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Comunicato Stampa- H5N1: attorno all'elica di questo virus si stanno aggrovigliando problemi di sicurezza sanitaria, salute dei cittadini, bolle speculative di industria farmaceutica ed avicola...


Padova 19 gennaio 2006 H5N1: attorno all’elica di questo virus si stanno aggrovigliando problemi di sicurezza sanitaria, salute dei cittadini, bolle speculative di industria farmaceutica ed avicola. Un nodo inestricabile che per il bene dei cittadini deve essere sciolto con la ristrutturazione del settore avicolo su scala europea. Partito dal sud est asiatico, ha attraversato la Siberia, la Mongolia impiantando alcuni focolai nei Balcani, come previsto il virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità H5N1 continua la sua corsa verso ovest e l’Europa, adesso con l'inverno ed il freddo ha colpito duramente la Turchia presentandosi con certezza già in 11 province sulle 81 del paese. E intanto i risultati dei nuovi test portano a 24 il numero di persone infettate dal virus in Turchia e 4 sono i morti, compresi tre fratellini. L'Organizzazione Mondiale della Sanità conferma che il virus è lo stesso comparso nell'est asiatico e che per le sue caratteristiche di altissima patogenicità aveva fatto scattare in autunno l'allarme mondiale per una possibile e ancor oggi temutissima Pandemia . Il Virus H5N1, afferma l'OMS, continua la sua evoluzione per adattarsi all'uomo, sono ben sette i punti in cui si è modificato, e queste modifiche lo rendono più pericoloso per l'uomo. Il virus, infatti, conserva la sua altissima patogenicità e la mortalità umana rimane abbondantemente sopra il 50% dei contagiati ufficiali. Gli esperti rassicurano: "L`Italia ha avuto 6 epidemie di febbre aviaria a bassa patogenicità tra i volatili negli ultimi 5 anni, sono stati abbattuti circa 25 milioni di polli, non stiamo parlando di un paese che si terrorizza per l`influenza aviaria. E` la normalità, anche se non abbiamo avuto la variante asiatica dell`H5N1, abbiamo avuto l`H7, l`H9 e anche l`H5 ma N2”, ricorda il dott. Greco, virologo ed epidemiologo napoletano da decenni impegnato nella prevenzione sanitaria in Italia. "Non siamo spaventati e abbiamo un piano, concordato con le regioni, pronto in caso di epidemia, se e quando questa epidemia arriverà", conclude, affermando che ad ogni modo l`Italia si è già aggiudicata 36 milioni di dosi di vaccino -ancora in corso di sperimentazione- in caso di pandemia, stipulando contratti di assicurazione per 5,4 milioni di euro con le aziende farmaceutiche Chiron, Aventis Pasteur Sanofi e Solvay, oltre ad aver fatto scorte di antivirali. Ma mentre il fiducioso virologo e tanti come lui si affidano alle buone mani dell'industria farmaceutica, il virus H5N1 continua la sua lenta marcia verso il nostro paese. Un paese il cui sistema dell’industria avicola ha fatto, in nome dei bilanci consolidati (oltretutto in rosso), orecchie da mercante circa gli unici provvedimenti che noi auspicavamo. Qualsiasi imprenditore di buon senso, se non l’autorità di governo, doveva e poteva realizzare da subito: la programmazione della riduzione drastica degli accasamenti di polli e tacchini per la fase invernale, periodo critico per il radicarsi in forma endemica di ogni influenza aviaria. Contrariamente a quanto da noi auspicato, e richiesto in una pubblica lettera ai sindaci italiani, se l’H5N1 arriverà in Italia nei prossimi mesi lo aspetta nella pianura padana la più sconvolgente concentrazioni di polli esistente in tutto il pianeta, per lui un paradiso, per gli uomini e le donne di questo paese una situazione da incubo. Nulla, ovviamente, hanno fatto lo stato, la regione Veneto e la regione Lombardia per attuare misure di prevenzione nella direzione da noi proposta, si sono affidati alle multinazionali della chimica e ad una montagna di chiacchiere, lasciando nei fatti, ancora una volta, al “buon” cuore degli industriali la gestione del problema, attivandosi però oltre ogni limite per aiutare a far quadrare i conti delle aziende del settore. Perché possiamo sostenere queste affermazioni è presto detto: decine di milioni di animali sono concentratati, anche in queste settimane, in soli 40 km quadrati, fra Verona Vicenza e Padova, in un numero e una densità uguale se non superiore di quando a ottobre è scoppiato l'allarme rosso in tutto il mondo per il rischio pandemico. Questo succede nonostante il tanto gridato crollo dei consumi di carne avicola, la messa in cassa integrazione di centinaia di operai ed il licenziamento di altre centinaia con chiusura di alcuni impianti di macellazione, sale di taglio e rottura dei caratteristici contratti di soccida con gli allevatori-operai. E’ curioso osservare che mentre le grandi aziende del settore avicolo hanno denunciato in questi mesi una perdita di redditi per oltre 500 milioni di euro -causa la caduta dei volumi di vendita ed una caduta dei prezzi di vendita fino al 50% del normale- alcune di esse, facilmente individuabili dai servizi veterinari regionali, invece che ridurre gli accasamenti, come logica e un minimo di ragionevolezza vorrebbero, hanno aumentato il numero di accasamenti e la densità in allevamento del numero dei polli per metro quadrato. Infine, curioso ancora constatare che contrariamente a quanto vorrebbero le leggi di questo mercato e cioè crollo dei prezzi di borsa a fronte di un’offerta smisurata di carne avicola rispetto ad una asfittica domanda, come affermato dalle medesime ditte, assistiamo al fenomeno che i listini delle borse avicole di Forlì e Verona, invece di registrare la grande perdita di valore delle produzioni, registrano, in controtendenza rispetto a qualsiasi logica, un continuo picco a salire (Bollettino della borsa di Forlì, 31 ottobre, pollo a terra leggero €. 0,43/kg. - bollettino del 28 novembre €. 0,57/kg. - bollettino del 9 gennaio: pollo a terra leggero €.0.91/kg.!!! e attenzione che a giugno 2005 nel punto massimo di redditività del ciclo del pollo, in situazione di normalità di mercato, quando il virus H5N1 non era sulla prima pagina dei giornali, il borsino di Forlì quotava il pollo a terra leggero €. 1,00/kg). Cosa sta succedendo nel settore? Che si sia “incartata” la teoria del libero mercato, che trova nel suo funzionamento la soluzione degli stati di crisi? Alcuni di noi ipotizzano, ma sopratutto alcuni maligni affermano di averne certezza, che in caso di scoppio di una influenza dei polli, anche a bassa patogenicità, le aziende proprietarie degli animali contagiati verranno risarcite del danno subito al prezzo dei listini in vigore, come è ben successo in tre precedenti epidemie! Non vorremo che le imprese leader del settore si stessero preparando ad un ennesimo saccheggio di risorse pubbliche invece che orientarle verso l’investimento per la definitiva riconversione e messa in sicurezza dell’intero ciclo produttivo avicolo. Dal 1999 ad oggi -da quando con le epidemie di influenza aviaria, ormai endimicizzatesi, furono travolti gli allevamenti in Veneto e Lombardia, in un crescendo di episodi epidemici, fino all’attuale rischio di epidemia ad alta patogenicità- in ogni occasione AltrAgricoltura ha segnalato con tutta la forza possibile che il punto limite di “sviluppo” del modello industrialista di produzione della filiera avicola di pollo e tacchino è stato raggiunto e che è finita un’epoca; avevamo preannunciato che il settore avicolo sarebbe passato da una crisi alla successiva, dragando il fondo del barile dei contributi pubblici, dilapidandoli nel pericoloso sostegno di modelli industriali obsoleti, senza riuscire a garantire più sicurezza alimentare, lavoro dignitoso agli operatori del settore e mettendo in pericolo la salute dei cittadini . Alle forze politiche e sindacali, ai grandi imprenditori, ai soccidari, ai lavoratori del settore, ai cittadini/consumatori avevamo, fin da allora, detto che sarebbero stati presto chiamati ad affrontare questa realtà, che era arrivato il tempo di imboccare la strada del cambiamento, individuando quale ristrutturazione operare per il settore, che deve produrre cibo e lavoro e non pericolo per l’intera comunità oltre che danni ambientali di cui ormai da decenni è portatore. Per noi la strada da imboccare è quella della riconversione produttiva, è interrompere la filiera avicola, per come è attualmente concepita, e sostituirla con la costruzione di una filiera controllata di grande qualità, perché sostanziata da regole certe di biosicurezza e dalla biodiversità, dal rispetto degli equilibri ambientali, del benessere animale, del lavoro umano, della sicurezza e benessere della comunità. Nessuno si illuda, che tenendo duro e magari con un pò di demenziale pubblicità modello "a cresta alta" la questione passerà nel dimenticatoio e tutto sarà come prima, ciò non è possibile perchè: 1)- Il virus H5N1 nei territori dove si è insediato, vedi Thailandia, Vietnam, Cina e peggio ancora in Indonesia, tende a diventare endemico e quindi sparire per alcuni mesi e ricomparire più aggressivo di prima, facendo delle vittime pur senza diventare pandemico. 2)- Questa caratteristica di apparire e ripresentarsi (a meno di una sua definitiva scomparsa), lo renderà nei fatti un pericolo sociale con cui fare i conti per un lungo periodo e le aziende avicole devono chiaramente fare i conti con gli effetti negativi dei comportamenti dei consumatori avversi alle produzioni avicole. 3)- Anche se accadrà il miracolo che il Virus H5N1 non colpirà il nostro paese, le informazioni che arrivano dal resto del mondo influiscono oggi ed influiranno domani in modo significativo sul comportamento di acquisto dei consumatori. Per questi motivi richiediamo con forza: · Il blocco degli accasamenti nei mesi di più pericolosi, da gennaio a Marzo; · La messa in sicurezza gli allevamenti industriali, varando un piano sanitario urgente, che oltre all'’etichettatura stabilisca regole produttive virtuose, anticipando da subito la prossima direttiva UE sul benessere animale per gli allevamenti lasciati oggi alla gestione del “buon cuore” degli industriali del settore; · la Codifica della riduzione del numero di animali per Km quadrato nei singoli comuni, stabilendo, in concerto con le regioni, province e comuni, un carico zootecnico certo, distribuito a livello nazionale, che istituisca aree cuscinetto di biosicurezza; · il varo di un piano di rilancio della zooctenia avicola che abbia il suo cuore nell'incremento e difesa della biodiversità delle specie allevate, nella valorizzazione di specie rurali autoctone, nel sostegno di metodi di allevamento rispettosi dell’ambiente e degli animali; · la promozione, in sede nazionale e Comunitaria, dell’adozione di politiche di controllo reale ed efficace sui sistemi di sicurezza sanitaria e sociale applicati anche nei paesi terzi, da cui dipendiamo per le importazioni di materie prime o trasformati alimentari, esigendo l’omologazione dei sistemi verso l’alto per autorizzare l’interscambio di prodotti; · Il sostegno, da subito, con ammortizzatori sociali, delle sole aziende che scelgono strategie di riconversione produttiva adottando da subito processi di qualità incentrati sul rispetto dell’ambiente e del benessere animale. Queste semplici regole, sono le uniche che immediatamente possiamo auspicare e che rientrino nel dibattito politico e quindi siano realizzate dagli enti locali, dal governo nazionale e regionale a difesa dei cittadini. AltrAgricoltura Nord Est


giovedì 19 gennaio 2006


 
News

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