presenti in Uruguay si usano a fini turistici e termali, soprattutto là dove affiora ad una temperatura media di 40 gradi.
Secondo il parere di certi ingegneri idraulici, utilizzando potenti pompe in alcune zone si potrebbero estrarre fino a 200.000 litri di acqua ogni ora, invece che i 10 mila attuali. Ma su questo punto i ricercatori del Progetto per la protezione dell'acquifero Guaranì non sono affatto d'accordo perché un suo sfruttamento irrazionale potrebbe superare la quantità di acqua in ricarica naturale e la riserva potrebbe drasticamente ridursi. Insomma, stiamo parlando di un giacimento sotterraneo di oro blu di inestimabile valore per il futuro di quasi un intero continente, ma è indispensabile averne grande cura «evitando - come scrive il professor Santa Cruz - che la preoccupazione generale venga attratta soprattutto dalle risorse a vista». Il misterioso e immenso bacino acquifero Guaranì non si vede ma c'è. (di Marina Zenobio)
Il Manifesto
giovedì 15 aprile 2010
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