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MELE CINESI E POLACCHE A MEZZO EURO AL CHILO

Non c'è settore della nostra agricoltura che si salvi dalle leggi economiche che guidano la cattiva globalizzazione delle merci, anche il settore della frutta non può competere con i prodotti al minimo prezzo che arrivano dalla cina o da altri paesi extraeuropei. Quando l'unica caratteristica che determina la discriminante di scelta del prodotto è il prezzo non c'è spazio per la nostra agricoltura che si fonda su ben altre componenti quali la qualità superiore, la tipicità, il legame culurale con i territori, l'osservanza di normative per il rispetto del benessere animale, dell'ambiente, della sicurezza alimentare. Quando il costo del trasporto è più alto del costo del prodotto stesso dovrebbe scattarci in testa un segnale di allarme che ci induce a riflettere su cosa vogliamo mangiare ed invece, con poca consapevolezza, stiamo mangiando. Il "consumatore" può contribuire a sanare questa distorsione di mercato previlegiando l'acquisto di frutta stagionale e a ciclo corto (quì produco, quì trasformo, quì consumo), cibo che non deve fare migliaia di chilometri inquinando mezzo mondo per arrivare sulla nostra tavola; cibo che è prodotto con standards di sicurezza ambientale e sanitaria molto alti e soprattutto quantomeno contollati in un sistema trasparente ed articolato su tutto il territorio nazionale. a cura di AltrAgricoltura Nord Est

MELE CINESI E POLACCHE A MEZZO EURO AL CHILO Arrivano al grossista a 42 centesimi (17 vanno al produttore, 25 servono per il trasporto). Una su due delle mele prodotte nel mondo sono di provenienza cinese. Di conseguenza i produttori cinesi cercano nuovi mercati per collocare il loro prodotto nei paesi occidentali dove i prezzi sono più alti. Questo ha fatto sì che la Cina, pur dovendo superare difficoltà enormi dal punto di vista organizzativo, sia ormai in grado di infastidire le nostre produzioni. Le mele cinesi arrivano a 0,42 - 0,45 centesimi di euro al rivenditore italiano - afferma Roberto Paternoster direttore del Consorzio Ortofrutticolo Val d’Adige, oltre che della Op Paganella - e di questi 42 cents, 17 vanno al produttore e 25 servono per il trasporto. Sul mercato arrivano a prezzi che vanno dai 70 agli 80 centesimi di euro. Ad un prezzo analogo a quello cinese, fra i 40 ed i 50 centesimi, arrivano in Italia anche le mele polacche. Ma, a differenza di quelle cinesi, siamo di fronte ad un Paese vicino ed ormai facente parte dell’Unione europea a tutti gli effetti e con una produzione che supera quella dell’Italia. La prima cosa che mette in difficoltà i produttori regionali, ma che non dà garanzie nemmeno al consumatore - sottolinea ancora Paternoster - è che mentre «per le nostre mele da 15 anni applichiamo i protocolli di autodisciplina per ottenere produzioni più salubri - ed abbiamo le varie certificazioni che assicurano qualità, tracciabilità e provenienza - per queste mele non è richiesta alcuna certificazione di salubrità.» «Certo è che il nervosismo che gira fra i responsabili della commercializzazione è giustificato» prosegue Paternoster «D’altro canto l’ unica cosa che ci rimane da fare per collocare le nostre mele è abbassare i prezzi per renderli più competitivi. La Fuji, ad esempio, viene venduta troppo cara per essere competitiva con quella cinese, anche se la qualità della nostra è indubbiamente migliore». «Un errore è stato commesso in autunno» rileva Paternoster «al momento della raccolta, quando i prezzi sono partiti troppo alti. Questo da una parte ha portato ad un minor consumo, che già soffriva per una perdita generale di capacità d’acquisto dei consumatori, e dall’altra ha spinto ad importare nell’Unione anche da Paesi con alti costi di trasporto». Circa la possibile collaborazione con l’Alto Adige, sollecitata dai politici in questi giorni, il direttore ritiene necessario ed urgente che si arrivi ad un’azione comune per la promozione con i produttori d’oltre Salorno: «E’ l’unica cosa che in questo momento vedo possibile di fare assieme”. Perché è indispensabile «che i consumatori che vanno al supermercato o nel negozio sotto casa a fare gli acquisti della frutta siano informati sulla differenza fra una mela del Trentino Alto Adige ed una cinese: perché la nostra è più buona». A riprova di ciò sta il fatto che la Cina è collocata fra i primi 10 paesi del mondo per valore complessivo delle mele importate. «L’unica strada sulla quale noi possiamo competere» conclude Paternoster «è quella della qualità, che dobbiamo far conoscere meglio anche con l’impegno diretto nella valorizzazione dei marchi privati che le grandi catene tendono sempre più a diffondere». Il Trentino, 02 febbraio 2005


Green Planet

sabato 29 gennaio 2005


 
News

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